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Adolescenti e over 60, sono 7milioni gli italiani ancora da raggiungere col vaccino

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Quasi 4,5 milioni di giovani tra i 12 e i 19 anni e oltre 2,5 milioni di over 60. Superata la soglia simbolica dei 20 milioni di italiani vaccinati con entrambe le dosi e con le somministrazioni che ormai da settimane si sono assestate sulle 500mila al giorno, la campagna vaccinale punta con decisione a raggiungere quei sette milioni di italiani che appartengono a due categorie che, per motivi diversi, sono entrambe fondamentali per consentire a settembre una ripartenza senza restrizioni: il completamento della vaccinazione di chi ha piu’ di sessant’anni permetterebbe di abbattere ricoveri e vittime mentre l’immunizzazione massiccia dei giovani di non dover ipotizzare ancora una scuola a meta’ servizio, con studenti in Dad e scaglionamento degli orari. Che la vaccinazione dei giovani sia una delle questioni da affrontare nelle prossime settimane lo conferma il presidente della Federazione nazionale dell’ordine dei medici Filippo Anelli. “Se finora si poteva accettare un atteggiamento di prudenza riguardo al vaccino facendo un rapporto costo beneficio e si poteva pensare di aspettare e vedere l’evoluzione del quadro epidemiologico – dice – con la variante Delta consiglio di affrettarsi a fare la vaccinazione prima dell’inizio della scuola perche’, come tutte le attivita’ di comunita’, il rischio che si possano creare dei focolai e’ molto alto”. Il problema e’ che molte Regioni – non potendo piu’ somministrare Astrazeneca e Johnson e Johnson agli under 60 – stanno riprogrammando le agende dando la priorita’ ai richiami e bloccando le prenotazioni per i piu’ giovani. Considerando anche il calo fisiologico degli appuntamenti che ci sara’ nelle prossime due settimane – poiche’ chi fa la prima dose dovrebbe poi fare il richiamo tra il 10 e il 25 di agosto – e’ molto probabile che per l’inizio di settembre siano una percentuale minima gli adolescenti vaccinati. Basta un numero: su oltre 4,6 milioni nella fascia tra 12 e 19 anni, solo 136mila hanno completato il ciclo vaccinale. E’ anche questo il motivo alla base della risposta che il Comitato tecnico scientifico ha dato al ministero dell’Istruzione che poneva una serie di quesiti proprio per programmare il ritorno in classe. Si rientrera’, dicono gli esperti, con le “stesse misure previste all’inizio del precedente anno scolastico” e, dunque, con mascherina e distanziamento. Non solo. Andranno anche individuate gia’ adesso le misure di massima da applicare a seconda del colore in cui si trovera’ la regione. Se e’ vero che l’avanzare delle vaccinazioni ridurra’ ulteriormente la diffusione del virus e che il personale scolastico sara’ di fatto immunizzato (oggi e’ al 73%), non e’ infatti possibile prevedere quanti minori saranno stati vaccinati a settembre. E, aggiungono gli esperti, non e’ plausibile l’utilizzo del green pass: per problemi di privacy e perche’ non esiste un obbligo vaccinale. “Ipotizzare l’obbligo e’ possibile ma credo sia un percorso difficilmente realizzabile – dice Fabio Ciciliano, membro del Cts fin dall’inizio della pandemia – visti i tempi stretti ed essendo necessaria una volonta’ politica chiara e un percorso parlamentare ben definito”. La soluzione, dunque, e’ “arrivare all’immunita’ di gregge, spingendo ancora sugli adulti, sui ragazzi tra i 12 e i 18 anni e sugli anziani”. Over 60 che, ad oggi, restano la categoria piu’ a rischio. Quelli che non sono stati raggiunti neanche dalla prima dose sono oltre 2,5 milioni: si tratta di uno zoccolo duro composto da no vax ma anche da persone che vivono in posti isolati, che hanno poca dimestichezza con le prenotazioni on line, che non hanno nessuno che possa accompagnarli agli hub o fare la trafila burocratica al posto loro. E non e’ un caso che Anelli torni a chiedere un maggior coinvolgimento dei medici di base per questa categoria. “Quello che sta avvenendo e’ un tipico andamento delle campagne vaccinali, sopra una certa soglia si incontra una resistenza a vaccinarsi, ce lo aspettavamo. Ora – dice – credo che sia necessario mettere in atto meccanismi di coinvolgimento della medicina generale per determinare un’ulteriore spinta”. Altrimenti i numeri rimarranno quelli dell’ultima settimana: in 7 giorni e’ stata somministrata la prima dose solo a 9mila over 80, a 32mila persone nella fascia tra 70 e 79 anni e a 67mila tra i 60 e i 69 anni.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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