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Esteri

Accordo lontano sulla Brexit,scambio di accuse Ue-Gb

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Rischia sempre piu’ di essere un divorzio non consensuale quello che a fine anno dividera’ i 27 Paesi dell’Ue dal Regno Unito. Il settimo round dei negoziati bilaterali si e’ concluso con un sostanziale nulla di fatto, specialmente sulle questioni piu’ importanti e controverse come l’accesso al mercato unico, la pesca e tutti gli aspetti legati a un accordo commerciale. Oggi i due capi negoziatori – Michel Barnier per l’Europa e David Frost per il Regno Unito – si sono scambiati accuse sulle responsabilita’ di uno stallo che si sta pericolosamente trascinando da troppo tempo. E che ha ormai ristretto a un paio di mesi la finestra temporale che si chiudera’ a fine ottobre per definire un accordo quadro e avere poi il tempo di ratificarlo prima del 31 dicembre. Altrimenti sara’ il caos. “Ci resta molto poco tempo”, ha esordito Barnier alla conferenza stampa virtuale convocata per fare il punto della situazione. “Ad oggi un accordo appare improbabile anche se non impossibile”, ha proseguito il negoziatore, il quale ha espresso “delusione e preoccupazione” per la mancanza di progressi sostanziali. L’Ue, ha poi sottolineato Barnier, ha dato prova di flessibilita’ sugli aspetti chiave del negoziato, “che sono sempre gli stessi dal 2017. Ma da parte del Regno Unito non si e’ mai visto uno sforzo per la comprensione dei nostri principi. E non si tratta di posizioni ideologiche o tattiche”. In ballo, ha spiegato ancora una volta il negoziatore Ue, ci sono cruciali questioni sociali, economiche e ambientali. Come si puo’, ad esempio, dare accesso ai camion o agli aerei provenienti da oltre Manica senza la certezza che rispettino le regole Ue in materia di inquinamento o tempi di lavoro? “Non abbiamo paura della concorrenza inglese”, ma “non al prezzo di indebolire il mercato unico. Non capisco perche’ si stia perdendo tempo”. Da Londra, quasi in tempo reale, e’ arrivata la replica di Frost. Il quale ha accusato Bruxelles di rendere le trattative per un accordo che regoli i rapporti futuri “inutilmente difficili”, notando che finora ci sono stati “pochi progressi”. “Come ho detto la scorsa settimana, un accordo e’ ancora possibile, e quello resta il nostro obiettivo, ma e’ chiaro che non sara’ facile raggiungerlo”. Barnier e Frost torneranno a incontrarsi in occasione dell’ottavo round negoziale che si svolgera’ a Londra dal 7 all’11 settembre. Nella speranza che nel frattempo le distanze tra Ue e Gb si siano ridotte e possa essere scongiurato lo scenario di un no deal, con tutte le sue inevitabili conseguenze negative.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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