Collegati con noi

Politica

Toh, Mattarella tuona: c’è una inammissibile commistione politici-toghe

Pubblicato

del

“Grave sconcerto e riprovazione” per “la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”. Sergio Mattarella ha usato quasi le stesse parole di un anno fa, quando scoppio’ “il caso Palamara”, per fare chiarezza istituzionale nella nebbia che ancora avvolge il Consiglio superiore della Magistratura. Una bufera che non sembra placarsi, alimentata da nuove trascrizioni di intercettazioni, che sta deragliando pericolosamente all’esterno del Csm, penetrando nei delicatissimi rapporti tra politica e giustizia, fino ad accendere un violentissimo scontro tra la Lega e le toghe in vista del processo al leader della Lega sul caso della Gregoretti. In una lunga nota in punta di diritto il presidente della Repubblica ha invitato la politica a fare presto e bene la riforma del Csm, ha spiegato ancora una volta che “non puo’ sciogliere l’organo di autogoverno dei giudici a sua “discrezione” e che se anche fosse uno scioglimento in questa fase sarebbe piu’ dannoso che utile perche’ rischierebbe di far saltare i diversi procedimenti disciplinari aperti.

“Ancora una volta il presidente della Repubblica ci indica una strada, che e’ quella migliore: se le forze politiche hanno qualcosa da ‘dire’ hanno la possibilita’ di fare una riforma. Ed e’ quello che stiamo facendo”, commenta il Guardasigilli Bonafede. La Lega con Matteo Salvini apprezza gradendo i sentimenti di “sconcerto e riprovazione” espressi da Mattarella, ed e’ evidente che la nota del Quirinale mette il turbo alle iniziative della politica per presentare una riforma organica del Csm sulla quale, peraltro, e’ gia’ da tempo al lavoro il governo. Segnali in questo senso vengono da destra e sinistra, da maggioranza e opposizione. Spinge il Pd e spinge, oltre alla Lega, anche Fratelli d’Italia che con Giorgia Meloni chiede di “riformare i criteri di composizione del CSM per mettere fine al cancro delle correnti e al mercanteggiamento di poltrone e incarichi”. La preoccupazione del capo dello Stato e’ evidente e non l’ha mai nascosta: serve “una riforma che contribuisca a restituire appieno all’Ordine Giudiziario il prestigio e la credibilita’ incrinati da quanto appare, salvaguardando l’indispensabile valore dell’indipendenza della Magistratura, principio base della nostra Carta”. Parole pesanti da parte di Sergio Mattarella, ex giudice della Consulta e presidente proprio di questo Csm che sta costringendo la politica ad una riforma della quale si parla da anni. Da tempi non sospetti, cioe’ ben prima che scoppiasse il “caso Palamara”, Mattarella denuncia “la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”.

Csm. David Ermini è il vice del presidente Mattarella al Csm

Cio’ non toglie che il presidente non voglia piu’ essere tirato per la giacchetta in territori che non gli competono. Ed oggi lo ha detto con estrema chiarezza a quanti da giorni chiedono interventi che il Quirinale considera non praticabili. “Per quanto attiene alla richiesta che il Presidente si esprima sul contenuto di affermazioni fatte da singoli magistrati contro esponenti politici va ricordato che, per quanto gravi e inaccettabili possano essere considerate, sull’intera vicenda sono in corso un procedimento penale e procedimenti disciplinari e qualunque valutazione da parte del Presidente potrebbe essere strumentalmente interpretata come una pressione del Quirinale su chi e’ chiamato a giudicare”. Ma non basta, Mattarella mette in chiaro che di vicende che riguardano le toghe parlera’ solo “nelle sedi opportune” e che rimarra’ fermamente “estraneo a dibattiti tra le forze politiche” non volendo “essere coinvolto in interpretazioni di singoli fatti” che pur sono legittimamente “oggetto del libero confronto politico e giornalistico”. Escluso infine un messaggio del presidente alle Camere come si era ventilato in ambienti giornalistici: “risulterebbe improprio un messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti. Al Presidente competera’ valutare la conformita’ a Costituzione di quanto deliberato al termine dell’iter legislativo, nell’ambito e nei limiti previsti per la promulgazione”. Parola alla politica quindi con la garanzia che il Colle vigilera’.

Advertisement

Politica

Arriva la legge italiana sull’Ia, sconti ai ricercatori

Pubblicato

del

L’Intelligenza artificiale rivoluzionerà la vita di tutti e il governo italiano vara la prima legge che comincia a mettere dei paletti per evitare che lo sviluppo della tecnologia più attesa, e allo stesso tempo più temuta, vada fuori controllo. Dall’ingresso dell’Ia nei settori della giustizia e della sanità, all’accentramento della regia a Palazzo Chigi, il provvedimento declina il regolamento europeo AI Act lasciando l’uomo al centro di ogni processo decisionale. E per attrarre gli esperti, estende le agevolazioni fiscali per i rimpatriati anche a chi ha lavorato sull’Ia all’estero. Inoltre, introduce un nuovo reato: reclusione da 1 a 5 anni per chi crea danno con Ia.

Il sottosegretario per l’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, ha spiegato che il ddl definisce chi elabora la strategia (Palazzo Chigi), chi monitora e vigila (l’Agenzia per l’Italia digitale e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale che diventano Autorità nazionali per l’intelligenza artificiale) e chi notifica e sanziona. “Crediamo che sia un prodotto di buona qualità”, ha detto Butti, “realizzato con la collaborazione di tutti” gli interessati, ministeri compresi. Tanto che, in conferenza stampa, è il ministro della Giustizia Carlo Nordio a spiegare la stretta sul codice penale che si aggiorna alla nuova tecnologia: “L’aspetto penale può essere devastante perché può creare una realtà che non è più virtuale ma reale” e allora “per questo interviene la norma penale”. E l’uso dell’Ia per alcuni reati diventa un aggravante.

Come annunciato dalla premier Giorgia Meloni già il mese scorso, l’Italia punta allo sviluppo dell’Ia con un miliardo di euro grazie all’impegno di Cdp, e in particolare di Cdp Venture Capital. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha spiegato che “si affronta anche il tema dell’impatto dell’Ia nel mondo delle imprese soprattutto tenendo conto che abbiamo oltre 4 milioni di Pmi che devono essere messe nelle condizioni di usare appieno queste tecnologie”. Il provvedimento, ha detto Urso, “indirizza un miliardo di euro del fondo innovazione al venture capital gestito da Cdp da un lato per facilitare la nascita di start up e di far crescere start up esistenti che operano nell’Ia, e dall’altro per consentire la nascita di un campione nazionale cone fanno altri paesi Ue”. Il ddl, suddiviso in 25 articoli, affida la regia sul tema a Palazzo Chigi.

Oltre a una serie di norme a tutela del diritto d’autore, altre sono pensate per guidare la diffusione dell’Ia nel mondo del lavoro, ricordando che “è al servizio della persona ed è impiegata per migliorare le condizioni di lavoro”, anche se ha come obiettivo “accrescere la qualità delle prestazioni lavorative e la produttività delle persone”. Viene poi disciplinata la sua introduzione nei diversi settori, ad esempio per semplificare e organizzare il lavoro giudiziario, precisando che il magistrato ha sempre la decisione finale “sull’interpretazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sulla adozione di ogni provvedimento”. Stesso ragionamento per sanità e pubblica amministrazione: l’Ia farà da “supporto” nei processi di prevenzione, diagnosi, cura e scelta terapeutica, lasciando al professionista sanitario ogni decisione, così come nella Pa.

Continua a leggere

Politica

Riforma Giustizia a metà maggio, le ipotesi dal vertice

Pubblicato

del

Concorsi in magistratura separati, due Csm con aumento del numero dei membri laici e il sorteggio dei togati, oltre a una modifica per la discrezionalità dell’azione penale. Sono in via di definizione le varie ipotesi sul tavolo della nuova riforma costituzionale della Giustizia, ovvero quella che prevede la separazione delle carriere dei magistrati. Dopo il vertice tecnico delle ultime ore in via Arenula, viene confermata l’intenzione (e la possibilità) del governo di presentare il provvedimento entro la prima metà di maggio, così come annunciato dal ministro Nordio. Nulla è ancora chiuso e il confronto sulle varie proposte resta aperto: non ci sarebbe quindi nulla di progettuale e sarebbero ancora in corso valutazioni.

Ma alcuni capisaldi già ci sono. Del resto meno di un mese fa il Guardasigilli aveva già sottolineato che la separazione delle carriere – la quale prevede distinti percorsi tra i magistrati giudicanti e quelli requirenti – sarà “consustanziale alla riforma del Consiglio della magistratura, quindi due Csm separati”. Ed essendo costituzionale, il provvedimento avrà un iter più lungo. Tra le ipotesi, ci sono la previsione di concorsi di accesso separati per i magistrati e dei due distinti Consigli superiori della magistratura (quella giudicante e quella requirente). Sempre secondo le valutazioni in campo, vi è l’aumento del numero dei membri laici dei Consigli, almeno un quarto nominati dal Parlamento, oltre al sorteggio dei togati.

E solo qualche giorno fa Nordio aveva auspicato che, “se domani dovessimo arrivare a una riforma costituzionale, fosse inserito il ruolo fondamentale che hanno gli avvocati”. Ancora aperto il dibattito sulla presidenza dei due Csm: anche se resta prevalente l’ipotesi che resti il presidente della Repubblica a presiederli, non si può ancora escludere l’eventualità che la scelta ricada sul primo presidente della Corte di Cassazione e sul procuratore generale presso la Corte, entrambi rispettivamente per i due distinti Consigli. Una ulteriore riflessione potrebbe essere dedicata all’esercizio dell’azione penale e alla sua discrezionalità. Il proposito potrebbe essere quello di riformare l’articolo 112 della Costituzione, in cui è attualmente prevista l’ ‘obbligatorietà’ dell’azione penale, introducendone invece la ‘discrezionalità’, la quale in questo senso attuerebbe pienamente il sistema accusatorio. E le priorità di questo esercizio potrebbero ad esempio essere stabilite per legge.

Continua a leggere

Politica

In Basilicata Bardi vince col 56,6%, Fdi primo partito col 17,3% mentre al Pd va il 13,8%

Pubblicato

del

Il candidato del centrodestra Vito Bardi è stato confermato governatore della Basilicata con il 56,63% dei voti, secondo i risultati definitivi dello scrutinio delle elezioni regionali. Piero Marrese del centrosinistra ha ottenuto il 42,16% dei consensi. Al terzo candidato Eustachio Follia è andato l’1,21%.  Fratelli d’Italia risulta il partito più votato, con il 17,39%.  Segue il Partito democratico col 13,87%.  Nella coalizione di centrodestra Forza Italia ottiene il 13,01% dei voti, mentre la Lega si ferma al 7,81% dei consensi seguita da Azione con il 7,51%. Nel centrosinistra il Movimento 5 stelle ottiene il 7,66%, dietro a Basilicata casa comune (11,18%).

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto