C’è molto di Luca Barbarossa (nella foto Imagoeconomica in evidenza) nella sua celebre canzone Via Margutta, un brano che nel 1986 si fece largo tra le classifiche, nonostante il deludente diciottesimo posto al Festival di Sanremo. La canzone è nata proprio dalla storia della sua famiglia e dal legame con Roma, città che ha sempre ispirato la sua musica.
“Sono nato qui vicino, in via San Giacomo”, racconta il cantautore in una lunga intervista al Corriere della Sera in edicola oggi. “Questa strada mi somiglia”, dice passeggiando per la via simbolo di artisti e poeti, con sua moglie Ingrid.
Ma c’è anche un pezzo di storia nella sua canzone. Suo nonno, durante la Seconda Guerra Mondiale, nascose un bambino ebreo in una soffitta di Via Margutta per sottrarlo ai rastrellamenti nazisti. “Lo rifugiò tra le tele di dipinti, rischiando la vita”, ricorda Barbarossa. “Quando tornai in quella strada, capii che da bambino avevo giocato sotto lo stesso cielo di bombardamenti, pittori e giovani poeti. Così nacque la canzone.”
Dal tennis alla chitarra: gli esordi e l’incontro con Panatta
Prima di diventare cantautore, Barbarossa era stato anche un promettente giocatore di tennis. Si allenava con la stessa maestra di Panatta, la mitica Wally San Donnino, ma l’incontro con il campione gli fece capire che il suo destino era un altro. “Volevo fargli una domanda, lui mi guardò e disse ‘a ragazzì, che stai a ‘ffa, vedi d’annattene”, racconta ridendo.
Da lì la svolta: con l’amico Mario Amici, comincia a suonare per strada, ispirato da Bob Dylan e i Beatles. E per acquistare la sua prima chitarra acustica, lavorò come cameriere a Londra.
L’incontro con Venditti e la “sfida” a Sanremo
Barbarossa ha incrociato molte volte Antonello Venditti nel corso della carriera. La prima fu da cameriere: nel 1979servì al tavolo del cantautore, che stava festeggiando l’uscita di un nuovo disco. Il compenso? 30mila lire.
Pochi anni dopo, il giovane cantautore si ritrovò a Castrocaro con una canzone che voleva essere una risposta alla celebre Roma Capoccia: Roma spogliata, che mostrava il lato più crudo della Capitale. “Pensavo che Venditti mi avrebbe ignorato, invece si avvicinò e mi disse ‘Bella ‘sta canzone, posso suonare io il pianoforte?’”.
Quella sera, sul palco, passarono inosservati due artisti che avrebbero fatto la storia della musica italiana: Eros Ramazzotti e Zucchero. Vinse Fiordaliso.
L’amicizia con De Gregori e l’incontro con Maradona
Negli anni Barbarossa ha costruito rapporti importanti con molti grandi della musica, come Francesco De Gregori. “All’inizio faceva finta di niente, poi un giorno mi chiamò e mi disse: ‘La tua trasmissione alla radio è proprio bella’. E poi gli piaceva Virginia Raffaele, una delle ospiti più amate.”
Ma il vero colpo di scena della sua carriera arriva nel 1987. Durante un concerto a Napoli, il suo staff ricevette una richiesta: Maradona voleva partecipare.
“Il problema era che non poteva muoversi per strada senza scatenare il caos. Allora il mio manager ebbe un’idea: lo nascondemmo dietro l’impianto audio. Solo alla fine, sulle note di Roma spogliata, lo chiamai sul palco. Fu una follia collettiva, il pubblico impazzì”.
Non esistono foto o video di quel momento: “Oggi la gente pensa a scattare foto, all’epoca si vivevano le emozioni”, riflette Barbarossa.
L’amore per la musica e la scoperta della madre ballerina
Barbarossa ha imparato a suonare da autodidatta. “Siamo stati l’ultima generazione che ha conosciuto la noia. Non c’erano distrazioni, così potevi imparare a suonare”, racconta.
Uno dei suoi brani più toccanti, Portami a ballare, vincitore di Sanremo 1992, è dedicato alla madre. L’ispirazione? “Un giorno la vidi ballare il rock’n roll ed era bravissima. La guardai come una donna, non solo come una madre. Mi chiesi: quanto poco sappiamo delle persone che amiamo?”.
Un tributo alla bellezza nascosta della vita, proprio come Via Margutta, dove il cielo è attraversato dai bombardamenti e, il giorno dopo, dai baci degli innamorati.