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Cronache

Affidi illeciti, dalle carte dell’inchiesta su Bibbiano emerge un’altra intercettazione choc con minacce velate ad un carabiniere che indagava

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Allusioni che hanno il sapore di minaccia, e risate, su un maresciallo con figli che aveva chiesto documenti sugli affidi di Bibbiano, comune reggiano simbolo del presunto sistema di affidi illeciti della Val d’Enza nel mirino dell’inchiesta ‘Angeli e Demoni’ della Procura di Reggio Emilia. Nuovi dettagli che arrivano da un’intercettazione fra due indagate e che tornano a infiammare il dibattito politico, col vicepremier Matteo Salvini che grida “vergogna”. “…E comunque potevi anche dirgli guardi che lei e’ sposato, c’ha figli, cioe’ non si sa mai…”, e poi una risata. E’ un passaggio dell’intercettazione ambientale di una conversazione tra una neuropsichiatra e una psicologa di Ausl reggiane mandata in onda dal TgR Emilia-Romagna. Entrambe le donne sono indagate nell’inchiesta sugli affidi, una a piede libero e l’altra sospesa per sei mesi dalla professione. Le professioniste si riferivano a un maresciallo dei Carabinieri che aveva chiesto loro documenti sugli affidi di Bibbiano. Il tono e’ quasi canzonatorio e, secondo fonti degli inquirenti, anche possibilmente minaccioso. Per il momento il reato di minacce a pubblico ufficiale non e’ stato contestato alle donne, ma non e’ escluso che possa aggiungersi alle ipotesi di reato. Le due indagate tra l’altro erano state protagoniste di un’altra registrazione, comparsa sulla stampa locale a fine giugno, e con loro vi era un’altra indagata a piede libero. “Se questi vanno a indagare sulle rette che si pagano sugli affidi… si faranno domande sul perche’ in una situazione dove il bambino e’ in affido e seguito dalla ‘Cura’ si prendono un tot di soldi… e l’altro bambino che invece e’ in affido e non e’ seguito dalla ‘Cura’ prendono molto meno i genitori affidatari… si faranno due domande”, dicevano temendo le indagini in corso. Gli approfondimenti investigativi proseguono ma intanto l’ultima intercettazione indigna la politica. Il leader della Lega Matteo Salvini definisce l’audio “pazzesco”. “Due dottoresse del sistema Bibbiano ridacchiano tra loro minacciando i Carabinieri impegnati nelle indagini sugli affidi… Che vergogna, che schifo”, tuona il ministro dell’Interno su Twitter, auspicando che “non ci si fermi di fronte a nulla” e che “i delinquenti colpevoli di queste mostruosita’” paghino. Gli fa eco Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che condivide l’audio come “un nuovo agghiacciante capitolo di uno scandalo su cui non deve calare il silenzio”. Licia Ronzulli (Fi), presidente della Commissione bicamerale Infanzia e adolescenza, spinge per una riforma del sistema affidi. L’intercettazione si aggiunge ai tasselli fin qui messi insieme dagli investigatori sul presunto sistema illecito per gli affidi che ruota intorno ad alcune figure chiave, come la responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi e lo psicoterapeuta Claudio Foti. Quest’ultimo, inizialmente ai domiciliari, ora ha l’obbligo di dimora. Nel motivare questa decisione, nei giorni scorsi, i giudici del tribunale del riesame di Bologna hanno parlato di una vera e propria ‘scuola Foti’ nella psicoterapia dei bambini, caratterizzata da “elementi di forte pressione e forzatura nonche’ ingerenza nella vita privata nei minori, in violazione della Carta di Noto”. Un “metodo” nato nella Onlus torinese ‘Hansel e Gretel’ ed esteso ad altri territori, come appunto la Val D’Enza. E con il rischio di diffusione anche in altre citta’, come Modena e Parma.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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