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Cultura

A 40 anni da sequestro, prigionia e uccisione “Moro. Il caso non è chiuso”. L’ex ministro Fioroni spiega perchè

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“Moro, il caso non è chiuso. La verità non detta” edito da Lindau è un libro che lascia aperti mille nuovi interrogativi sul rapimento, la prigionia e l’uccisione dello statista Dc Aldo Moro negli anni più bui della nostra Repubblica. Gli autori sono la giornalista Maria Antonietta Calabrò (ha lavorato 30 anni al Corriere della Sera) e Giuseppe Fioroni, medico con la passione per la politica, nato democristiano, di formazione democristiana, oggi esponente Democrat, per oltre 20 anni deputato, dal 2006 al 2008 ministro della Pubblica Istruzione. L’ultimo incarico importante assunto e portato a termine da Fioroni è stato quello di presiedere la “Commissione Parlamentare di Inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro”.

È anche dai lavori di questa Commissione Bicamerale istituita nel maggio del 2014 con legge che nasce questo libro (e altri lavori editoriali di buona fattura)  che provano a fare luce sul sequestro cruento di Aldo Moro. La Commissione infatti il 6 dicembre del 2017, dunque alla fine della legislatura passata, ha licenziato una relazione condivisa da deputati e senatori. Relazione che se volete è consultabile sul sito della Camera dei Deputati.  Fioroni e la Calabrò stanno girando in lungo e in largo la Penisola non tanto per il legittimo sentimento di far conoscere la loro opera editoriale quanto piuttosto per provare a far ragionare chi li ascolta. Perché loro, più di ogni altro, con argomentazioni serie e colte, dimostrano che Moro fu ucciso da forze oscure che hanno fermato la crescita civile e democratica di un Paese che già faticava, in quegli anni, erano gli anni ’70,  ad allargare la base democratica del consenso e della partecipazione di forze politiche al governo del Paese. Gli effetti dell’omicidio Moro, sostiene Fioroni “ancora oggi li paghiamo se guardiamo all’incapacità della classe dirigente di riconoscere e rispettare le altre forze politiche avversarie e condividere i valori fondanti della democrazia italiana. A partire dalla Costituzione”. Comunque, “Moro, il caso non è chiuso” fa tappa sull’isola d’Ischia, a Casamicciola. La rassegna è “libri sotto le stelle”, un format di successo dell’estate isolana. L’organizzazione è della famiglia Mattera (Ambrogio Mattera e il figlio Ottorino Mattera), operatori turistici che tengono alla loro terra, investono anche in cultura sull’isola.

Fioroni parla di Aldo Moro davanti ad almeno 300 persone, tutte sedute. Tutti attentissimi. Gli altri relatori sono il presidente della Università Telematica Unipegaso, Danilo Iervolino, e l’ex segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, il sindaco di Casamicciola, Giovan Battista Castagna. A moderare e provocare il dibattito la giornalista Mediaset, Annamaria Chiariello. Media partner il Golfo (il quotidiano dell’isola) ed Isola Verde Tv che ha trasmesso in diretta il dibattito. Mattatore del dibattito, com’era ovvio che fosse, Giuseppe Fioroni. Epperò gli altri relatori hanno dato un contributo importante a tratteggiare la figura di Aldo Moro, l’attualità del suo pensiero e a provare a capire perché fu ucciso, chi aveva interesse ad uccidere l’uomo politico più acuto degli anni 60 e 70.  La domanda più scontata, ma forse quella che tutti vorrebbero fare a chi come Fioroni ha studiato migliaia di documenti, audito uomini dei servizi segreti italiani e stranieri, politici, sentito in carcere persino boss mafiosi e camorristi come Raffaele Cutolo, è chi ha ucciso il Presidente della DC Aldo Moro in via Fani. Chi ha trucidato, per rapire Moro, i carabinieri Domenico Ricci ed Oreste Leonardi, e i tre poliziotti dell’auto di scorta Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi? In quella che sembra una azione terroristica da manuale, c’era solo l’organizzazione delle Brigate Rosse? Chi ha gestito davvero una prigionia durata 55 giorni? Che cosa c’è e chi c’era dietro queste Brigate Rosse che in 55 giorni emanano nove comunicati in cui umiliano l’uomo, il politico, celebrano un processo farsa, fanno richieste allo Stato, poi eseguono una sentenza di morte con modalità spietate? Fioroni spiega che su alcune vicende è tenuto ad osservare il segreto ma non ha difficoltà a spiegare che “se la democrazia italiana si ritrova nell’impasse che è davanti agli occhi di tutti, è una conseguenza anche dell’assassinio di Aldo Moro, avvenuto quarant’anni fa, il 9 maggio del 1978”. “Vede – racconta Fioroni a chi lo ascolta in piazza – se Moro è stato rapito e ucciso è proprio per quello che ha rappresentato sul piano dei valori della politica. Per le Br e per tutti i terroristi i veri nemici non sono quelli che gestiscono il potere, ma quelli che hanno la forza delle idee, la forza di un pensiero che sa trasformarsi in azione e riforme. Moro era un gigante della politica. Aveva percepito con decenni d’anticipo che la Repubblica fondata sulle forze costituenti era entrata in una fase discendente e si stava scavando un pericoloso distacco tra i cittadini e la politica. D’altronde lo scenario di quegli anni vedeva, da una parte, una Dc costretta a vincere sempre e quindi sempre più seduta sul potere e incapace di progettare e riformarsi; dall’altra, un Pci ridotto a vendere chiacchiere nell’impossibilità di andare al governo, che generava nei suoi militanti un senso di alienazione e frustrazione. A fronte di questa situazione, Moro era l’architrave del disegno di rigenerazione della democrazia italiana. Moro queste cose le aveva colte oltre 40 anni fa”. Dunque, chiede la giornalista, a giudicare da quel che lei dice, Moro non fu ucciso perché avrebbe voluto il compromesso storico con i comunisti, come qualcuno semplicisticamente spiega quella uccisione? “Ha ragione lei – spiega Fioroni -. Liquidare quell’assassinio, riducendolo alla formula del “compromesso storico”, impedisce di cogliere l’ampiezza e la profondità della sua visione. L’obiettivo di Moro era quella che lui stesso definiva “democrazia integrale” e il cui presupposto era lo sblocco del sistema democratico. Il suo era un pensiero lungo, profetico. I brigatisti e altri ne capiremo il pericolo e lo uccisero”. Terroristi che hanno dunque interrotto un cammino della Repubblica verso una democrazia più matura, meno rissosa, più capace di condividere i valori di fondo, le ragioni dello stare insieme piuttosto che le divisioni, spiega il Presidente di Unipegaso, Danilo Iervolino. “Le conseguenze di quel dramma lo possiamo cogliere ancora oggi, il guado in mezzo al quale ci troviamo è anche il risultato della mancata rigenerazione della democrazia che Moro aveva immaginato e a cui stava lavorando. Dopo la sua uccisione – conclude Iervolino – ci si è tornati ad arroccare ciascuno nelle rispettive paure. A quella che si è soliti definire Seconda Repubblica è mancato proprio un autentico progetto politico di allargamento della democrazia. Ci si è illusi che bastasse cambiare la legge elettorale”. Condivide l’analisi di Danilo Iervolino anche l’ex segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. “Moro aveva individuato un modello di democrazia che avrebbe portato gli italiani a votare con la consapevolezza che la politica è qualcosa di indispensabile perché nei partiti si riescono a scorgere valori e progetti. Certo, poi si sceglie anche qualcuno che concretamente deve portarli avanti, ma se si riduce tutto soltanto alla scelta di qualcuno – com’è accaduto – allora la politica diventa un mero scambio utilitaristico: c’è qualcuno che chiede e qualcuno che dà”. Insomma dopo cinque processi, quattro commissioni stragi, la commissione sulla P2 e la commissione Bicamerale presieduta da Fioroni, ancora siamo alla ricerca di una verità su questo omicidio.

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Cultura

Al via a Napoli la terza edizione di “CasaCorriere festival”

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Da domani al 3 dicembre torna a Palazzo Reale di Napoli CasaCorriere Festival. L’evento, organizzato da Corriere del Mezzogiorno, dedica la sua terza edizione ad approfondire il tema Etica – Il coraggio delle scelte, declinato in tutti i suoi aspetti politici, economici, sociali, culturali e sportivi. “L’agenda 2030 pone degli obiettivi sfidanti e non più procrastinabili”, dichiara Enzo d’Errico, responsabile di Corriere del Mezzogiorno. “Per raggiungere uno sviluppo integrale equo e sostenibile occorre un approccio nuovo che ponga al centro il concetto di Etica. Ecco quindi il senso e l’obiettivo di questa terza edizione di CasaCorriere Festival: disegnare insieme il Sud delle best practice e delle sfide non ancora vinte.

Un Sud che non si accontenta di resistere, ma fa la sua parte da protagonista”. Sindaci, ministri, esponenti dell’imprenditoria e della società civile del Sud intervistati dalle firme più autorevoli di Corriere del Mezzogiorno e di Corriere della Sera saranno protagonisti di talk, dibattiti, laboratori e percorsi d’autore.

La tre giorni, con la direzione artistica di Laura Valente, vedrà alternarsi sui diversi palchi numerosi ospiti, come: Andrea Abodi, Roberto Andò, Viola Ardone, Paolo Benanti, Lorenzo Casini, Carlo Cottarelli, Maurizio De Giovanni, Erri De Luca, Francesca Fagnani, Raffaele Fitto, Maria Luisa Frisa, Simonetta Gola Strada, Gianluca Guida, Parisa Nazari, Matteo Piantedosi, Ermete Realacci, Gennaro Sangiuliano, Eduardo Savarese, Toni Servillo, Paola Turci, Michele Zatta con gli attori di Mare Fuori.

Ad inaugurare CasaCorriere Festival, venerdì 1° dicembre al Teatro di Corte, l’incontro L’Europa a Mezzogiorno, con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri, Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di RCS MediaGroup, in dialogo con il direttore di Corriere della Sera, Luciano Fontana. L’incontro, introdotto da Enzo d’Errico e Mario Epifani, direttore di Palazzo Reale, vedrà inoltre la partecipazione straordinaria di Eugenio Bennato con un omaggio a Napoli nell’anniversario delle Quattro giornate del ’43, l’insurrezione popolare che portò alla liberazione dall’occupazione nazista.

Nel pomeriggio alla Cappella Palatina, il primo di due dialoghi sul tema: Destra, sinistra: dove siamo, dove si va?, con la segretaria del PD Elly Schlein e Aldo Schiavone, editorialista del Corriere del Mezzogiorno, storico e autore del libro Sinistra (Einaudi). Al Teatro di Corte, chiuderà la giornata la performance drammaturgica di Aldo Cazzullo, editorialista di Corriere della Sera e scrittore, dal titolo Quando eravamo i padroni del mondo, accompagnato dall’ensemble dell’Orchestra Scarlatti Junior con il clarinettista Gaetano Russo.

La giornata di sabato 2 sarà invece aperta dallo storico Paolo Macry, editorialista di Corriere del Mezzogiorno e autore de La destra italiana (Laterza), insieme a Maurizio Maddaloni, imprenditore, presidente della Fondazione Carditello e Angelo Panebianco, politologo e saggista. In serata, al Teatro di Corte, l’evento Un*, Nessun*, centomila, dedicato alle vittime di ogni genere di violenza con la partecipazione straordinaria di Davide Costagliola, Cristina Donadio, Lucariello e i giovani detenuti del carcere di Airola, Paola Turci. Tra le novità di questa edizione, la maratona Letterarti allo Spazio Memus del teatro San Carlo, in programma sabato 2 dicembre gli incontri N di Napoli, G di Giornalismo, D come Diritti, a cui si aggiungerà in Cappella Palatina E di Emigrazione, con Erri De Luca e Simonetta Gola Strada e i laboratori: Etica per guardare il mondo, Etica per cambiare il mondo, con giovani e giovanissimi.

Chiude la tre giorni, l’incontro La politica? Il coraggio delle scelte che, domenica 3 dicembre, metterà a confronto i sindaci e rappresentanti del governo sullo stato di attuazione del PNRR. Al dibattito, condotto dal vicedirettore di Corriere della Sera Venanzio Postiglione e Enzo d’Errico, parteciperanno: Antonio Decaro, sindaco di Bari; Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, le Politiche di Coesione e il PNRR, con delega al Sud; Costanzo Jannotti Pecci, presidente Unione Industriali di Napoli; Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli; don Tonino Palmese, vicario episcopale per la Chiesa di Napoli per la giustizia e la carità; Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno. Tra gli appuntamenti di CasaCorriere Festival, confermate anche quest’anno le visite guidate straordinarie in luoghi simbolo della cultura partenopea.

 

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Cultura

La direttrice di Rai Cultura, Silvia Calandrelli: senza risorse rischiamo perdere identità culturale

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“È di queste ore l’assegnazione del budget alle varie direzioni Rai fino a giugno. Si stanno ancora definendo i dettagli, ma è chiaro che dovremo fare sacrifici, perché il taglio del canone e la riduzione delle risorse avranno un impatto. Questo desta preoccupazione non solo per la Rai, ma per tutto il sistema audiovisivo italiano. Il canone è una tassa molto odiata, ma dobbiamo trovare risorse per sostenere il settore. Il rischio che corriamo è di perdere l’identità culturale nazionale. Noi siamo custodi della lingua di Dante, non possiamo permettere di cedere il racconto di Dante, Caravaggio e Raffaello alle multinazionali. Faccio un appello: attenzione, perché da noi dipende un intero sistema”.

Lo ha detto la direttrice Rai Cultura ed Educational, Silvia Calandrelli, in audizione in commissione di Vigilanza. Calandrelli ha anche rivendicato che Rai Cultura è “nella top ten dei riscontri sui social”. “I nostri profili social sono al primo posto. La questione centrale è coinvolgere i giovani e questo dobbiamo farlo allargando il discorso a una questione di sistema – ha sottolineato -. La pandemia ha provocato un danno per i giovani, su cui c’è un grande lavoro da fare. Rai Cultura ha responsabilità, ma serve un’azione sinergica. Penso che la Rai faccia moltissimo, ma dobbiamo fare un lavoro sistemico sulla rabbia, la violenza, il rispetto dell’altro, coinvolgendo ad esempio il mondo dello sport e della musica”.

“I contenuti di Rai Cultura sono a utilità ripetuta perché possono essere replicati – ha aggiunto Calandrelli, rispondendo alle domande dei commissari -. Io tormento i miei autori perché tutti i nostri contenuti siano validati scientificamente. Oggi non abbiamo più bisogno di alfabetizzazione primaria, ma abbiamo bisogno di alfabetizzazione digitale”, anche per l’avvento “dell’intelligenza artificiale che ha una capacità generativa di contenuti”. “Noi dobbiamo intervenire fornendo strumenti utili”, ha sottolineato. “Bisogna creare centri di competenza, non possiamo più porci in maniera trasversale su tutto – ha proseguito -. Se i generi hanno un senso forte, questo è quello di creare un personale sempre più specializzato e competente”. Calandrelli ha anche risposto a una domanda sulla copertura degli spettacoli della Scala. “Non perderemo la Scala, perché abbiamo un accordo triennale – ha spiegato -. Il teatro si è organizzato con il web, ma noi abbiamo il dovere di offrire il servizio pubblico anche a chi non può accedere alla rete. Abbiamo scelto di portare la bellezza nelle case degli italiani e questa è una specificità che solo la Rai può fare”.

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Cultura

Unesco, la Carta di Napoli per la tutela del patrimonio

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Duecento delegazioni provenienti da tutto il mondo si sono ritrovate oggi, fino al 29 novembre, a Napoli nelle sale di Palazzo Reale con l’obiettivo di individuare e definire una strategia comune per la tutela del patrimonio materiale e immateriale Unesco. Le priorità della Conferenza Unesco Cultural Heritage in the 21st Century saranno contenute nella carta ‘Lo spirito di Napoli’ che sarà emanata a conclusione dei lavori. Punti centrali del documento saranno il rapporto tra beni materiali e immateriali, i cambiamenti climatici, i cui effetti hanno un impatto negativo anche sulla conservazione e tutela dei monumenti, e la lotta al traffico illecito di beni culturali che colpisce in modo particolare e “significativo”, è stato rimarcato, l’Italia e la Grecia.

Ad aprire la Conferenza, il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha sottolineato come “la preservazione della cultura in tutte le sue forme è fra le espressioni più alte di collaborazione fra gli Stati, oltre che fondamentale strumento di convivenza civile e di rispetto dell’altro. Un principio purtroppo ignorato oggi in tante parti del mondo” ed ha altresì evidenziato come “le nuove sfide quali l’interdipendenza sempre più stretta, il cambiamento climatico, l’urbanizzazione accelerata e i flussi migratori incontrollati ci impongono di attualizzare e ampliare gli strumenti di tutela del patrimonio, rispondendo all’imperativo di trasmetterlo intatto alle generazioni future”.

La Conferenza Unesco, voluta dal vice-presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, e dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, è organizzata da Maeci e MiC con il contributo del Comune di Napoli. L’appuntamento, come sottolineato dal ministro Sangiuliano, “vuole essere un grande momento di confronto e di scambio di esperienze tra governi per costruire insieme risposte concrete e condivise alle sfide del nostro tempo”, avendo come basi fondanti la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio mondiale e la Convenzione per il patrimonio culturale immateriale, “strumenti che hanno reso norma di diritto internazionale un principio essenziale: quei siti, luoghi, tradizioni e pratiche che hanno eccezionale valore per il pianeta sono sì patrimonio di uno Stato ma anche patrimonio dell’intera umanità”.

Unesco, la Carta di Napoli per la tutela del patrimonio Sangiuliano Manfredi

Tra i temi che i delegati affronteranno c’è quello della sostenibilità del turismo, fenomeno che se da un lato aiuta lo sviluppo economico dei territori dall’altro non deve snaturarne l’identità. Ed è in questa direzione cha va la proposta avanzata dall’amministrazione comunale di Napoli e che sarà contenuta del documento conclusivo della Conferenza Unesco. “Vanno individuati strumenti di regolazione dell’uso dei centri storici – ha affermato il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi – che consentano di regolare le attività commerciali e residenziali anche per fare in modo che le identità territoriali vengano preservate e che le comunità non vengano espulse dai centri storici”. Un tema, quello del sovraffollamento delle città e in particolare dei loro centri storici che attanaglia molti luoghi d’interesse a livello globale. Da qui la richiesta che gli Stati si dotino di strumenti anche legislativi per governare i flussi turistici al fine di evitare una turistificazione che modifichi per sempre la natura e l’identità dei centri storici.

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