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Abusi edilizi ed ipocrisie di Stato a Casal di Principe e in Campania, ecco perché Renato Natale è un politico onesto intellettualmente

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L’ipocrisia è uno degli abiti della politica. E siccome a me non piace l’ipocrisia e da sempre denuncio gli ipocriti, voglio scrivere qualcosa su quel che accade a Casal di Principe circa la demolizione di immobili abusivi. La Procura di Santa Maria Capua Vetere scrive nel comunicato stampa in cui informa della demolizione di due abitazioni, che le famiglie occupanti hanno già una sistemazione decorosa. Questo è vero. O almeno devo credere sia vero già che lo scrive, nero su bianco, il procuratore Maria Antonietta Troncone, persona seria ed equilibrata. Un magistrato antimafia seria. Ma Renato Natale (non sono il suo avvocato) che si vuole dimettere come sindaco perchè sotto pressione sulla questione abusi edilizi, non ha il problema di quelle due case demolite. Mi spiego: il suo problema di sindaco è quello di dover abbattere quasi il 30 per cento del patrimonio edilizio del suo Comune che è abusivo e gravato da sentenze di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi. In quella zona del Casertano (non solo Casal di Principe ma anche Casapesenna, San Marcellino, Frignano etc etc etc), se lo Stato volesse fare lo Stato dovrebbe demolire, portare a discarica e poi far pagare queste operazioni ai “proprietari abusivi” oltre 3mila case abusive. Case significa immobile dove c’è gente dentro che ci vive. Molto spesso noi giornalisti facciamo coincidere abuso edilizio con casa abusiva. Non è così. Nella maggior parte dei casi l’abuso è una finestra in più, un muro di cinta più alto, un cancello che non doveva esserci. Sempre abusi sono, ma se li elimini non crei uno sfollato e costa poco “demolire” questi abusi. Quel che Renato Natale non ha detto (e mi spiace tanto, perchè in termini di comunicazione sarebbe stato molto interessante) è il fatto che se lui e i suoi colleghi sindaci dessero corso oggi a tutte le sentenze di demolizione dovrebbero “sfollare” e poi trovare “ricovero” a 20mila persone solo tra Casertano e area Nord di Napoli. Senza contare qualche centinaia di milioni di euro (avete letto bene, centinaia di milioni) per appaltare le demolizioni, eseguirle, mandare a discarica le macerie e quel che c’è dentro le case demolite. I costi inizialmente, come sappiamo, deve sostenerli lo Stato ovvero i Comuni. Poi lo Stato si rivale sui proprietari abusivi che nel frattempo vivono nelle tende di sfollati che lo Stato deve mettere a loro disposizione. La verità è questa. Davanti a questa verità abbiamo tre strade: fingere di non conoscerla e dunque continuare a fare gli ambientalisti duri e puri (non c’è ironia, ndr); continuare a difendere qualunque abuso e a prescindere senza fare distinzione tra chi si è costruito la casa e chi ha fatto palazzi o interi rioni con ditte anche legate alle camorre locali che hanno lucrato anche sull’edilizia di rapina. La terza strada è quella di non essere ipocriti e dare dignità politica a questa vicenda che è politica. Una delle poche importanti questioni politiche di cui occuparsi. Renato Natale l’ha fatto, segnalandolo alla opinione pubblica con il coup de théâtre delle dimissioni. “Non voglio prestare la mia faccia allo Stato che si presenta con la faccia torva”, dice Natale. Da quel che capisco io, Natale è una persona intellettualmente onesta che ha compreso il dramma dell’abusivismo edilizio e lo evidenzia. Non l’ha compreso ieri. L’ha capito da anni. Io lo seguo professionalmente da quando faceva  pediatra gratis tra i migranti sul litorale flegreo-dimitio. Non é cambiato di una virgola e posso testimoniarlo. La política per lui non è potere per comandare, come vecchi e nuovi cacicchi esercitano  la loro ipertrofia dell’io. Infine, ma non per ultimo, svolgo una considerazione personale che ha il valore che volete dargli: i sindaci della Campania, e mi riferisco soprattuto a quelli del Casertano e del Napoletano, e le tante scimmiette della politica nostrana che si affacciano ai palazzi del potere sotto ogni insegna, persino quella della Lega Nord, avrebbero dovuto “spalleggiare” Natale. Avrebbero dovuto aprire una discussione pubblica. Forse avrebbero dovuto anche loro minacciare di andarsene. Perchè Renato Natale non può essere il solo sindaco davanti allo Stato ipocrita che finge di non capire. Vengo alla ipocrisia. Il Procuratore Tal dei Tali della Procura di Roccacannuccia “intima” (minaccia, direi) i sindaci di eseguire gli abbattimenti perchè ci sono sentenze da rispettare. E spesso i magistrati “indagano” quei sindaci che non eseguono o perdono tempo per omissione. I sindaci non hanno i soldi per fare gli abbattimenti, spesso guidano comuni falliti o dissestati che non possono fare manco spese ordinarie, manco pagare gli stipendi. Qual è l’ipocrisia? Lo Stato ordina ai magistrati di fare il loro dovere contro gli abusivi, i magistrati perseguono e sentenziano demolizioni che però devono eseguire i sindaci a loro spese, cioè usando i soldi dei cittadini che non hanno commesso abusi ma che pagano tasse per far abbattere case abusive invece che per avere in cambio servizi. Che cosa voglio dire? Che abbiamo davanti a noi uno Stato ipocrita. E poco impegnato, se non a chiacchiere, con i mafiosi. Dovete sapere, ma immagino lo sappiate, che Casal di Principe è nell’immaginario collettivo un comune mafioso. Casalese oramai è come corleonese, sinonimo di mafioso. Non è giusto, ma è così. Ebbene il comune di Casal di Principe negli ultimi trenta anni (prima di Renato Natale) è stato amministrato per 20 anni da commissari di Governo. Cioè più lo Stato che la mafia casalese ha frequentato le stanze di quel comune. A me questo suggerisce considerazioni amare. Che non faccio. Come evito di fare considerazioni amare su una inchiesta vecchissima sugli abusi edilizi in un posto incantevole di questa regione. L’inchiesta passò alla storia come “MedioEvo”. Oggi alcuni indagati e alcuni indagatori siedono allo stesso tavolo, mangiano allo stesso tavolo e si ispirano a vicenda gratis. Moralisti d’accatto senza morale raccattati in giro. Se questo é lo Stato…preferisco Renato Natale.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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