Era simbolo di un’Italia felice, che ora appare ancora piu’ vuota e lontana. Felice Gimondi, un monumento dello sport italiano, ha scelto l’estate per andarsene, la stagione del Tour de France, uno dei grandi giri che ha conquistato nella sua lunga e straordinaria carriera. La morte lo ha colto in mare, quello si’ ambiente inusuale per un ciclista abituato alle ampie pianure e alle grandi salite. Lo ha colto un malore mentre faceva il bagno nelle acque di Giardini Naxos, nei pressi di Taormina, dove era in vacanza insieme alla famiglia. Inutili tutti i tentativi di intervento. Gimondi, che avrebbe compiuto 77 anni il 29 settembre, era sofferente di cuore e secondo i soccorritori sarebbe rimasto vittima di un infarto. Il cuore, che insieme a due gambe d’acciaio lo aveva spinto spesso oltre i limiti, facendogli toccare tra il 1965 e il 1979 tutte le vette della gloria sportiva in un palmares unico, che comprende tra l’altro tre Giri d’Italia, un Tour de France, una Vuelta, un Mondiale, una Roubaix, una Sanremo e due Giri di Lombardia. Vittorie ma anche sconfitte, in una stagione d’oro del ciclismo che viveva su grandi rivalita’. In Italia, i suoi ‘nemici’ erano Vittorio Adorni (classe ’37) e Gianni Motta (’43) ma sulla sua strada si trovo’ troppe volte davanti il ‘Cannibale’, Eddy Merckx. “Stavolta perdo io”. e’ il commento a caldo del campionissimo belga, che si dice distrutto. “Perdo prima di tutto un amico e poi l’avversario di una vita. Abbiamo gareggiato per anni sulle strade l’un contro l’altro, siamo diventati amici a fine carriera. L’avevo sentito due settimane fa, come capitava ogni tanto”. Anche Motta fatica a credere alla scomparsa del ‘nemico’.
“E’ un colpo durissimo, mi lascia senza parole. Eravamo nemici sempre, ma c’era grande rispetto. Con lui e ne va un pezzo della storia d’Italia e anche della mia”. C’era il campione, ma non solo. Romano Prodi, ex presidente del consiglio e grande esperto di ciclismo, e’ commosso nel ricordare Gimondi. “Di lui mi ha colpito soprattutto l’aspetto umano, lo stile della persona. Era cosi’ quando correva, e’ rimasto tale a fine carriera. Mi dispiace davvero che il Paese perda un uomo come lui, era veramente un personaggio di grande spessore”. Prodi ricorda l’imprenditore, li”uomo che dopo aver lasciato lo sport e’ riuscito a costruire e a gestire “strutture economiche importanti con saggezza, calma e serenita’”. “Una tristezza enorme. C’e’ rammarico, delusione, un pianto nel cuore”, dichiara il presidente della Federciclismo, Renato Di Rocco. “L’oro al mondiale 1973 e’ il ricordo piu’ bello. Felice era una persona che stava bene con tutti ed era apprezzato da tutti”. “Ho avuto un solo idolo nella mia vita: Felice Gimondi”, le parole del ct azzurro, Davide Cassani, tra i tantissimi a reagire con dolore e stupore alla notizia. “Oggi e’ un giorno triste”, afferma il sindaco di Bergamo, la sua terra d’origine, dove non era difficile incrociarlo, ancora in sella alla bici da corsa, e dove da anni organizzava la ‘Gran Fondo Felice Gimondi’, frequentata da migliaia di appassionati. Una minima parte di colore che lo hanno visto vincere tanto e lo ricordano con rispetto e nostalgia. (
Dopo aver sconfitto il Belgio l’Italia dovrà affrontare l’Olanda e quindi rimanda a domenica la qualificazione per la Final 8 di Coppa Davis a Malaga, quando affronterà i tulipani nell’ultima giornata del Girone A a Bologna. Gli azzurri, campioni in carica, hanno ottenuto una vittoria sofferta contro il Belgio per 2-1, grazie ai successi di Matteo Berrettini e del doppio Simone Bolelli-Andrea Vavassori, che hanno sconfitto Sander Gill e Joran Vliegen in due set.
Berrettini, nonostante un inizio difficile, ha superato il giovane Alexander Blockx in tre set, con il punteggio di 3-6, 6-2, 7-5. Al termine del match, il tennista romano ha commentato: “Non ho giocato al meglio, ma l’importante è portare a casa il risultato”.
La giornata non è stata altrettanto positiva per Flavio Cobolli, al debutto in Coppa Davis. Il romano è stato sconfitto in tre set da Zizou Bergs con il punteggio di 6-3, 6-7, 6-0. Cobolli ha riconosciuto le difficoltà del suo esordio, ma ha mostrato orgoglio per il suo atteggiamento in campo, ringraziando Berrettini per il suo sostegno durante il match.
Donald Trump agita i repubblicani, e non per la sua performance al dibattito. Ad innervosire i conservatori sono le sue frequentazioni con Laura Loomer, l’attivista influencer di estrema destra che di recente lo accompagna in campagna elettorale. Rinomata per le sue posizione radicali e le per le teorie cospirazioniste diffuse online, Loomer si è attirata le critiche anche della trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene, che l’ha attaccata per i suoi commenti “razzisti” nei confronti di Kamala Harris. “Le sue parole non rappresentano i repubblicani o il movimento Make America Great Again. E non rappresentano neanche Trump”, ha detto Greene in merito alle recenti affermazioni di Loomer su una Casa Bianca che “puzzerà di curry” e assomiglierà a un “call center” se la vicepresidente dovesse vincere le elezioni, in riferimento alle sue origini indiane. “Come sapete non sono spesso d’accordo con lei, ma in questo caso Marjorie Taylor Greene ha ragione” sull’attivista-influencer, ha detto il senatore repubblicano alleato di Trump, Lindsey Graham, invitando l’ex presidente ad allontanarla.
Anche all’interno della campagna di Trump ci sarebbe preoccupazione sulla presenza di Loomer che, un giorno prima del dibattito, ha postato online la teoria degli animali domestici rapiti e mangiati in Ohio dai migranti di Haiti, cavalcata dall’ex presidente nel corso del faccia a faccia con Harris. L’influencer sui social ha pubblicizzato collari per cani con la scritta “not your lunch #MAGA” o “non mi mangiare” in creolo. Nata in Arizona nel 1993, Loomer si definisce una giornalista d’inchiesta ed è salita alle cronache negli anni scorsi per le sue controverse posizioni: ha definito l’islam un “cancro”, ha accusato al moglie di Ron De Santis di aver “esagerato” il suo tumore al seno, ha insinuato che Joe Biden fosse dietro al tentato assassinio di Trump e che gli attacchi dell’11 settembre non sono altro che una “macchinazione”. Nonostante questo Loomer è una presenza sempre più costante nell’entourage dell’ex presidente. Da lungo tempo è ospite dei suoi eventi a Mar-a-Lago e Trump l’ha anche appoggiata negli anni scorsi nei suoi tentativi di ottenere un seggio in Congresso, tutti falliti.
Le critiche che gli sono piovute addosso negli ultimi giorni per la sua presenza a comizi, ma anche nella spin-room al dibattito, non sembrano comunque scuotere Trump, che continua a lodarla pubblicamente. In gennaio l’ex presidente voleva addirittura assumerla nella sua campagna, ma poi ha desistito dopo il forte pressing del suo staff a non farlo. “Non lavoro per nessuno: sostengo Trump in modo indipendente. E lo faccio perché è veramente l’ultima speranza di questo paese”, ha chiarito Loomer.
Ventiquattrore di silenzio, un vero record da quel 26 agosto in cui con il post che la ritraeva sorridente al fianco dell’allora ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, Maria Rosaria Boccia ringraziava ”per la nomina a Consigliere del ministro per i Grandi eventi”. Di grande c’è il caso che è esploso, che ha portato alle dimissioni di Sangiuliano, e che ora si disperde in mille rivoli mentre il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi lo difende: “È stato vittima di una imboscata”. Un lunghissimo applauso ha sottolineato le parole del ministro che intervenendo ad Avellino alla conferenza programmatica regionale di Fratelli d’Italia ha fatto riferimento alle vicende che hanno portato alle dimissioni il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “E’ stato un ministro di grande valore – ha aggiunto – e oggi, libero da responsabilità di governo, avrà maggiori possibilità di difendere il suo operato e la sua moralità”.
Piantedosi ha rassicurato anche sul G7 “i problemi inerenti la sicurezza dei G7 Cultura a Napoli e Pompei sono identici a quelli che abbiamo affrontato per il G7 Interni a Mirabella Eclano”. Piantedosi ha anche sottolineato, in riferimento alle vicende che hanno portato alle dimissioni di Sangiuliano, che “mai hanno inciso sulla cornice della sicurezza” degli eventi del G7 che si svolgerà a Napoli, con tappa a Pompei, il 20 e il 21 settembre con il nuovo ministro Alessandro Giuli, con la conferma del concerto diretto da Beatrice Venezi mentre si attende la conferma di quello di Andrea Bocelli. Intanto oggi la protagonista, Maria Rosaria Boccia, o meglio il suo biondo avatar, fa ”ciao ciao” con la manina dal suo profilo Instagram che ha raggiunto i 136 mila followers. Posta soltanto un panorama di verdi colline commentato da ”Un attimo di pace” di Eros Ramazzotti, mentre scompare l’ultima storia di ieri, ovvero l’immagine della Stazione Termini. Il primo dei rivoli dell’intricata vicenda arriva al tavolo della Corte dei Conti, e riguarda due trasferte: una a Riva Ligure, l’altra a Polignano. Sono i viaggi di Sangiuliano e Boccia su cui si concentra l’attenzione della Corte dei Conti. E che finiranno per essere approfonditi anche dalla Guardia di finanza appena riceverà la delega a indagare sui “costi” sostenuti dalle casse pubbliche perchè Sangiuliano fosse accompagnato in queste missioni dall’imprenditrice.
Ne scrive il Corriere della Sera . La trasferta a Riva Ligure è avvenuta per la rassegna “Sale in zucca”, l’11 luglio, giorno del compleanno di Boccia: il sindaco ha detto di aver pagato lui le spese di trasporto e soggiorno su indicazione dell’allora numero uno del Mic. Il viaggio a Polignano è avvenuto il 13 luglio per la rassegna “Libro possibile”: in questo caso i costi gli organizzatori hanno messo in conto alla manifestazione aerei, tre stanze d’albergo e pasti. Il secondo rivolo arriva a Frosinone e riguarda la nomina di Fabio Tagliaferri, che sempre Sangiuliano, ha voluto a capo di Ales Spa, come presidente e amministratore delegato. “Io ho il mito di Giorgia Meloni. Mi passo le giornate a vedere i suoi video perché imparo, essendo uno che vuole imparare cerco sempre qualcuno che mi può insegnare. E a me Giorgia insegna”, diceva Tagliaferri in un’intervista a ‘Piazza Pulita’ realizzata a febbraio subito dopo la nomina.
“L’amministratore delegato di Ales non è un critico d’arte – aggiungeva – ma dev’essere un manager che gestisce un’azienda che fattura 100 milioni di euro, e che ha oltre 2500 dipendenti”. Su X il leader di Iv Matteo Renzi allega questa intervista e commenta: “Questo consigliere comunale e autonoleggiatore è l’uomo che Sangiuliano e le Meloni hanno messo alla guida della più grande azienda dei servizi culturali della Repubblica italiana. Milioni di fatturato, migliaia di dipendenti in mano a questo signore: perché? Questo è il governo dei mediocri e dell’amichettismo. Io dico che sul rapporto Tagliaferri – Ales – Sangiuliano – Meloni c’è ancora molto da approfondire. Voi che dite?”