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Cronache

Addio a Cesare Paciotti, lo stilista delle scarpe icona del made in Italy

È morto a 67 anni Cesare Paciotti, imprenditore e stilista marchigiano simbolo delle calzature di lusso italiane. Un malore improvviso lo ha colpito nella sua casa di Civitanova Marche.

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È morto ieri, all’età di 67 anni, Cesare Paciotti (foto Imagoeconomica), imprenditore e stilista simbolo delle calzature di lusso italiane. Secondo le prime informazioni, Paciotti sarebbe stato colto da un malore improvviso nella sua abitazione di Civitanova Marche. I familiari, accortisi delle sue condizioni, hanno immediatamente chiamato i soccorsi, ma all’arrivo del personale sanitario non c’è stato nulla da fare.

Il genio marchigiano che portò il pugnale nel mondo

Fondatore del celebre marchio che porta il suo nome, Cesare Paciotti era diventato un ambasciatore del made in Italy nel mondo, grazie a uno stile inconfondibile che ha unito artigianalità, eleganza e sensualità. Le sue creazioni, contraddistinte dal pugnale argentato, sono state indossate da star internazionali e hanno calcato passerelle e red carpet in tutto il mondo.

L’eredità di un marchio che ha segnato la moda

Figlio di Giuseppe e Cecilia Paciotti, fondatori nel 1948 del calzaturificio di famiglia, Cesare aveva trasformato quell’attività artigianale in una firma internazionale del lusso. Negli anni, le sue collezioni hanno conquistato un pubblico vasto e trasversale, dagli appassionati di moda ai grandi nomi dello spettacolo e della musica.

La sua scomparsa lascia un vuoto profondo nel mondo della moda e dell’imprenditoria italiana, ma anche l’eredità di un marchio che ha fatto della passione e della creatività italiana un simbolo riconosciuto in tutto il mondo.

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Cronache

Papa Leone con i poveri: messa a San Pietro e pranzo con 1300 persone per la Giornata mondiale

Papa Leone celebra la Giornata mondiale dei poveri con una messa gremita a San Pietro e un pranzo con 1300 persone in difficoltà, richiamando i leader mondiali ad ascoltare il grido degli ultimi.

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Papa Leone ha scelto di vivere la Giornata mondiale dei poveri accanto a chi affronta ogni giorno la fatica della sopravvivenza. Il pranzo con 1300 persone in difficoltà ha rappresentato il momento più intenso di una giornata nata da un’intuizione di Papa Francesco, che Leone ha voluto ricordare e applaudire.

La messa a San Pietro e il saluto fuori dalla Basilica

La mattina si è aperta con la messa nella Basilica di San Pietro, troppo piccola per contenere le migliaia di persone presenti. Prima della celebrazione, il Papa è uscito in Piazza San Pietro per salutare chi non era riuscito a entrare e invitarlo a seguire la celebrazione dai maxischermi.

Il richiamo ai responsabili del mondo

Nell’omelia, Papa Leone ha rivolto un appello diretto ai leader mondiali:
«Ascoltate il grido dei poveri».
Ha parlato delle tante forme di povertà, materiali, morali e spirituali, ricordando che alla radice di tutte c’è una ferita comune: la solitudine.

Secondo Leone, la sensazione di impotenza globale nasce da una menzogna: credere che nulla possa cambiare. «Il Vangelo – ha detto – ci dice che proprio negli sconvolgimenti della storia il Signore viene a salvarci. La comunità cristiana deve esserne oggi segno vivo, in mezzo ai poveri».

Pace, giustizia e responsabilità

Il Papa ha insistito sul ruolo dei responsabili istituzionali:
«Non ci potrà essere pace senza giustizia», richiamando alle proprie responsabilità capi di Stato e governanti. Il grido dei poveri, ha ricordato, è spesso soffocato da un mito del benessere che non include tutti e lascia indietro chi non riesce a reggere il passo.

Il pranzo nell’Aula Nervi e la visita ai volontari

La giornata si è conclusa con il pranzo nell’Aula Nervi, organizzato grazie alle realtà che ogni giorno lavorano accanto ai poveri: Vincenziani, Caritas, Sant’Egidio e l’associazione francese Fratello, che ha curato un secondo pranzo nei Giardini Vaticani.

Papa Leone, a sorpresa, si è recato anche lì per salutare e benedire volontari e ospiti, ribadendo così la sua vicinanza concreta agli ultimi.

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Cronache

Fnsi attacca gli editori: «Tagliano diritti e qualità. Basta usare i giornalisti come un bancomat»

Fnsi denuncia dieci anni di immobilismo contrattuale e accusa gli editori di tagliare diritti, welfare e qualità dell’informazione. Il 28 novembre sciopero nazionale dei giornalisti.

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La Fnsi rompe il silenzio e, in vista dello sciopero nazionale del 28 novembre, attacca frontalmente gli editori. Il sindacato ricorda che «responsabili lo siamo da dieci anni», tanto quanto è durata l’assenza della Fieg dai tavoli contrattuali, con il contratto scaduto e nessuna protesta portata in piazza fino a oggi.

Il bonus informazione ignorato

La Fnsi rivendica di aver proposto alla Fieg una piattaforma comune da presentare al governo, con misure condivise come il “bonus informazione”, uno strumento pensato per sostenere i cittadini nell’accesso a un’informazione di qualità e riportare ricavi nelle aziende editoriali. La risposta? «Non solo la proposta non è stata presa in considerazione, ma è stata accolta con fastidio».

«Solo tagli e precarietà»

Nella nota il sindacato denuncia che le proposte della Fieg puntano esclusivamente a tagli sul costo del lavoro, presenti e futuri, «condannando la categoria a pensioni da fame e indebolendo il welfare». Secondo la Fnsi, l’obiettivo degli editori sarebbe ottenere risorse per prepensionare chi oggi lavora, sostituendolo con giovani «senza diritti» e con pensionati. A ciò si aggiunge la richiesta di sovvenzioni certe, «senza dare nulla in cambio», con un impatto diretto sulla qualità dell’informazione.

Il crollo dell’occupazione

Dal 2011 ad oggi, ricorda la Fnsi, i giornalisti dipendenti sono passati da 19mila a 13mila: «circa il 30% di posti di lavoro in meno», anche tenendo conto delle assunzioni obbligatorie. Una crisi aggravata da stati di crisi «ripetuti anche quando i bilanci erano floridi» e che ha contribuito a mettere in ginocchio l’Inpgi.

La difesa degli scatti e il nodo autonomia

Il sindacato respinge anche le critiche sugli scatti percentuali, rivendicando che rappresentano «la tutela dell’autonomia professionale» di chi viene penalizzato nei percorsi di carriera.

Le domande della Fnsi

Nel finale, il sindacato pone una serie di interrogativi diretti agli editori:
È responsabile pagare i collaboratori 2-5 euro a pezzo?
È responsabile evitare di affrontare i temi dell’innovazione tecnologica, dell’IA e delle piattaforme digitali?
È responsabile fare giornali con precari e pensionati per ridurre i costi?
È responsabile incentivare le uscite anticipate sfruttando una legge di 35 anni fa?

La chiusura è netta: «Gli editori la smettano di usare la categoria come un bancomat».

(La foto di archivio in evidenza è di Imagoeconomica)

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Cronache

Tragedia ad Arezzo, 22enne muore in un incidente sulla regionale 327

Un giovane di 22 anni è morto ad Arezzo dopo essersi schiantato con l’auto contro un albero sulla regionale 327. Dinamica dell’incidente ancora da chiarire.

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Un ventiduenne ha perso la vita nel pomeriggio sulla regionale 327, alle porte di Arezzo, in località San Zeno. L’incidente è avvenuto intorno alle 17.

La dinamica ancora da chiarire

Secondo una prima ricostruzione, il giovane, di origine moldava, avrebbe perso il controllo dell’auto per cause ancora da accertare. Il veicolo è finito contro uno dei pini che costeggiano la carreggiata, senza lasciargli scampo.

I soccorsi

Sul posto sono intervenuti immediatamente le ambulanze del 118, i vigili del fuoco e la polizia municipale di Arezzo. Nonostante i tentativi di rianimazione, per il ragazzo non c’è stato nulla da fare.

Traffico in tilt

L’incidente ha provocato pesanti ripercussioni sul traffico della zona, con rallentamenti e deviazioni necessarie per consentire i rilievi e la messa in sicurezza dell’area.

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