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Capire la crisi Ucraina

A che serve la guerra ucraina? La guerra ucraina a chi serve?

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Finora ci siamo battuti contro la guerra ucraina, sviluppando ragionamenti, analizzando documenti, valutando gli atti politici della miriade di Stati coinvolti. Non solo i belligeranti, dunque, ma anche USA –con la NATO sotto la piena influenza di Washington- e UE, di cui l’Italia è parte attiva. Ed anche la Cina e l’India, la Turchia, il Giappone, l’Iran, il Venezuela. Insomma ci siamo occupati, nel nostro libro non meno che nel dibattito pubblico, degli attori in campo che, pur lontani dalla battaglia armata, sviluppano comportamenti di guerra e fanno di questo il primo conflitto mondiale di nuovo tipo. Ibrido, transcalare, combattuto:

  1. Con le armi, nelle steppe ucraine appunto, in via diretta dall’esercito e dalle milizie kievane, ed altresì in via indiretta dal “fronte Biden”, un’alleanza liderata da Washington e composta da una quarantina di Stati che hanno sostenuto lo sforzo bellico ucraino con decine di miliardi di dollari: per armamenti e supporti addestrativi e tecnologici, soprattutto, come pure, in parte, di sostegno a un Paese la cui economia è crollata di 1/3 in quest’anno di guerra.
  2. Con le sanzioni, bloccando l’interscambio di migliaia di prodotti tra Mosca e il resto del mondo che si riconosce nel “fronte Biden”, mettendo in mora le politiche energetiche e alimentari di mezzo mondo, e inibendo gli ingranaggi finanziari che assicuravano il funzionamento dell’economia internazionale russa.

Abbiamo sostenuto, chiedendoci a che serve questa guerra, che il conflitto –al netto delle retoriche sui valori vaghi e universalistici tipo “difesa della libertà”- non serve agli ucraini, che soffrono e muoiono e fuggono dal loro Paese distrutto. Non serve alla Russia, che porta la terribile responsabilità dell’aggressione e paga un prezzo senza ritorno con la vita dei propri soldati mandati al macello e una intollerabile crescita del cancro russofobo nel mondo. Men che meno serve all’Europa, che si impoverisce con l’inflazione e la stagnazione. Senza dimenticare l’emersione di conflitti latenti –come quello tra Francia e Germania -che certo non giova né al prestigio né alla tenuta dell’UE- oppure di nuovi conflitti, come quello tra la Turchia e la Svezia, che nel suo accesso alla NATO si vede sbarrate il passo da Ankara. La quale reclama un atteggiamento repressivo nei confronti dei curdi rifugiati in terra scandinava: curdi che vengono considerati “terroristi” dai turchi, né più né meno.

Questa guerra infinita serve certo agli Stati Uniti, che probabilmente con una certa superficialità, seguono due strategie di indebolimento:

  1. Indebolimento dell’Europa, che si traduce in una limitazione dell’autonomia politica ed economica dell’Unione, con una tragica rottura delle relazioni cooperative con la Russia, segnatamente sul piano strategico ed energetico, non meno che sul piano tecnologico e culturale. In questo modo aumenta la dipendenza di Bruxelles da Washington e si blocca lo storico processo geopolitico dell’Heartland, temutissimo da Washington, che consiste nell’assemblaggio tra la sterminata Russia e l’Europa. Un’Europa che sarebbe poi null’altro che una metonimia della Germania (il tutto per una parte) visto che il geografo inglese Halford Mackinder, al quale si deve il termine agli inizi del secolo scorso, aveva in mente proprio Berlino, preoccupato per la tenuta dalla supremazia britannica, assicurata dal controllo assoluto dei mari.
  2. Indebolimento della Russia, sul duplice piano della potenza militare che potrebbe essere pericolosa per l’Occidente, e dell’alleanza eventuale con la Cina. E ciò, in vista del big game dell’Indo-Pacifico -ne abbiamo parlato su questo giornale nei giorni scorsi- di cui la guerra ucraina, in fondo, non sarebbe che un feroce preludio.

Con la scoperta delle filiere corruttive nel Governo stesso di Kiev, e addirittura nel primo cerchio del Presidente Zelensky, siamo ora a chiederci: a chi serve questa guerra? I fatti che sono venuti precisandosi nella giornata di ieri, 24/1/2023, sono noti. Figure politiche di primo piano, altissimi funzionari, magistrati, sono accusati di corruzione. Tra questi, i vice-ministri delle infrastrutture (palazzi crollati, fabbriche disintegrate, ponti, strade, porti e ferrovie scardinati) e, nientemeno, della difesa (condotta della guerra, forniture di armamenti occidentali). Ma anche i governatori di 5 regioni, tra cui Kiev, e il vice-procuratore generale Symonenko. Si indaga per ora, a quanto pare, su un malloppo di 13 miliardi di grivnie ucraine, equivalenti a qualcosa come 380 milioni di €.

Intendiamoci: la fabbricazione delle notizie avviene nello spazio epimediale, un’estensione lattiginosa, dove si mescolano verità e menzogna, anche attraverso “trattamenti” sapientemente omissivi degli eventi. Uno spazio grigio dove l’informazione serve la comunicazione, invertendo il canone mediale che vuole la comunicazione al servizio dell’informazione. Vogliamo dire, con ciò, che l’emersione delle figure corrotte –e, ancor più, delle filiere corruttive- pur registrata dal sistema dei media, circola a fatica, con scarso impatto sulla pubblica opinione. Il rischio è che rimanga sostanzialmente opaca e ad essa venga dato non il rilievo sismico che merita, ma un’importanza modesta, pronta a sparire nel mare magnum della mediatizzazione della guerra armata.

Come a dire: e allora? Sapevamo che l’Ucraina era il Paese più corrotto e inaffidabile d’Europa: 122mo classificato su 180 nell’indice di Transparency International. Sapevamo della morsa degli obliqui oligarchi sulle istituzioni, l’economia e la società ucraine. Mica si poteva d.a.v.v.e.r.o. pensare che tutto sarebbe sparito, così, di fronte alle bare, alle distruzioni, agli ospedali intasati, alle scuole chiuse, ai milioni di profughi, donne e bambini che scappano al rombo dei missili russi. Sicché, potrà bastare il trucchetto su cui troppo spesso si fonda quella che N. Luhmann chiamava “la realtà dei media”, il trucchetto elementare per il quale basta non parlare di una faccenda perché quella faccenda non esista. E quindi non chiediamoci, come avremmo dovuto fare già dal 24 febbraio 2022, chi c’è a Kiev, chi dirige questa interminabile guerra, per quali scopi politici “nazionali” o “ideologici”, per quali interessi personali. Ora però questo atteggiamento non è più possibile. Ora la televisione cerimoniale di Zelensky che, abbiamo appreso, va anche a Sanremo, non basta più a coprire segreti che non si vogliono vedere ma che il popolo ucraino conosce tristemente. Ora il silenzio mediatico non basta più a silenziare il fatto che un sistema di potere opaco e non si sa quanto tentacolare sta gestendo sul terreno una guerra mortifera e carica di conseguenze a breve, medio e lungo termine per il mondo intero. Il silenzio, ora, diventa complicità.    

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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“Operazione Mida”, l’inchiesta che scuote Kiev: water d’oro, sacchi di banconote e l’ombra di Zelensky sull’amico Mindich

Scandalo in Ucraina: Timur Mindich, stretto alleato di Zelensky, al centro dell’“Operazione Mida”. L’inchiesta anticorruzione scopre lusso sfrenato, tangenti per 86 milioni e una fuga all’estero.

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Un water d’oro massiccio, un bidet d’oro, e cucine piene di sacchetti di banconote da 200 euro. Sono le immagini più sfrontate dell’“Operazione Mida”, l’inchiesta che sta travolgendo l’Ucraina e mettendo in imbarazzo il presidente Volodymyr Zelensky.
Gli investigatori della NABU, l’agenzia anticorruzione di Kiev, hanno scoperto nella villa di Timur Mindich, l’uomo chiave dell’indagine, un patrimonio di lusso e sfarzo che stride con la crisi energetica del Paese, mentre milioni di ucraini vivono al buio per i bombardamenti russi.

Nella stessa abitazione — secondo quanto riportano i media — sarebbe stato visto anche Zelensky, che nel 2021 vi avrebbe festeggiato un compleanno, un dettaglio che oggi pesa come un macigno politico.


Chi è Timur Mindich, l’amico potente del presidente

Timur Mindich, 46 anni, nato a Dnipro, è stato per anni uno degli uomini più influenti e protetti del Paese.
Protetto a lungo dal “re degli oligarchi” Ihor Kolomoyskyi — oggi in carcere per riciclaggio — Mindich ha costruito un impero che spazia dai fertilizzanti ai diamanti, dalla finanza ai media, accumulando una ricchezza leggendaria e un potere trasversale.

È stato cofondatore della società di produzione Kvartal 95 insieme a Zelensky, la fucina che lanciò la carriera televisiva e politica dell’attuale presidente.
Secondo l’accusa, fu proprio Mindich a presentare a Zelensky l’oligarca Kolomoyskyi, poi tra i principali finanziatori della sua campagna elettorale nel 2019.

Oggi, lo stesso Mindich è l’uomo da cui Zelensky deve prendere le distanze. Il presidente ha promesso “pulizia totale” e sanzioni personali per gli imputati, ma le ombre dei legami personali restano.


L’inchiesta “Operazione Mida”: 86 milioni di euro in tangenti

L’indagine della NABU e della procura anticorruzione SAPO descrive Mindich come l’architetto di uno schema corruttivo da 86 milioni di euro, pari al 10-15% di ogni contratto energetico gestito da società pubbliche ucraine.
Un sistema tanto redditizio quanto cinico, in un Paese stremato dalla guerra.

Secondo i magistrati, Mindich “controllava l’accumulo, la distribuzione e il riciclaggio dei fondi illeciti nel settore energetico”, sfruttando le sue “relazioni amichevoli con personalità ai vertici dello Stato”.

A lui sono riconducibili diverse nomine politiche negli ultimi governi, tra cui quella dell’ex ministro della Giustizia German Galushchenko e dell’ex vicepremier Oleksiy Chernyshov, già rimosso per corruzione.

Fonti del Kyiv Independent sostengono che l’influenza di Mindich fosse tale da aver ispirato il tentativo del governo, lo scorso luglio, di ridimensionare i poteri della NABU, proprio mentre l’agenzia stava indagando su di lui.


La fuga e la soffiata dall’interno

Mindich è riuscito a fuggire il 10 novembre, meno di 24 ore prima della notifica ufficiale dell’indagine.
Secondo le autorità, avrebbe beneficiato di una soffiata interna: sarebbe stato avvisato da un alto funzionario della procura speciale anticorruzione, Andriy Synyuk, ripreso in video mentre incontrava un avvocato vicino all’imprenditore.

L’amico fuggitivo avrebbe quindi lasciato il Paese diretto in Israele, una delle sue mete frequenti, nonostante il divieto di espatrio per gli uomini in età da leva.

Già a giugno, la NABU aveva arrestato un parente di Mindich, Leonid Mindich, sorpreso mentre cercava di espatriare con 14 milioni di euro provenienti da una compagnia energetica di Kharkiv.


Zelensky nel mirino dell’opinione pubblica

Lo scandalo travolge l’immagine di Volodymyr Zelensky, che ora si trova a dover dimostrare di non aver mai coperto o favorito il suo ex socio.
La sua promessa di “tolleranza zero” contro la corruzione rischia di essere compromessa dal fatto che Mindich viene ancora definito, sui media internazionali, “stretto alleato del presidente”.

Mentre la guerra continua a devastare il Paese, l’Ucraina deve ora affrontare un’altra battaglia: quella contro il potere marcio e il denaro facile che hanno infettato le sue istituzioni.
E il paradosso è tutto nel nome dell’inchiesta, “Operazione Mida” — come il re che trasformava in oro tutto ciò che toccava.
Solo che, stavolta, quell’oro è il simbolo di un Paese che rischia di perdere la sua credibilità nel momento più fragile della sua storia.

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Ucraina, scandalo corruzione scuote il governo Zelensky: coinvolti ministri e alti funzionari

Scandalo corruzione in Ucraina: indagati ministri e funzionari vicini a Zelensky per mazzette milionarie legate al settore energetico. Dimissioni e arresti scuotono il governo.

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Un terremoto politico senza precedenti scuote Kiev. L’Ucraina è travolta da una “mani pulite” che colpisce ministri, dirigenti pubblici e uomini molto vicini al presidente Volodymyr Zelensky, accusati di corruzione e arricchimento illecito per centinaia di milioni di euro.
L’inchiesta, guidata dal National Anti-Corruption Bureau (NABU) e dal Specialized Anti-Corruption Prosecutor’s Office (SAPO), ha messo nel mirino alti funzionari della Energoatom, la compagnia statale che gestisce le centrali nucleari, e diversi esponenti del governo.

Lo scandalo esplode in un momento critico per il Paese: mentre l’esercito russo avanza nel sud-est e milioni di cittadini restano al buio per i bombardamenti sulle infrastrutture energetiche, l’opinione pubblica scopre che a Kiev i corrotti conducevano vite da nababbi.

Come possiamo rischiare la vita in trincea, se i funzionari a Kiev rubano alle nostre spalle?”, aveva denunciato qualche settimana fa un ufficiale del Donbass.


Dimissioni a catena e inchieste a tappeto

Nelle ultime ore, le conseguenze politiche si sono moltiplicate.
La ministra dell’Energia Svitlana Grynchuk (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato le proprie dimissioni in un post su Facebook, seguita dal ministro della Giustizia German Galushchenko, che fino a luglio guidava lo stesso dicastero energetico.
Zelensky, finora accusato di eccessiva protezione verso i suoi collaboratori, ha cambiato linea, chiedendo pubblicamente che le indagini vadano avanti senza eccezioni.

Il presidente, secondo la stampa ucraina, non può più permettersi di difendere i suoi uomini, anche per il crescente malcontento popolare.
Come sottolinea il Kyiv Independent, la stampa — dopo anni di silenzio in nome dell’unità nazionale — ha rotto gli indugi e pubblica ora inchieste e dettagli esplosivi sui responsabili del sistema di tangenti.


Gli indagati e la fuga del “padrino” di Zelensky

Secondo il quotidiano Ukrainska Pravda, al centro della rete corruttiva c’è Timur Mindich, figura chiave nel passato del presidente.
Produttore televisivo e mentore di Zelensky ai tempi della sua carriera artistica, fu con lui tra i fondatori della Kvartal 95, la compagnia di produzione che lo rese famoso.
Mindich sarebbe fuggito all’estero poco prima dell’arresto, avvertito da una soffiata.

Tra gli altri indagati figurano l’ex vicepremier Oleksiy Chernyshov e l’ex ministro della Difesa Rustem Umerov, fino a ieri segretario del Consiglio di sicurezza nazionale.
Secondo le procure anticorruzione, otto dirigenti sono formalmente incriminati per corruzione, abuso d’ufficio e arricchimento illecito.
Le accuse sarebbero supportate da intercettazioni in cui gli imputati discutono mazzette e appalti truccati, usando linguaggi in codice.

Tra i nomi emersi, quello di Ihor Myroniuk, alias “Rocket”, ex assistente dell’avvocato Andrii Derkach, oggi senatore a Mosca e accusato in patria di alto tradimento.
Dalle carte risulta anche il pagamento di 1,2 milioni di dollari e 100.000 euro all’ex vicepremier Chernyshov, soprannominato “Che Guevara”, già costretto alle dimissioni a giugno.
Almeno cinque dei principali sospetti sono stati arrestati.


Mazzette sull’energia e mancate difese contro i bombardamenti

Secondo le indagini, la rete di corruzione prevedeva una tangente fissa tra il 10 e il 15% delle entrate annuali delle società fornitrici di Energoatom, un sistema che avrebbe fruttato decine di milioni di dollari ogni anno.

Dalle intercettazioni emerge anche un aspetto ancor più grave: i responsabili avrebbero ritardato o ostacolato l’installazione delle misure di protezione per le centrali energetiche contro gli attacchi russi, scegliendo appaltatori disposti a pagare bustarelle pur di ottenere i contratti.
Un fatto che, se confermato, rischia di scatenare l’indignazione dell’intera nazione, già provata da due anni di guerra e sacrifici.


Zelensky sotto pressione

Lo scandalo mette in luce uno dei punti deboli storici del presidente Zelensky: la difficoltà a liberarsi della vecchia cultura del malgoverno ereditata dai tempi sovietici.
Dopo aver tentato lo scorso luglio di sciogliere NABU e SAPO, gli stessi organismi che oggi stanno portando alla luce le tangenti, il capo di Stato è stato costretto a fare marcia indietro di fronte alla rabbia dell’opinione pubblica.

Ora la sua immagine di riformatore è in bilico: la “mani pulite” ucraina potrebbe diventare la prova politica più difficile del suo mandato, proprio mentre Kiev continua a chiedere all’Occidente aiuti economici e militari per resistere alla Russia.

Il messaggio dei cittadini è chiaro: prima di vincere la guerra esterna, l’Ucraina deve vincere quella interna contro la corruzione.

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Ue, accordo tra Consiglio e Parlamento per accelerare gli investimenti nella difesa con il piano ReArm Europe

Accordo provvisorio tra Consiglio e Parlamento Ue per introdurre un quadro che renda più rapidi e coordinati gli investimenti nella difesa europea. Il piano ReArm Europe punta a rafforzare la capacità militare dell’Ue entro il 2030 e include anche l’Ucraina.

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Accordo provvisorio tra il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo per introdurre un nuovo quadro normativo capace di rendere più rapidi, flessibili e coordinati gli investimenti legati alla difesa all’interno del bilancio comunitario. Si tratta di un passaggio decisivo per l’attuazione del piano “ReArm Europe”, noto anche come Piano di Preparazione 2030, che mira a rafforzare la capacità militare e tecnologica dell’Europa.

L’obiettivo: una difesa comune più pronta e moderna

L’intesa tra i co-legislatori europei segna un momento chiave nel percorso verso una maggiore prontezza alla difesa entro il 2030. Il piano punta a rafforzare la base industriale e tecnologica europea del settore militare, consentendo agli Stati membri di investire in maniera coordinata nelle nuove tecnologie e nella produzione di sistemi avanzati.

Il ministro della Difesa danese Troels Lund Poulsen, presidente di turno dell’Ue, ha sottolineato come questo accordo rappresenti “un importante traguardo nell’attuazione del piano ReArm Europe”. Ha inoltre ribadito la necessità di massimizzare gli investimenti nelle tecnologie a duplice uso per garantire la sicurezza collettiva europea, “insieme in Europa e con l’Ucraina”.

L’Ucraina associata al Fondo Europeo per la Difesa

Tra i punti centrali dell’accordo figura la partecipazione dell’Ucraina al Fondo Europeo per la Difesa, che apre nuove possibilità per la collaborazione nel campo della ricerca e sviluppo militare. Le imprese ucraine potranno così prendere parte a progetti europei congiunti e beneficiare dei programmi di finanziamento Ue.

Anche la ministra danese degli Esteri Marie Bjerre ha definito l’intesa “un messaggio forte” che testimonia come “l’Europa sia determinata a investire nella propria sicurezza e a rimuovere ogni ostacolo in questa direzione”.

Le modifiche ai programmi europei e il ruolo di Horizon Europe

L’accordo mantiene la proposta della Commissione Europea di semplificare e accelerare gli investimenti nel comparto della difesa attraverso la modifica di cinque regolamenti Ue: Digital Europe Programme, European Defence Fund, Connecting Europe Facility, SStep e Horizon Europe.

In particolare, Horizon Europe estenderà il proprio sostegno finanziario anche alle imprese legate alla difesa e al duplice uso, mantenendo in larga misura le regole di ammissibilità già previste per strumenti come il prestito Safe e il programma di difesa Edip.

Il piano ReArm Europe rappresenta dunque una svolta strategica per la sicurezza del continente, rafforzando l’autonomia tecnologica dell’Unione e consolidando la cooperazione militare con i partner europei e internazionali.

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