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Cronache

Accuse di sequestro per i migranti che non furono sbarcati dalla Sea Watch, Salvini-Conte archiviati

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La Sea Watch 3 “e’ entrata in Italia in maniera unilaterale e senza le necessarie autorizzazioni della Guardia Costiera”. Con questa motivazione il tribunale dei ministri di Catania ha archiviato la posizione del premier Giuseppe Conte, dei vice Matteo Salvini e Luigi di Maio e del ministro Danilo Toninelli, accusati di sequestro di persona per non aver fatto sbarcare la nave della ong tedesca tra il 24 ed il 30 gennaio scorsi. Una decisione che fa esultare Salvini, mentre la nave umanitaria, sei mesi dopo, si trova nella stessa condizione: da 9 giorni in mare con 43 migranti salvati senza il permesso di entrare nel porto di Lampedusa. Intanto, pero’, in 100 hanno trovato il modo di arrivare sull’isola: 81 su un gommone lasciato al largo da un peschereccio che e’ stato poi sequestrato dalla Guardia di Finanza. E’ stato lo stesso Salvini a comunicare la decisione del Tribunale dei ministri. “Non fu sequestro ma semplicemente richiesta di ordine e regole? Bene! Processi e indagini – dice – non mi fanno paura, ma sono felice che anche la magistratura confermi che si possono chiudere i porti alle navi pirata. Continuero’ a difendere i confini”.

L’archiviazione ha riguardato anche Conte, Di Maio e Toninelli, che avevano condiviso la linea del titolare del Viminale. Lo stesso Tribunale, nell’identica composizione, aveva invece chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini (poi negata) per la vicenda Diciotti. Valutazioni diverse, dunque; i giudici sottolineano pero’ che, a differenza della Sea Watch, la Diciotti era una nave militare italiana e l’imbarcazione della ong non ha rispettato il divieto di sbarco. I magistrati – prima di decidere sulla nave tedesca – hanno svolto indagini suppletive sentendo testimoni e soggetti coinvolti. A bordo della Sea Watch 3, nel frattempo, la situazione si fa critica. Il medico segnala che i naufraghi “hanno bisogno di cure mediche. Non sto parlando da medico ma da essere umano, serve un porto sicuro ora. Abbiamo pazienti con dolori per le torture subite ed altri che necessitano di un supporto psicologico”. L’Unhcr dice che “l’Italia ha la responsabilita’ di far sbarcare queste persone”. Ma Salvini non cambia idea: “con tutto il rispetto per l’Onu e i professoroni – osserva – le politiche su chi entra e esce in Italia le decide il ministro dell’Interno. Possono richiamarmi fino a Natale, per me non cambia nulla”. E per rafforzare il concetto il ministro ha scritto al premier Conte ed al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi chiedendo “una nuova energica iniziativa di sensibilizzazione” nei confronti dell’Olanda, Stato di bandiera, affinche’ si faccia carico della nave. “Sono gia’ prontamente intervenuto, attendiamo risposta”, ha fatto sapere Conte. Nessuna trattativa internazionale, invece, per gli 81 che sono sbarcati oggi a Lampedusa dopo essere stati lasciati su un barchino a 60 miglia dalla costa da una ‘nave madre’ libica che si e’ poi diretta verso la costa africana ma e’ stata intercettata e sequestrata dalla Guardia di finanza. L’accusa per i 7 membri dell’equipaggio (sei egiziani ed un tunisino) e’ di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’operazione, secondo il Viminale, “e’ un precedente molto significativo e che getta nuove luci sul traffico di essere umani e sulle modalita’ di arrivo in Italia”. Un modus operandi che potrebbe essere stato impiegato in alcuni dei numerosi casi di ‘sbarchi fantasma’ che si stanno susseguendo in queste settimane. E migranti continuano ad arrivare anche via terra, al confine del Nordest. Oltre 100, perlopiu’ pakistani, sono stati rintracciati a Trieste e dintorni dalle forze dell’ordine.

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‘Nuova ondata di raid in Iran, distrutto aeroporto Tabriz’

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L’esercito israeliano ha lanciato un’altra ondata di attacchi in Iran. Secondo quanto si apprende da fonti militari, l’aeronautica ha distrutto l’aeroporto di Tabriz, in Iran nord-occidentale.

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Maria Rosaria Boccia indagata per falso e truffa sulla laurea: lei replica e annuncia querele

La Procura di Napoli indaga Maria Rosaria Boccia per falso e plagio sulla tesi di laurea. L’imprenditrice replica: “Persecuzione mediatica, querelo tutti”.

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La Procura di Napoli ha iscritto l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia nel registro degli indagati con le ipotesi di reato di falso, truffa e falsa attribuzione di valori altrui. Al centro dell’inchiesta, l’autenticità della sua laurea in Economia e Management e il presunto plagio della tesi finale. L’indagine, riportata oggi da “Il Mattino” e “la Repubblica”, si basa su un esposto presentato dall’università telematica Pegaso, dove Boccia si è laureata nel 2021 con 91/110.

Accertamenti in tre università

I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli hanno eseguito acquisizioni documentali presso gli atenei Parthenope, Pegaso e Luiss. In particolare, all’atto dell’iscrizione alla Pegaso, Boccia avrebbe presentato un’autocertificazione non firmata per il riconoscimento di alcuni esami sostenuti in precedenza alla Parthenope. La denuncia dell’università riguarda inoltre il presunto plagio di una tesi presentata da una studentessa della Luiss nel 2019: entrambi gli elaborati sarebbero risultati sovrapponibili secondo un software antiplagio, in seguito a un servizio televisivo andato in onda il 9 settembre 2024 su Rete 4.

Le accuse: documentazione irregolare e tesi sospetta

Secondo le verifiche interne, Pegaso avrebbe accolto l’autocertificazione della Boccia senza accertare con l’ateneo di provenienza l’effettivo superamento degli esami. Contestualmente, l’elaborato finale della laurea è stato ritenuto troppo simile a quello già discusso da un’altra studentessa della Luiss, dal titolo “Il Sistema Sanitario Nazionale: luci e ombre di un’eccellenza italiana stretta dai vincoli della finanza pubblica”.

Boccia si difende: “Persecuzione mediatica”

L’imprenditrice ha replicato annunciando querele contro testate e giornalisti: «Sono vittima di una persecuzione mediatica. Hanno diffuso notizie false e manipolate su di me». Boccia denuncia inoltre un “silenzio assordante” su un’indagine per stalking che vedrebbe coinvolto l’ex ministro Gennaro Sangiuliano, a cui la donna è stata legata da una collaborazione. «Come mai la stampa si accanisce contro di me mentre tace su un’inchiesta tuttora aperta su Sangiuliano?», si chiede.

Ha annunciato esposti all’Ordine dei Giornalisti e alle procure competenti, accusando i media di agire «non per libertà di stampa ma per complicità». «Vedremo se questa volta qualcuno avrà il coraggio di raccontare anche quello che è stato tenuto nascosto», conclude.


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Sanità siciliana, dieci misure cautelari per appalti truccati e corruzione

Svelato un sistema criminale tra pubblici dirigenti, imprenditori e lobbisti: “Una sanità malata di corruzione”.

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Un comitato d’affari criminale avrebbe gestito per anni gli appalti della sanità siciliana, pilotando gare per un valore complessivo di 130 milioni di euro. È quanto emerge dall’inchiesta condotta dalla Procura di Palermo, che ha ottenuto dal Gip l’emissione di dieci misure cautelari nei confronti di dirigenti pubblici, imprenditori, lobbisti e collaboratori, legati da rapporti di contiguità con esponenti politici di rilievo.

Secondo gli inquirenti, la sanità pubblica in Sicilia sarebbe “affetta da una corruzione sistemica”, come definito nel provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta dei pm coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia. Le indagini sono state condotte dalle Fiamme Gialle del comando provinciale di Palermo, già protagoniste di una maxi inchiesta degli anni scorsi sempre sullo stesso filone.

Gare truccate e bandi su misura per le imprese “amiche”

Dall’inchiesta emergono condotte gravissime: capitolati d’appalto costruiti ad hoc su indicazioni degli imprenditori interessati, bande annullate se ritenute non favorevoli e documentazione riservata consegnata in anticipo dai dirigenti pubblici ai loro referenti privati.

A questo si aggiungono tentativi di influenzare la composizione delle commissioni aggiudicatrici, nominando membri considerati “affidabili”, e un sistema ben collaudato di tangenti legate al valore delle commesse, spesso mascherate da finti contratti di consulenza o assunzioni di familiari.

Le accuse e le misure cautelari

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e frode fiscale legata all’uso di fatture per operazioni inesistenti.

Le misure cautelari emesse vanno dagli arresti domiciliari, agli obblighi di dimora, fino ai provvedimenti interdittivie all’obbligo di firma presso le forze dell’ordine. La normativa attuale ha previsto anche interrogatori preventivi obbligatori per tutti gli indagati.

Un sistema criminale che minaccia il diritto alla salute

Questa inchiesta riaccende i riflettori su un settore fondamentale, quello della sanità pubblica, da troppo tempo vulnerabile a logiche clientelari e corrotte. Un sistema che, secondo la Procura, mina non solo la trasparenza della spesa pubblica, ma anche la qualità dell’assistenza sanitaria e la fiducia dei cittadini nello Stato.

Figura chiave dell’ultimo capitolo dell’indagine della procura di Palermo sulle gare truccate nella sanità siciliana è Antonino Maria Sciacchitano detto “Ninni”, commercialista, componente del collegio sindacale dell’ospedale Civico e dell’Asp di Palermo, consulente dell’Asp di Caltanissetta per le problematiche contabili, presidente di valutazione dei manager della sanità pubblica, Proprio presso il suo studio, nelle settimane scorse, nel corso di una perquisizione, sono stati trovati 44 mila euro in contanti oltre a 3mila euro scoperti durante una perquisizione personale. Altri personaggi importanti dell’indagine sono l’imprenditore Giovanni Cino, vicinissimo a Sciacchitano, e il faccendiere campano Catello Cacace.

A Sciacchitano e Cacace il gip ha dato i domiciliari. Cino ha l’obbligo di dimora. Secondo gli inquirenti, le gare sarebbero state gestite illecitamente da una struttura piramidale che al suo apice vedeva proprio Sciacchitano, per l’accusa” in grado di coagulare intorno a sé faccendieri, funzionari pubblici e imprenditori scelti perchè in grado di assicurare la miglior sintesi possibile fra istanze dell’imprenditoria e velleità di carrierismo e arricchimento illecito di pubblici dipendenti infedeli”. Sciacchitano era affiancato da Giovanni Cino e Catello Cacace che lo aiutavano nella cura delle relazioni create e alimentate con i funzionari pubblici e sul versante delle imprese, “per strutturare intese fra aziende in grado di creare realtà economiche tanto solide da poter partecipare ai bandi garantendo la credibilità e i requisiti economico-patrimoniali necessari”, dicono gli inquirenti.

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