Archiviata l’apertura con White Noise di Baumbach e echi della guerra in Ucraina, la Mostra del cinema di Venezia al secondo giorno lancia nella gara per il Leone d’oro l’epico Bardo di Alejandro G. Inarritu e il teso Tar di Todd Field con Cate Blanchett nei panni della direttrice d’orchestra Lydia Tar. Le Notti Veneziane si aprono con l’appariscente gruppo trans delle Favolose di Roberta Torre e ad Orizzonti la francese Laure Calamy (Cesar 2021, nota per la serie tv Call my agent!) e’ l’eroina negativa del thriller psicologico l’Origine del male di Sebastian Marnier. Tra le decine di proiezioni passa fuori concorso Bobi Wine, il documentario sull’attivista ugandese che dagli slum del ghetto è riuscito a diventare una delle più amate superstar del suo Paese, arrivando a diventare membro indipendente del Parlamento per difendere i diritti della sua gente. E Vera Gemma, figlia di Giuliano Gemma e Natalia Roberti, attrice, personaggio televisivo (L’isola dei famosi), domatrice di leoni e’ la protagonista di Vera, il film che Tizza Covi e l’austriaco Rainer Frimmel portano a Orizzonti dedicato alla sua vita. Sul red carpet di Tar e’ apparsa Georgina Rodriguez, la compagna di Cristiano Ronaldo. La buona notizia di giornata e’ il Cinema in festa, che dal 18 al 22 settembre propone biglietti a 3,50 euro. A dominare la scena oggi e’ Cate Blanchett, sul tappeto rosso in abito nero bouquet con un balconcino di fiori sul decollete’. L’attrice e’ protagonista assoluta di Tar, film che racconta della omosessuale direttrice d’orchestra Lydia Tar, ma attraverso la sua storia si parla degli scandali sessuali nella musica (vedi Placido Domingo). In procinto di dirigere la Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler, la perfezionista Tar viene accusata di aver favorito l’ingresso in orchestra di una violoncellista: un elemento a cui si aggiungono una serie di video compromettenti messi in rete da un ragazzo e, infine, una pioggia di denunce di altre presunte molestie. “Non ho mai considerato l’aspetto Lgbt del film, certo alla mia Lydia piacciono le donne – dice la Blanchett al Lido -, ma credo fermamente che non sia importante il genere nel mondo dell’arte. Cio’ che le persone fanno dopo il loro lavoro non e’ importante. Insomma, non ho mai pensato al genere, alla sessualita’ di Lydia. Questo film e’ il ritratto molto umano di una persona con tutte le sue debolezze”. E’ biografico, seppure con finzione, Bardo del messicano Inarritu, tornato a dirigere a sette anni da Revenant che nel 2015 valse l’Oscar a Leonardo DiCaprio. S’intitola non a caso Bardo, limbo, condizione di mezzo tra mondo dei vivi e quello dei morti. “Io sono nel mezzo, sono messicano per gli Stati Uniti, americano in Messico”, spiega il regista ‘spatriato’ di 21 grammi, Birdman. Il suo e’ un film epico, monumentale, tre ore della vita di Silverio Gama, “emigrato di prima classe”, giornalista, documentarista, scrittore di successo alle prese con un bilancio di vita. “Proprio oggi 1 settembre e’ un anniversario importante: il 1 settembre 2001 con la mia famiglia abbiamo lasciato il Messico e siamo andati a vivere a Los Angeles, questa assenza mi rincorre ogni giorno, il Messico diventa uno stato mentale”. ‘Bardo – La cronaca falsa di alcune verita” (al cinema e poi dal 16 dicembre su Netflix che lo ha prodotto) racconta il viaggio emozionale sospeso tra memorie e vissuto di Gama (interpretato da Daniel Gime’nez Cacho) che sta per ricevere, primo messicano e latino americano, un prestigioso premio in America e per questo viene festeggiato anche in patria dove fa ritorno dopo anni. Nel coma che lo coglie dopo un infarto c’e’ il sogno di questo viaggio tra Los Angeles e il Messico e ritorno e la storia di se stesso e della sua famiglia, ma c’e’ anche la storia del Paese sotto scacco americano (Amazon si compra la Bassa California), la tragedia dei migranti che provano a passare il confine, la vita dei messicani poveri in California. Tutto come un sogno, “perche’ la realta’ non esiste, piuttosto e’ il senso che dai ad eventi che vivi”. Inarritu paga cosi’ il suo personale tributo al cinema del maestro di Rimini e con sincerita’ lo ammette: “Fellini e’ un santo protettore, come Bunuel, Roy Anderson, Jodorowsky. Non c’e’ un cineasta che non sia stato infettato da Fellini cosi’ come nessun musicista puo’ prescindere da Mozart o da Bach. Il suo cinema e’ il mezzo piu’ simile ai sogni. E spero che santo Fellini mi abbia protetto anche questa volta”.