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Esteri

Trump sotto impeachment: è un attacco all’America

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In una giornata drammatica per la politica americana, Donald Trump entra nella storia negli umilianti panni del terzo presidente Usa messo in stato d’accusa con la procedura di impeachment. Due i capi di imputazione: abuso di potere per le pressioni su Kiev per far indagare il suo principale rivale nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden e ostruzione del Congresso per aver bloccato testimoni e documenti. Prima di lui sono finiti a giudizio solo Andrew Johnson nel lontano 1868 e Bill Clinton nel 1998. Entrambi sono stati assolti in Senato, come succedera’ con ogni probabilita’ in gennaio anche al tycoon, che conta sulla granitica maggioranza repubblicana nella camera alta del parlamento. Richard Nixon invece si dimise nel 1974 prima del voto. Il voto della Camera arriva dopo settimane di polemiche e dopo un lungo dibattito in un ramo del Congresso saldamente controllato dai democratici. Nel giorno piu’ buio della sua presidenza, il tycoon lo ha aspettato prima nel bunker della Casa Bianca e poi tenendo un comizio in Michigan, Stato cruciale per la sua rielezione. “Lavora tutto il giorno, viene informato dallo staff su come procede l’impeachment. Segue qualche passaggio tra un incontro e l’altro”, ha assicurato la sua portavoce Stephanie Grisham. Ma Trump non ha saputo trattenere la rabbia su Twitter: “E’ terribile. Non ho fatto nulla, dite una preghiera”, ha cinguettato compulsivamente, attaccando la “sinistra radicale” e i “democratici fannulloni”. La sua bestia nera resta Nancy Pelosi, “che passera’ alla storia come la peggiore speaker”. Un seguito del durissimo scontro iniziato alla vigilia con un’infuocata lettera di sei pagine in cui Trump l’ha accusata di aver “dichiarato guerra aperta alla democrazia americana” con la “crociata” di un impeachment che e’ “un fazioso e illegale colpo di stato”, un modo per ribaltare l’esito del voto del 2016 ma che i democratici pagheranno caro nelle elezioni del prossimo anno. Una lettera “ridicola” e “triste”, ha replicato la Pelosi, ammonendo che “se consentiamo ad un presidente, qualsiasi presidente, di proseguire su questa strada, diremo addio alla repubblica e buongiorno al presidente re”. La speaker democratica ha rincarato la dose aprendo “solennemente e tristemente” il dibattito alla Camera dopo l’approvazione delle regole per gli interventi. “Trump non ci ha dato altra scelta. Quello che stiamo discutendo e’ il fatto accertato che il presidente ha violato la costituzione e resta una costante minaccia per la sicurezza del nostro Paese e l’integrita’ delle nostre elezioni”, ha denunciato, dopo aver letto accanto ad un tricolore americano il Pledge of Allegiance, il giuramento di fedelta’ alla bandiera degli Stati Uniti. “Il presidente ha abusato dei poteri del suo ufficio per ottenere un beneficio politico personale a spese della sicurezza nazionale”, ha incalzato. Nel frattempo davanti a Capitol Hill centinaia di attivisti manifestavano a sostegno dell’impeachment, dopo gli oltre 600 tra raduni e marce in varie citta’ di tutti i 50 Stati Usa, a partire da New York. “Che atroci bugie. Questo e’ un assalto all’America e al partito repubblicano”, le ha risposto su Twitter il tycoon, che mira a galvanizzare la sua base e a trasformare l’impeachment in un boomerang politico contro i democratici. I sondaggi mostrano un Paese spaccato a meta’ sulla messa in stato d’accusa ma nel frattempo il gradimento del presidente sembra salire, stando all’ultimo sondaggio di Gallup: dal 39% di quando e’ iniziata l’indagine all’attuale 45%.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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