E’ vivissima nella mente di chi ha vissuto quel momento cosa si stesse facendo in quel preciso attimo nel quale tutto cominciò e che si protrasse per 80 interminabili secondi. Chi l’ha vissuto, ricorda il gusto dei dolci che stava assaporando o il profumo che stava mettendo prima dell’uscita serale domenicale o la posizione nella quale fu svegliato nel mezzo del riposino pomeridiano, c’è chi ricorda il colore della pallina che stava lanciando al proprio cane ai giardini o l’esatta parola che stava sussurrando al proprio amore, ma ci sono persone a cui negli occhi è rimasto il terrore dei propri cari che dopo quell’istante non ha più potuto vedere e poi chi nella tranquillità di una serena domenica serale, dopo il pranzo domenicale, stava preparandosi per affrontare il giorno seguente, inizio di una settimana che sarebbe dovuta essere normale, di lavoro, di studio, identica alle altre, ma alle 19,34 di quel 23 Novembre 1980, non fu cosi. Un terremoto, anzi, IL TERREMOTO, sconvolse la vita degli abitanti di un’area vastissima del sud Italia, mietendo 2914 morti, (le stime più accreditate, ma ancora il numero preciso non si conosce, per l’enormità del numero delle persone scomparse e mai ritrovate) almeno 8900 feriti classificati tra gravi e gravissimi, oltre 300.000 sfollati una potenza devastatrice classificata, allora in scala Mercalli, come magnitudo X, che se raffrontata alla odierna scala Richter è paragonabile a 6,9 gradi, IL TERREMOTO, cambiò per sempre la percezione della vita e la vita stessa, delle popolazioni che lo subirono e di quelle che lo affrontarono in tutta l’area colpita e in tutte quelle dove non era mancato di farsi sentire e lasciare i suoi effetti.
19,34 due cifre, un orario, un titolo, quello di una intensa mostra fotografica che a distanza di 41 anni, ci riporta a quei momenti, una mostra fotografica di un’allora ventenne fotogiornalista che avrebbe poi intrapreso la strada della regia cinematografica, Antonietta De Lillo, l’autrice degli scatti in mostra presso il Museo Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ancora vive sulla sua pelle, sulle sue emozioni quei tragici momenti e lo dimostra quando nel giro che fa accompagnandoci nella mostra a tratti si commuove ricordando quelle sensazioni cosi intense mentre documentava la tragedia e a far divenire, come riesce a fare la fotografia, far divenire storia quei momenti, fissarli nel tempo, affinché non si perda la memoria di quegli attimi e di ciò che hanno significato quegli istanti, i momenti e il tempo che poi si è susseguito. Antonietta del Lillo, ci mostra ciò che Napoli, ha vissuto, in una foto, quella di una piazza Plebiscito invasa dalle auto, ma non per il traffico, ma perché quelle auto erano divenute le case degli sfollati della città, da strumenti di movimento e viaggio a rifugio dal freddo e dalla pioggia e poi le famiglie, le donne, gli anziani, su letti di fortuna che altro non erano che sdraio e sedie per la spiaggia, pochi uomini, forse impegnati a recuperare le cose nelle abitazioni oramai abbandonate o a presidiare i palazzi dagli sciacalli, o a scavare a mani nude tra le macerie. Antonietta De Lillo ci porta poi nel cratere, e da qui ci fa uscire solo dopo averci fatto comprendere quei momenti, quei visi, quelle situazioni, calandoci nelle sue sensazioni di fotografa e nelle sensazioni e nei tempi che hanno segnato quel tempo fissato sui suoi fotogrammi, documentando, come un fotogiornalista di razza sa fare l’immediato, la distruzione, il dolore, ma anche la voglia di rinascere e rimettersi in piedi, la volontà mai doma di ricostruire una quotidianità e viverla con la forza della vita che continua. La mostra raccoglie oltre cento fotografie dell’autrice, concesse dall’archivio di marechiarofilm, con un bell’allestimento museale curato dalla stessa autrice e da Francesca Pavese, che oltre a ricordare i frame cinematografici, comprende anche frasi tratte dai giornali dell’epoca, in particolare dal quotidiano Il Mattino, da servizi televisivi e un sottofondo audio che ci fa ascoltare le testimonianze e le voci dei protagonisti riprese durante quei giorni. e vede nella prima sala uno dei calchi di Pompei ai piedi di una gigantografia di uno dei paesi del cratere distrutti dal sisma.
Il percorso espositivo si chiude con l’illustrazione dei recenti studi sull’antisismica condotti con l’Università degli studi Federico II Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura (DiSt) diretto da prof. Andrea Prota.Una ricerca rivolta proprio ai temi connessi alla riduzione del rischio sismico con riferimento all’edificio museale, agli allestimenti, alle esposizioni permanenti e temporanee.
La mostra, inizialmente programmata per il quarantennale del terremoto e rimandata per il lockdown che nel novembre 2020 costrinse i musei alla chiusura, è indirizzata in particolare ai giovani e alle scuole.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo edito dal MANN con contributi del Direttore del MANN Paolo Giulierini e del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, così come di Antonietta De Lillo, Andrea Prota, Antonio De Simone, Titta Fiore, Gaty Sepe, Antonello Caporale e Giovanni Fiorentino. Nel volume, vi sono anche toccanti testimonianze di sopravvissuti.
Ph. Antonietta De Lillo
Ph. Antonietta De Lillo
Ph. Antonietta De Lillo
Ph. Antonietta De Lillo
Ph. Antonietta De Lillo
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Inaugurazione della mostra fotografica presso il museo archeologico nazionale di Napoli di Antonietta De Lillo, dal titolo 19:34 nel giorno 22 Novembre 2021. La mostra è il racconto del terremoto del 1980 che colpì soprattutto i paesi dell’entroterra campano.
Il 22 novembre si √® tenuta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) l’inaugurazione della mostra di Antonietta De Lillo sul terremoto del 1980.
Antonietta De Lillo con il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Momenti della presentazione della mostra fotografica 19,34 di Antonietta De Lillo presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra è composta da oltre 100 fotografie riprese durante i momenti immediatamente successivi il terremoto dell’Irpinia del 23 Novembre 1980.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse,
Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES.
Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli.
Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli.
Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it
E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International.
Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.
Queste sono le ultime immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della Stazione Centrale di Milano in possesso della Procura della Repubblica di Lecco diffuse dai Carabinieri che ritraggono Edoardo Galli mentre cammina sul binario dove è giunto il treno proveniente da Morbegno e mentre transita in uscita dai tornelli di sicurezza lo scorso 21 marzo.
Dopo questi istanti – spiega la nota della Procura- non ci sono, al momento, ulteriori riprese che lo ritraggono dialogare o in compagnia di altre persone ovvero nei pressi di esercizi commerciali.
Le donne ‘camici bianchi’ della Sanità italiana ancora oggi sono spesso davanti ad un bivio, quello di dover scegliere tra famiglia e carriera. Accade soprattutto al Sud e la ragione sta essenzialmente nella mancanza di servizi a sostegno delle donne lavoratrici. A partire dalla disponibilità di asili aziendali: se ne contano solo 12 nel Meridione contro i 208 del Nord. E’ la realtà che emerge da un’indagine elaborata dal Gruppo Donne del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao-Assomed, coordinato dalla dottoressa Marlene Giugliano. “Al Sud le donne che lavorano nel Servizio sanitario nazionale devono scegliere tra famiglia e carriera e per le famiglie dei camici bianchi non c’è quasi nessun aiuto. Una situazione inaccettabile alla quale occorre porre rimedio”, denuncia il segretario regionale dell’Anaao-Assomed Campania Bruno Zuccarelli.
Nelle strutture sanitarie italiane, afferma, “abbiamo 220 asili aziendali, di cui 208 sono al Nord (23 solo in Lombardia). In Campania gli asili nido su 16 aziende ospedaliere sono solo 2: Cardarelli e Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II. Il Moscati di Avellino aveva un asilo nido che è stato chiuso con la pandemia e ad oggi il baby parking dell’Azienda Ospedaliera dei Colli è chiuso. Una condizione vergognosa e desolante”. Ma i dati raccolti dal sindacato dicono anche altro: se si guarda al personale del servizio sanitario nazionale, il 68% è costituito da donne, quasi 7 operatori su 10, con un forte sbilanciamento verso il Nord dove le donne sono il 76%, mentre al Sud solo il 50%. Un divario tra Nord e Sud, quello della sanità, che “si lega alle condizioni di difficoltà che le donne devono affrontare – aggiunge Giugliano – del resto in Campania il costo medio della retta mensile di un asilo è di 300 euro, con cifre che in alcuni casi arrivano anche a 600 euro.
E nella nostra regione c’è un posto in asili nido solo ogni 10 bambini”. Per questo le donne campane dell’Anaao chiedono di essere ascoltate dalle Istituzioni regionali, così come dalle Aziende ospedaliere e Sanitarie. Tre i punti chiave sui quali intervenire, sottolineano: “creazione di asili nido aziendali che rappresentano una forma di attenzione per le esigenze dei propri dipendenti e consentono una migliore conciliazione dei tempi casa-lavoro; sostituzione dei dirigenti in astensione obbligatoria per maternità o paternità e applicazione delle norme già esistenti, come flessibilità oraria; nomina, costituzione e funzionamento dei Comitati unici di garanzia”. Sono organismi che “prevedono compiti propositivi, consultivi e di verifica in materia di pari opportunità e di benessere organizzativo per contribuire all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, agevolando l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni e favorendo l’affezione al lavoro, garantendo un ambiente lavorativo nel quale sia contrastata qualsiasi forma di discriminazione”, spiega Giugliano. In regioni come la Campania, “questi organismi hanno solo un ruolo formale, cosa – conclude l’esponente sindacale – che non siamo più disposte ad accettare”.
È costituzionalmente illegittima la previsione dell’automatica rimozione dall’ordinamento giudiziario dei magistrati finiti in vicende penali culminate con la condanna, a loro carico, a una pena detentiva non sospesa. Lo ha deciso la Consulta – esaminando il caso di un giudice coinvolto in aspetti ‘secondari’ del cosiddetto ‘sistema Saguto’ – che ha accolto una questione sollevata dalle Sezioni Unite della Cassazione alle quali si è rivolto l’ex giudice Fabio Licata.
L’ex magistrato è stato condannato in via definitiva alla pena non sospesa pari a due anni e quattro mesi per falso materiale per aver apposto la firma falsa della presidente del collegio, Silvana Saguto, con il consenso di quest’ultima, ed è stato rimosso dalla magistratura. Per effetto della decisione della Consulta, il Csm “potrà ora determinare discrezionalmente la sanzione da applicare” a Licata, compresa ancora l’opzione della rimozione, “laddove ritenga che il delitto per cui è stata pronunciata condanna sia effettivamente indicativo della radicale inidoneità del magistrato incolpato a continuare a svolgere le funzioni medesime”. Saguto, anche lei radiata dalla magistratura, e ora reclusa a Rebibbia, è stata condannata in via definitiva a 7 anni e dieci mesi di reclusione per aver gestito in modo clientelare le nomine degli amministratori giudiziari dei beni confiscati alla mafia, ottenendo in cambio anche denaro.
La Corte costituzionale – con la sentenza n. 51 depositata – ha ricordato che, secondo la propria costante giurisprudenza, la condanna penale di un funzionario pubblico o di un professionista non può, da sola, determinare la sua automatica espulsione dal servizio o dall’albo professionale. Sanzioni disciplinari fisse, come la rimozione, sono anzi indiziate di illegittimità costituzionale; e in ogni caso deve essere salvaguardata la centralità della valutazione dell’organo disciplinare nell’irrogazione della sanzione che gli compete. La norma dichiarata incostituzionale, invece, ricollegava la sola sanzione della rimozione alla condanna per qualsiasi reato, purché la pena inflitta dal giudice penale superasse una certa soglia quantitativa, finendo così per spogliare il Csm di ogni margine di apprezzamento sulla sanzione da applicare nel caso concreto.
Nel caso che ha dato luogo al giudizio, il giudice penale – rileva la Consulta – aveva irrogato una severa pena detentiva non sospesa, senza poter considerare gli effetti che tale pena avrebbe necessariamente prodotto nel successivo giudizio disciplinare. In conseguenza poi dell’automatismo creato dalla norma, neppure nel giudizio disciplinare era stato possibile vagliare “la proporzionalità di una tale sanzione rispetto al reato da questi commesso, dal peculiare angolo visuale della eventuale inidoneità del magistrato a continuare a svolgere le proprie funzioni”. E ciò pur “a fronte dell’entità delle ripercussioni che l’espulsione definitiva dall’ordine giudiziario è suscettibile di produrre sui diritti fondamentali, e sull’esistenza stessa, della persona interessata”.