Gli affitti brevi, o contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni, rappresentano una soluzione flessibile per chi vuole affittare il proprio immobile senza dover affrontare l’obbligo di registrazione. Tuttavia, nei prossimi mesi, il panorama normativo cambierà significativamente con l’introduzione del Codice Identificativo Unico Nazionale (CIN).
Cosa cambierà nei prossimi mesi?
Dal 1° settembre, secondo il Ministero del Turismo, entrerà in funzione la piattaforma nazionale per la richiesta del CIN, anche se la piena operatività è prevista per l’inizio del 2025. Per ottenere il CIN, i proprietari dovranno accedere alla Banca Dati delle Strutture Ricettive (Bdsr) sul sito del ministero. Chi possiede già un codice provinciale o regionale avrà 30 giorni dall’avvio della piattaforma per richiedere il codice nazionale.
Requisiti per ottenere il CIN
Le unità immobiliari, sia gestite in forma imprenditoriale che non, devono essere dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e monossido di carbonio, oltre che di estintori portatili. Le unità imprenditoriali devono rispettare i requisiti di sicurezza statali e regionali. Il CIN dovrà essere presente in tutti gli annunci e esposto all’esterno dell’immobile; la mancanza del codice comporta sanzioni da 800 a 8.000 euro, mentre per la mancata esposizione le multe variano da 500 a 5.000 euro. Se non sono rispettati i requisiti di sicurezza, le sanzioni vanno da 600 a 6.000 euro, e chi affitta più di quattro immobili senza la segnalazione certificata di inizio attività rischia multe da 2.000 a 10.000 euro. Senza CIN, non sarà possibile pubblicizzare l’immobile sulle piattaforme online.
Gestione imprenditoriale vs. non imprenditoriale
La distinzione principale tra gestione imprenditoriale e non imprenditoriale risiede nel numero di immobili gestiti. Fino a quattro immobili, la gestione non è considerata imprenditoriale. Oltre questa soglia, è necessaria la partita IVA e la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Imposte sugli affitti brevi
Per gli affitti brevi, si può scegliere tra cedolare secca e IRPEF. La cedolare secca è spesso più conveniente: si paga il 21% sui proventi di un singolo immobile, e se gli immobili sono da due a quattro, il 21% si applica al canone più alto e il 26% agli altri. In presenza di un intermediario, quest’ultimo trattiene il 21% sugli incassi come sostituto d’imposta. Durante la dichiarazione dei redditi, il contribuente potrà optare tra IRPEF e cedolare secca, conguagliando il dovuto.
Affitti brevi: un buon affare?
Gli affitti brevi possono essere vantaggiosi, a patto che tutto venga fatto in regola. I proprietari devono considerare le imposte, l’IMU, la tassa rifiuti, le spese condominiali e le utenze, oltre alle commissioni delle piattaforme online. La gestione autonoma può risultare più redditizia, ma richiede la gestione diretta degli ospiti e delle pulizie. Affidare la gestione a terzi riduce il carico di lavoro, ma le commissioni possono ridurre significativamente il guadagno lordo.
In sintesi, gli affitti brevi offrono opportunità interessanti, ma richiedono attenzione alla normativa e una gestione accurata per massimizzare i benefici economici.