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Cultura

A Mario Avagliano e Marco Palmieri il premio Fiuggi Storia 2018 con il saggio “1948. Gli Italiani nell’anno della svolta”

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Sono stati consegnati martedì 4 dicembre 2018, in una cerimonia presso la Biblioteca Militare Centrale dello Stato Maggiore dell’Esercito di Via XX Settembre a Roma, i riconoscimenti della nona edizione del Premio Fiuggi Storia. Il Premio è promosso dalla Fondazione “Giuseppe Levi-Pelloni” in collaborazione con il Comune di Fiuggi e con i patrocini del Senato della Repubblica, Camera dei Deputati e Presidenza della Regione Lazio. Questa edizione del Premio è stata dedicata allo storico Giuseppe Galasso, ricordato da Alfredo Arpaia, presidente della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo.

Premio Fiuggi Storia. Mario Avagliano e Marco Palmieri

Mario Avagliano, giornalista e storico, originario di Cava de’ Tirreni, collaboratore del Mattino e del Messaggero, direttore responsabile di Cavanotizie, e Marco Palmieri con il libro “1948. Gli italiani nell’anno della svolta” (Il Mulino) sono i vincitori di questa edizione per la saggistica. Il libro è stato selezionato dalla giuria tra una cinquina di finalisti in cui c’erano anche Luciano Canfora, Paolo Mieli, Guido Melis, Vittorio Robbiati Bendaud e Claudio Vercelli.

Gli italiani nell’anno della svolta, scritto a quattro mani da Avagliano e Palmieri, è un viaggio nel cuore di un anno decisivo della storia italiana, per capire gli stati d’animo alla vigilia delle elezioni più significative della vita del Paese, la difficile transizione dal fascismo alla democrazia, le strategie dei partiti, il valore dei leader quali lo statista Alcide De Gasperi, padre costituente, fautore del piano Marshall  e precursore della nascita del centrismo con la clamorosa affermazione della Democrazia Cristiana, gli aiuti americani e l’ingresso dell’Italia nella Nato, gli effetti della guerra fredda, il ruolo della Chiesa nella propaganda elettorale e nella mobilitazione delle coscienze, i riflessi sovietici e l’attentato a Togliatti, i fermenti e le ribellioni, esaminati attraverso lettere e diari privati, rapporti delle autorità di pubblica sicurezza, la stampa e i cinegiornali dell’epoca. L’Italia di De Gasperi, Bartali, Togliatti, Nenni, Pio XII, Aldo Moro, e l’Italia dei giovani di allora, tra cui un inedito Silvio Berlusconi e un imprevisto Umberto Eco, è ricostruita attraverso la briosa rivisitazione di Avagliano e Palmieri per offrire occasioni di riflessione ed intessere un sottilissimo filo con la postmodernità. Molti anche gli episodi e i personaggi relativi a Napoli e alla Campania.

 

Mario Avagliano e Marco Palmieri, 1948. Gli italiani nell’anno della svolta, Il Mulino, Bologna 2018, pp. 452, 25 euro

(scheda libro).

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Cultura

Antonio Nocera presenta “Xenia” all’Hotel Sina Bernini Bristol di Roma: un’opera che celebra accoglienza e trasformazione

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L’artista napoletano Antonio Nocera ha recentemente svelato la sua nuova opera d’arte, intitolata “Xenia”, un’installazione site-specific situata nella hall dell’iconico Sina Bernini Bristol di Roma, un simbolo dell’hotellerie di lusso da 150 anni. Commissionata da Bernabò e Matilde Bocca, presidente e vicepresidente del gruppo Sina Hotels, l’opera interpreta con sensibilità il tema dell’accoglienza, valore che caratterizza la storia della famiglia Bocca da tre generazioni.

L’opera “Xenia”: simboli di ospitalità e trasformazione

Realizzata in bronzo e tecniche miste su legno e plexiglass, l’opera “Xenia” fonde materiali e simboli profondi: le farfalle, che rappresentano la libertà e la trasformazione spirituale; le conchiglie, emblema della casa e simbolo del gruppo Sina Hotels; e la figura femminile, richiamando l’importanza ancestrale delle donne. Il nome “Xenia”, derivato dall’antica Grecia, esprime il concetto di ospitalità sacra, in cui l’accoglienza era considerata un atto sacro poiché si credeva che gli ospiti potessero celare entità divine.

Un dialogo tra arte e spazio

L’opera, presentata all’interno di una struttura che ha recentemente subito una ristrutturazione nel 2021 ed è entrata nella Autograph Collection, si armonizza con i dettagli d’arredo realizzati su misura. Oltre a “Xenia”, i visitatori possono ammirare anche l’affresco “The Birth of Baroque” di Adalberto Migliorati, che celebra i capolavori del celebre artista Gian Lorenzo Bernini.

Progetti futuri

Durante l’evento di presentazione, Antonio Nocera ha rivelato di essere già al lavoro su una nuova serie di dipinti che saranno esposti al Sina Villa Medici di Firenze, sottolineando il legame speciale che ha con la città.

Questa opera non solo arricchisce l’esperienza dei visitatori dell’hotel, ma offre anche una web-app gratuita per esplorare i cenni storici legati a Bernini e un itinerario virtuale per visitare le opere d’arte dal vivo, unendo tradizione e innovazione tecnologica.

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Cultura

Il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere: un gioiello archeologico del culto di Mitra

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Il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere, scoperto nel 1922, è uno dei più importanti templi dedicati al culto di Mitra in tutto il mondo. Situato vicino all’Anfiteatro Campano e al Museo Archeologico dell’antica Capua, rappresenta una testimonianza unica del mitraismo, un culto misterico molto diffuso durante l’Impero Romano.

La diffusione del culto di Mitra a Capua

Il culto di Mitra giunse a Capua durante il II secolo d.C., probabilmente portato dai gladiatori orientali che praticavano il mitraismo. Questo culto, di origine persiana, si era diffuso in tutto l’Impero grazie ai soldati romani stanziati nelle province orientali. Capua, con la sua vivace comunità gladiatoria, divenne un importante centro per il mitraismo, grazie anche alla presenza dell’Anfiteatro Campano, uno dei più grandi dell’epoca.

La struttura del Mitreo

Il Mitreo si trova in una struttura sotterranea, tipica dei templi mitraici, accessibile tramite una rampa di scale. La sala principale, lunga circa 12 metri, ha una volta a botte e lungo le pareti laterali sono presenti i posti a sedere per gli adepti. Il cuore del tempio è la raffigurazione della Tauroctonia, un affresco in cui Mitra viene rappresentato nell’atto di sacrificare un toro, simbolo di rigenerazione e fertilità.

Il simbolismo della Tauroctonia

La Tauroctonia è il simbolo centrale del culto mitraico. Nell’affresco, Mitra, vestito con un mantello svolazzante e il tipico berretto frigio, uccide un toro sacro con un pugnale. Intorno a lui sono rappresentati diversi elementi simbolici: il Sole, che osserva la scena, e i Dadofori, Cautes e Cautopates, che simboleggiano il ciclo del giorno e della notte. La scena è completata da animali come il cane, lo scorpione e il serpente, che aiutano Mitra nella sua impresa.

Funzione del Mitreo e i riti misterici

Il Mitreo era il luogo dove si svolgevano i riti misterici legati al culto di Mitra. Solo gli uomini potevano partecipare a queste cerimonie, che prevedevano un’iniziazione articolata in sette fasi. L’atmosfera del tempio, con la sua volta stellata e i lucernari che lasciavano filtrare la luce, creava un ambiente mistico che richiamava la grotta in cui, secondo il mito, Mitra aveva ucciso il toro.

Il declino del Mitraismo

Il Mitraismo raggiunse il suo apice tra il II e il IV secolo d.C., ma iniziò a declinare con l’avvento del Cristianesimo. Sebbene fosse un culto molto diffuso tra i soldati romani e le classi popolari, non riuscì a competere con la crescita del Cristianesimo, e fu definitivamente soppresso con l’imperatore Teodosio nel 394 d.C. Oggi, il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere rimane uno dei templi meglio conservati, offrendo una finestra unica su questo antico culto.

Importanza archeologica e turistica

Dal 2014, il Mitreo, insieme all’Anfiteatro Campano e al Museo Archeologico dell’antica Capua, è gestito dal Polo Museale della Campania, attirando visitatori e studiosi da tutto il mondo. La sua rilevanza storica e culturale lo rende una tappa imperdibile per chi vuole esplorare le radici del Mitraismo in Italia.

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Cultura

La scena techno napoletana in lutto: addio a Rino Cerrone, maestro e pioniere della musica elettronica

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Il mondo della techno napoletana ha perso uno dei suoi padri fondatori, Rino Cerrone (nella foto a sx assieme a Capriati) , scomparso all’età di 52 anni. Il celebre produttore e DJ, considerato una leggenda nel panorama internazionale del nightclubbing, ha lasciato un segno indelebile nella scena musicale. Joseph Capriati, uno dei suoi più noti discepoli, ha espresso il proprio dolore sui social, ricordando Cerrone come un maestro e un amico, capace di supportarlo nei momenti difficili e di insegnargli tutto sulla musica.

L’eredità musicale di Rino Cerrone

Cerrone, nato nel 1972, ha influenzato generazioni di DJ, tra cui Marco Carola, Danilo Vigorito, Markantonio e lo stesso Capriati. Insieme, questi artisti hanno proiettato la scena techno napoletana sul palcoscenico internazionale. I set di Cerrone erano caratterizzati da una fusione unica di techno e progressive, con sonorità che mescolavano la precisione della techno tedesca, la magniloquenza di quella svedese e l’energia del rave londinese. Il suo stile, pur complesso, aveva radici profonde nella cultura partenopea, con un approccio che riusciva a fondere ritmi serrati ed eleganza.

Una carriera globale, ma con il cuore a Napoli

Durante la sua carriera, Cerrone ha girato il mondo, suonando a Berlino, Amsterdam, Giappone e Sudamerica. Nonostante il suo successo internazionale, ha sempre mantenuto un legame speciale con Napoli, partecipando regolarmente a eventi locali. La sua techno era apprezzata per la sua raffinatezza e la capacità di coinvolgere il pubblico con un ritmo travolgente e una tecnica impeccabile, come dimostrato dai suoi set con tre piatti che sfumavano i confini tra i generi.

Il rapporto speciale con Joseph Capriati

Il legame tra Joseph Capriati e Cerrone era quello di un fratello maggiore e maestro. Capriati ha ricordato come da giovane lo considerasse un idolo, aspettando ore solo per assistere alle sue performance all’Old River. Il loro legame si è trasformato in una profonda amicizia, con Cerrone sempre pronto a offrire supporto e consigli, tanto da diventare una figura di riferimento nella vita e nella carriera di Capriati.

Il lutto nella club culture

La scomparsa di Cerrone ha lasciato un vuoto enorme nella scena della club culture. Mentre il dolore è palpabile tra i colleghi e fan, il ricordo della sua musica e della sua persona continuerà a vivere, come desiderava lo stesso Cerrone. Nonostante la tristezza, è probabile che i fan lo onoreranno facendo ciò che lui amava di più: ballare.

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