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Addio a Lagerfeld, l’eterno stilista mercenario di Chanel e Fendi

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“Amo considerarmi un freelance. Questa parola e’ l’unione di free, libero come ho sempre voluto essere, e lance che ricorda la parola francese lance’, com’era definita un tempo un’ambita cortigiana. Io mi sento libero e mercenario”. In questa dichiarazione e’ racchiusa l’essenza dello spirito di Karl Otto Lagerfeld, lo stilista tedesco scomparso oggi, nato ad Amburgo il 10 settembre 1933, secondo le fonti piu’ accreditate anche se l’anno di nascita rimane un mistero. Lagerfeld, per decenni ha diretto due prestigiose maison, Chanel e Fendi, a cui ha dato un’impronta inconfondibile. Inamovibile, insostituibile, totalizzante per le griffe che ha disegnato e della cui immagine si e’ occupato in toto anche curando le campagne pubblicitarie come fotografo e regista. Un asso pigliatutto insomma, non a caso soprannominato “Il Kaiser”. In realta’ Lagerfeld e’ riuscito, nella sua lunga carriera, a fare del suo nome una griffe indipendente che ha collaborato con varie maison della moda, non solo Fendi e Chanel, ma anche Chloe’.

Ha avuto una sua etichetta e nonostante il successo non ha disdegnato le collaborazioni con i colossi del low cost: per H&M ha firmato nel 2001 una collezione a edizione limitata andata a ruba in due giorni. Dal 2010 ha firmato per quattro stagioni le collezioni di Hogan, per cui ha ripensato i modelli classici del brand, sneakers e ballerine. Nel 2006 ha lanciato una collezione casual uomo-donna, K Karl Lagerfeld, che includeva T-shirt e blue jeans. Nato da Christian ed Elisabeth Lagerfeld ad Amburgo, in Germania, Lagerfeld era figlio unico. Suo padre era socio di una banca d’affari svedese che fece fortuna introducendo il latte condensato in Germania. La sua data di nascita per molto tempo e’ stata un vero mistero. La scrittrice Alicia Drake sosteneva che fosse nato nel 1933. Lagerfeld diceva di essere nato nel 1935.

I registri di nascita in Germania non sono aperti a ispezioni. Certa la data in cui Lagerfeld emigro’ a Parigi con sua madre il 1953. Karl incontra la moda grazie a sua madre che nel 1949 lo porta alla sua prima sfilata, di Dior, a Parigi, dove poi si trasferisce e dove nel ’54 da Pierre Balmain ha il suo primo lavoro nella moda avendo vinto un concorso per disegnare un cappotto sponsorizzato dal Segretariato Internazionale della Lana. Nel 1962 diventa il primo freelancer dell’industria della moda lavorando tra Francia, Italia, GB e Germania e lancia un’etichetta sua. Nel ’65 ha comincia la collaborazione con Fendi. Nel ’64 e’ la volta di Chloe. Un docufilm racconta l’amicizia con lo storico rivale Yves Saint Laurent fino al litigio nel 1975. Aveva vinto anche il concorso per un premio di abiti sponsorizzato da YSL. “Saint Laurent lavorava per Dior- ricordava Karl – altri giovani che conoscevo pensavano che fosse Dio, invece io non ero cosi’ impressionato”. Dopo tre anni si trasferi’ da Jean Patou. “Mi annoiavo anche qui percio’ mi licenziai e provai a tornare a scuola, ma non studiavo quindi ho passato piu’ due anni sulle spiagge, suppongo di aver studiato la vita in quel modo”. L’annoiato Karl con i soldi della sua ricca famiglia ad un certo punto pero’ fonda un piccolo negozio a Parigi. In questo periodo, come altri colleghi, consultava spesso Madame Zereakian, la veggente armena di Christian Dior. “Fu lei a dirmi che avrei avuto successo con la moda e i profumi” rivelo in seguito. Nel 1980 Lagerfeld fondo’ la sua etichetta e con il suo nome lancio’ in effetti profumi e abiti. Designer carismatico, eccentrico con un’immagine pubblica inconfondibile – occhiali scuri anche di notte, capelli bianchi raccolti a coda e guanti da aviatore di pelle nera, e’ un personaggio misterioso che un documentario, Karl Lagerfeld – A Lonely King (in onda nel settembre 2018) ha provato a rivelare. Autori del film i francesi Thierry Demaizie’re e Alban Teurlai. Karl ha vestito pop star come Kylie Minogue e Madonna. Claudia Schiffer e’ stata la sua modella preferita degli anni ’80-’90, Kaia Gerber l’ultima musa. Il docufilm cerca di fare luce nelle pieghe degli episodi privati dello stilista e svelarne la personalita’.

Lagerfeld possiede una collezione di 50mila libri (ha aperto una libreria nel ’99 a Parigi) e modi di relazionarsi agli altri da imperatore come suggerisce il suo soprannome. Nel docu Lagerfeldsi racconta soffermandosi sul rilancio di Chanel, di cui e’ diventato direttore artistico nel 1983. Dal 1987 firma tutte le campagne fotografiche, scoprendo un talento anche con le immagini. Nel 2000 la decisione di perdere 42 kg in 13 mesi seguendo una dieta. La dieta venne pensata apposta per Lagerfeld dal dottori Jean-Claude Houdret, che scrisse il libro The Karl Lagerfeld Diet. “Ho deciso di vestirmi diversamente – aveva rivelato in seguito il Kaiser – per vestire abiti disegnati da Hedi Slimane. Ma queste mode sono indossate da ragazzi molto magri e non erano per uomini della mia eta’. Dovevo perdere 40 chili. Ci ho messo esattamente tredici mesi”. Lagerfeldera commendatore dell’Ordine della Legion d’Onore dal 2010. Appassionato di architettura e’ stato grande amico di Zaha Hadid a cui ha commissionato il Mobile Art Pavilion per Chanel. A Tadao Ando ha affidato la realizzazione della sua casa-studio a Biarritz, in Francia. Aveva colpito la sua assenza all’ultima sfilata di Chanel, lo scorso 22 gennaio: non era mai accaduto prima.

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Nespoli in carcere dopo 15 anni di processi: fine della parabola politica dell’ex senatore

L’ex sindaco di Afragola si è costituito nel carcere di Larino: condanna definitiva a 5 anni e mezzo per bancarotta.

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Dopo quindici anni di vicende giudiziarie, si chiude la lunga parabola politica e processuale di Vincenzo Nespoli (foto Imagoeconomica). L’ex senatore, già sindaco di Afragola, si è costituito ieri mattina presso il carcere di Larino per scontare la condanna definitiva a 5 anni e 6 mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta. A infliggergli la pena è stata la Corte di Cassazione, mettendo fine a un caso iniziato nel lontano 2010.

La bancarotta della società di vigilanza “La Gazzella”

Al centro dell’inchiesta c’è il fallimento della società di vigilanza “La Gazzella”, finita sotto la lente della Guardia di Finanza di Napoli e dei pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock. Per gli inquirenti, Nespoli era il dominus occulto della società e avrebbe distratto fondi rilevanti, sottratti ai contributi previdenziali dei dipendenti e a una presunta “vendita” dei posti di lavoro. Denaro, secondo gli atti, poi dirottato verso la società Sean, impegnata in un ambizioso progetto edilizio ad Afragola.

Oltre alla pena detentiva, a luglio 2024 la Corte d’Appello di Napoli ha condannato Nespoli al risarcimento di 16 milioni di euro al curatore fallimentare, più altri 127mila euro per spese legali.

Un peso sulla politica locale

La condanna di Nespoli rischia di scuotere gli equilibri politici del Comune di Afragola, oggi guidato da Antonio Pannone, sostenuto da una coalizione di centrodestra in cui è presente anche la Lega, partito dove Nespoli aveva trovato spazio dopo gli anni in AN e PDL. Nonostante non rivestisse incarichi ufficiali, era ritenuto il vero regista politico della maggioranza. La sua uscita di scena potrebbe innescare nuove fratture in un’amministrazione già segnata da malumori interni e crisi sfiorate.

L’odissea giudiziaria

L’iter giudiziario di Nespoli è stato lungo e complesso. La prima condanna risale al processo di primo grado con 8 anni di carcere, poi ridotti a 6 in appello. Ma la Cassazione ha annullato due volte le sentenze, nel 2019 e nel 2022, ordinando nuovi giudizi. Lunedì, la terza sezione penale ha messo il punto definitivo alla vicenda.

Emblematica anche la fase iniziale dell’inchiesta: nel 2010, il gip Alessandro Buccino Grimaldi chiese al Senato l’autorizzazione per i domiciliari. Ma Palazzo Madama, a voto segreto, respinse la richiesta, garantendo a Nespoli l’immunità. Immunità che perse nel 2013, quando il PDL decise di non ricandidarlo, e così l’ex senatore trascorse nove mesi ai domiciliari.

Fine di un’epoca

Con l’ingresso nel carcere di Larino, si chiude una stagione politica controversa e segnata da potere, cadute e rinascite. Nespoli ha rappresentato, nel bene e nel male, un pezzo di storia recente di Afragola e della destra campana. Ora il sipario è calato.

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Emergenza casa a Napoli: servono 20mila alloggi pubblici, ma mancano i fondi

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A Napoli il fabbisogno di alloggi pubblici ha superato quota 20mila unità, ma il Comune è costretto a fare i conti con risorse limitate. A lanciare l’allarme è Laura Lieto, vicesindaca e assessore all’Urbanistica, alla vigilia del convegno all’Albergo dei Poveri, incentrato sull’emergenza abitativa e sul ruolo dei nuovi strumenti urbanistici.

Una domanda abitativa in crescita, anche tra i ceti medi

Secondo i dati ISTAT del 2019, il 38% delle 377.595 famiglie napoletane vive in affitto, una percentuale rimasta stabile anche nel 2024. A colpire, però, è il cambiamento nella composizione della domanda: sempre più famiglie che prima potevano permettersi una casa di proprietà, oggi richiedono un alloggio pubblico o un sostegno all’affitto.

Il bando della Regione Campania del 2022 ha ricevuto oltre 19.800 domande per il sostegno all’affitto da parte di famiglie con ISEE inferiore a 15mila euro. Solo 8.656 di queste sono state ammesse, lasciandone 11.200 escluse per mancanza di fondi.

Rigenerazione urbana e social housing: la strategia del Comune

La risposta del Comune passa dal nuovo Piano Urbanistico Comunale (PUC) che prevede consumo di suolo zero e punta sulla rigenerazione degli immobili pubblici in disuso. L’obiettivo è creare nuovi alloggi Erp e promuovere il social housing, cioè edilizia a prezzi calmierati in collaborazione con privati. Le aree individuate per questi interventi sono Gianturco, Poggioreale e il Centro Direzionale, nell’ambito della variante orientale che comprende anche il progetto “Porta Est”.

In parallelo, si lavora a un accordo con la ex Provincia, per pianificare l’emergenza casa su scala metropolitana. “Non vogliamo spingere fuori le famiglie – sottolinea Lieto – ma offrire nuove opportunità dentro e intorno Napoli”.

I numeri del PNRR: in cantiere 3.367 nuove case

Grazie ai fondi del PNRR sono in corso 3.367 interventi di ricostruzione e nuova costruzione, pari a circa 10mila vani, ma si tratta principalmente di abbattimenti e ricostruzioni di alloggi ERP già assegnati. Nel dettaglio:

  • Ricostruzioni: 366 a Chiaiano, 605 a Pianura, 410 a Soccavo, 360 a Taverna del Ferro, 104 ai Bipiani di Ponticelli, 433 a Scampia

  • Ristrutturazioni: 65 a Pianura, 304 a Barra, 172 a San Pietro a Patierno

  • Nuove costruzioni: 124 a Soccavo, 24 a Poggioreale, 400 a Ponticelli

Un piano che non basta però a colmare il gap abitativo, ma che sarà potenziato dal nuovo PUC, con un mix di edilizia pubblica, sociale e di mercato per affrontare strutturalmente una delle più grandi sfide di Napoli.

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Addio a Nino Petrone, maestro del giornalismo sportivo e giudiziario

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Nino Petrone ha vissuto gli ultimi momenti nella sua Salerno, quella città a cui è rimasto sempre profondamente legato, nonostante una vita passata tra Milano, Roma e le capitali dello sport mondiale. Si è spento a 84 anni, circondato dall’affetto della sorella Annamaria e dei suoi nipoti.

Una carriera da inviato speciale tra sport, cronaca e passione

La carriera giornalistica di Petrone nasce nella redazione del Mattino di Salerno, ma i primi passi non furono nello sport: si occupò di cronaca giudiziaria, armato solo di taccuino e penna, a piedi, perché non ha mai guidato. Da lì, il salto nei grandi giornali: prima al Corriere dello Sport, grazie ad Antonio Ghirelli, e poi al Corriere della Sera e al Messaggero, come inviato nei più importanti eventi sportivi.

Da esperto osservatore della politica sportiva e del mondo arbitrale, i suoi giudizi erano temuti nei palazzi del potere sportivo. I suoi articoli erano un concentrato di informazione, stile e graffio, e mai scontati. Alcuni dei suoi memorabili scoop sono stati raccolti nel libro Racconti corsari, scritto con il generale dei carabinieri Vittorio Tomasone.

La Salernitana, il mare e il Premio Charlot

Aveva solo otto anni quando vide per la prima volta la Salernitana dal vivo. Era il 1947 e i granata del Sud sfidavano il Grande Torino: “Segnò Buzzegoli, poi ne prendemmo quattro da Valentino Mazzola”, ricordava con emozione. Fu lui a suggerire il nome Stadio Arechi per il nuovo impianto cittadino.

Amava visceralmente il mare del Cilento e della Costiera, e la vela era un’altra sua grande passione, condivisa con il dirigente sportivo Raffaele Pagnozzi. Cultore del cinema, seguiva i festival e fu presidente del Premio Charlot a Salerno.

Lo stile e i consigli a chi inizia il mestiere

Nonostante fosse nato nel 1940, non rifiutava i social né la rete. Ai giovani, però, raccomandava sempre di “documentarsi e scrivere con chiarezza”. Il suo stile era inconfondibile, così come la sua umanità: “Persona unica molto più che speciale”, lo ha ricordato con commozione Gianfranco Coppola, suo allievo prediletto.

Oggi Salerno saluta uno dei suoi figli più illustri. Alle ore 16, nella Chiesa dei Salesiani in via Francesco La Francesca, l’ultimo saluto a Nino Petrone. Non potrà vedere l’ultima sfida salvezza della sua amata Salernitana, ma continuerà a seguirla da lassù, dove i veri appassionati restano eterni.

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