Siamo un paese democratico, di cultura superiore e con valori unici. Ma nessun ordinamentopuò essere perfetto, esente da abusi e distorsioni, e così possiamo assistere ad un ipergarantismo che purtroppo a volte “premia” chi delinque, oppure ad un diritto di espressione nel nome del quale qualcuno riesce a vomitare odio sui social in modo gratuito e senza risponderne. Una mitigazione di queste distorsioni ne comporta altre forse anche meno accettabili, che si possono dunque tradurre in derive giustizialiste prive di controllo o gravi limitazioni di libertà. Un equilibrio molto difficile che ci vede oscillare nei secoli tra luce ed oscurità.
Tuttavia tentare di migliorare è un imperativo anche se in verità, mai come oggi viviamo in un contesto storico dove spesso gridiamo al rigore e al rispetto da parte degli altri ma intanto vogliamo essere lasciati liberi di trasgredire le regole che noi riteniamo superflue o sbagliate a nostro personale piacimento, uso e consumo. Tutti pretendono diritti ma nessuno ne vuole sopportare il contrappeso per tutelarli.
Che la vicenda di Silvia Romano desti in questi giorni degli interrogativi tra i cittadini comuni è assolutamente legittimo, visto il radicale cambiamento della ragazza apparentemente non giustificabile, anzi contrastante con un sentimento (tutto da verificare) addirittura di ingratitudine per chi l’ha slavata e di gratitudine per chi l’ha incarcerata. Ma di qui a trarre conclusioni sulla onorabilità della ragazza, passata ed odierna, vomitandole addosso insulti violentissimi, aggravati da fake news costruite ad arte, ci dice che non siamo ancora maturi. Non tutti ovviamente.
Silvia Romano. L’abbraccio con il suo papà
Vogliamo aiutare gli Africani “a casa loro” ma non vogliamo che una cooperante italiana, se rapita, debba essere riportata in patria al costo di un eventuale riscatto, perché in quel caso qualcuno si chiede pretestuosamente quanti ventilatori avremmo potuto comprare in piena pandemia a quel presunto prezzo. Ma intanto per cinquanta e più anni non ha destato alcun clamore il depredamento della Sanità che oggi resiste solo grazie al personale medico e paramedico che tutto il mondo ci invidia. A tutto ciò si aggiunga come nel nostro paese ben pochi sprechi siano stati davvero debellati, ormai incancreniti e capaci di resistere alle mutazioni della politica meglio di un virus “covid”.
Ogni Stato ha il sacrosanto dovere di proteggere i suoi cittadini dentro e fuori dai confini nazionali, e lo fa attraverso gli irrinunciabili canali di intelligence (la nostra è tra le migliori al mondo) che non riportano certo a casa chi addirittura potrebbe cooperare con nemici della Patria. Perché Silvia Romano, tramite una ONG è andata alla fine del mondo evoluto per contribuire a saldare quelle basi sociali ed economiche che rappresentano davvero il più nobile di tutti gli aiuti, donando il suo tempo e i suoi anni migliori per un popolo martoriato da carestie e terrorismo, affinché potesse crescere e migliorare nel proprio territorio, così scongiurando anche altre immigrazioni di disperati senza futuro che nessuno potrà fermare in altro modo.
La verità è che non abbiamo chiara la visione di Sistema Paese, cosa vogliamo o non vogliamo da chi ci governa, chiunque esso sia. Preferiamo criticare al momento, senza sforzo, senza prospettiva. Tutto si decide così al momento, se pagare un riscatto o non pagare, se aiutarli a casa loro o a casa nostra, affondarli o salvarli. Noi italiani da troppo tempo non scegliamo più e ci lasciamo tentare dall’emotività mediatica che ci istiga all’offesa quotidianamente, bombardandoci di immagini false, video alterati e notizie inesistenti, capaci però di raggiungere le nostre paure ed ansie più profonde e così stimolare in noi reazioni del momento che mai avremmo esternato.
Dovrebbe essere normale che se una nostra giovane cooperante viene rapita, la si vada a recuperare al costo di pagare anche milioni di euro, che non verrebbero certo sottratti alla Sanità, ma più probabilmente a chi ne ha rubati anche decine e decine, magari attraverso un partito che si finge puritano e oggi grida senza vergogna allo scandalo.Il vero dibattito dovrebbe essere incentrato, d’ora in poi, su come garantire maggiore formazione e protezione a questi validissimi giovani che partono per imprese così difficili.
Di fronte a storie come quelle di Silvia avremmo dovuto avere la pazienza di attendere gli sviluppi delle indagini prontamente avviate dalla Magistratura per capire cosa diamine sia accaduto ad una ragazza partita con tante speranze e ritornata a casa, dopo cinquecento giorni di prigionia, con valori e convincimenti radicalmente cambiati, probabilmente imposti. E se alla fine dovesse essere riscontrata una collusione cosciente con qualsiasi gruppo terroristico o di malaffare (improbabile ma non impossibile) allora di certo la cooperante dovrà essere giudicata colpevole e pagare con il carcere. Ma fino a tal momento non dovremmo far altro che dimostrare di essere il grande Popolo che siamo e far così tornare nella mente di Silvia cosa ha davvero lasciato qui.
Certo è che la stragrande maggioranza di chi oggi la insulta non ha la minima idea di cosa sia il volontariato, cosa sia un impegno sociale, cosa significhi cooperare in contesti di cotanta lontananza. La maggior parte di loro, se fossero stata maltrattati così lontano da casa, anche per solo mezza giornata, avrebbero rinnegato l’Italia, la loro fede, la loro sessualità, il padre e la madre e chiunque altro pur di svignarsela. E se così non è allora si faccia una proposta, vadano gli odiatori di Silvia in Africa a collaborare, magari ci dimostreranno il loro onore italico ed il loro coraggio. Anzi, già li vediamo portare pace e prosperità in terra straniera mentre resistono alla prigionia dei loro aguzzini che siamo certi affronterebbero fino alla morte pur di non piegarsi al loro volere. Così al loro rientro in Italia, magari dopo diciotto mesi di prigionia, saremo lieti di ricevere tutte lezioni di vita chevorranno regalarci, anche a mezzo facebook, e soprattutto sapere della loro liberazione a costo zero.
Era estate quando arrivò la telefonata che ogni cronista aspettava: La Dia, Direzione Investigativa Antimafia di Napoli aveva arrestato Francesco Schiavone, detto Sandokan, allora capo del clan dei Casalesi, una delle più potenti cosche criminali del Paese. 11 luglio 1998.
Ero stata nel covo di Carmine Alfieri, nel Nolano, dove il boss viveva in un rifugio dove si accedeva attraverso una botola e conservava nel frigorifero babà e salmone, non potevo mancare di entrare nel bunker del boss a Casal di Principe. Con gli uomini della DIA che era guidata da Francesco Cirillo arrivammo sul posto. Una delle tante case della zona.
Sottoterra, bisognava infilarsi in un cunicolo e poi c’era una specie di “vagoncino” che viaggiava su binari: così si arrivava al nascondiglio segreto di Sandokan dove lui dipingeva soggetti sacri e guardava film come il padrino. Fu così che si scoprì che nell’Agro Aversano il boss e i suoi compari, ma anche i suoi familiari, utilizzavano cunicoli e botole per incontrarsi e parlarsi. Qualche volta sottoterra, qualche altra volta passavano attraverso i sottotetti: in moltissime abitazioni, anche di insospettabili incensurati sono stati trovati piccoli bunker, locali nascosti anche ad occhi più esperti. Intercapedini ricavate nei ripostigli nelle cucine dove trascorrevano la latitanza i boss e i gregari.
Francesco Schiavone detto Sandokan. È stato il primo padrino dei casalesi a manovrare sindaci e piegare istituzioni agli interessi del clan
Il pentimento di Francesco Schiavone è una vittoria dello Stato: a 70 anni, e dopo oltre un quarto di secolo in carcere, dopo la decisione di collaborare con la giustizia di due dei suoi figli, anche Sandokan, barba e capelli grigi, stanco e invecchiato ha fatteli salto, Confermato dalla Direzione Nazionale Antimafia. Adesso sarà interessante capire quello che potrà raccontare: dall’affare rifiuti che aveva il suo epicentro proprio nell’Agro Aversano ai collegamenti con gli imprenditori anche del Nord; dagli affari con i colletti bianchi, con i politici non solo locali (nel ’90 era stato arrestato a casa di un sindaco della zona) ai rapporti e alle connivenze in mezzo mondo, ed anche i collegamenti, veri o presunti, con i terroristi, quelli di Al Qaida e non solo. Insomma potrebbe esserci un nuovo terremoto giudiziario se davvero decidesse di vuotare finalmente il sacco, senza se e senza ma, e questo anche se gli anni sono passati e di molte vicende si è ormai quasi perso il ricordo. Adesso bisognerà anche capire quali familiari andranno in località segrete: sua moglie Giuseppina, insegnante, per esempio lo seguirà?.
Il primo della famiglia pentirsi fu suo cugino Carmine Schiavone: non dimenticherò mai la giornata trascorsa a girare per Casal di Principe per cercare di parlare con sua figlia che non aveva voluto seguire il padre, anzi. Pioveva, nessun per strada, incontrai Giuseppina che aveva scritto una lettera suo padre per dirgli la sua disapprovazione per aver deciso di collaborare con la giustizia.. Non volle venire in macchina con me e la troupe e allora la seguimmo, un lungo giro fino a casa dove nonostante un piccolo camino acceso faceva tanto freddo. Con quella storia aprimmo il TG5. Nulla faceva pensare che proprio Francesco Schiavone si sarebbe deciso a collaborare. Ma il clan decimato, tra arresti e omicidi tra le fazioni, la lunga detenzione, un tumore diagnosticatogli alcuni anni fa, hanno probabilmente fiaccato il vecchio boss. E adesso tanti misteri forse potranno essere chiariti.
Prosegue il calo degli sportelli bancari in Italia che, alla fine dello scorso anno, sono risultati oltre 800 in meno. Come si evince dalle tabelle della Banca d’Italia, il 2023 ha visto una ulteriore riduzione dai 20.985 di fine 2022 ai 20.161 di fine 2023. La diminuzione, sottolinea Via Nazionale, ha riguardato tutte le regioni ed è stata percentualmente più accentuata nelle Marche, in Abruzzo e in Sicilia.
In occasione del periodo pasquale, il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, d’intesa con il Ministero della Salute, ha intensificato le attività di controllo sui prodotti tipici della Pasqua, con particolare riferimento a quelli dolciari, al fine di tutelare la salute dei cittadini e a garanzia degli imprenditori onesti che possono subire una concorrenza sleale da chi opera invece in modo illecito.
Le verifiche sulla corretta applicazione delle procedure igieniche e l’impiego di ingredienti sicuri hanno così fatto emergere violazioni relative alla carente pulizia ed igiene degli ambienti di lavorazione e deposito, alla mancata applicazione delle procedute preventive di sicurezza alimentare, all’omessa tracciabilità dei prodotti ed etichettatura irregolare. In alcuni casi sono stati scoperti ingredienti e semilavorati per dolci scaduti di validità e detenuti in ambienti umidi e con infestazioni di roditori.
La campagna ha visto coinvolti a livello nazionale i 38 NAS Carabinieri con oltre 840 ispezioni presso laboratori di produzione ed esercizi di vendita dei tradizionali prodotti dolciari, quali uova di cioccolato e colombe, ma anche verificando la correttezza commerciale e igienica delle materie prime mediante la preventiva vigilanza alle fasi di produzione e fornitura.
Gli esiti conseguiti documentano irregolarità accertate presso 324 strutture ed aziende oggetto di ispezione (pari al 38%), la contestazione di 574 violazioni penali ed amministrative, per un ammontare di 425 mila euro, ed il sequestro di complessive 2 tonnellate di alimenti, per un valore stimato in oltre 267 mila euro. Nel corso degli interventi, sono state individuate, inoltre, anche colombe e uova di cioccolato prodotte industrialmente che, una volta scartate e riconfezionate, venivano vendute come produzione artigianale ad un prezzo superiore. Sono stati 6 i titolari di negozi deferiti all’Autorità giudiziaria per l’ipotesi di tentata frode in commercio, con contestuale sequestro di oltre 300 colombe e uova falsamente dichiarate di “propria produzione”.
A causa di gravi situazioni igieniche e strutturali sono stati disposti 15 provvedimenti di chiusura o sospensione delle attività commerciali e produttive, stimate in un valore economico superiore a 5 milioni di euro.
Tra le situazioni più significative accertate dai NAS si evidenziano:
Nas Brescia
Nel corso del controllo presso una pasticceria della provincia di Bergamo sono stati rinvenuti, all’interno del laboratorio, 70 kg di cioccolato e 90 kg di prodotti dolciari con data di scadenza
superata, anche da alcuni anni, e con indicazioni non conformi in ordine agli ingredienti usati per la produzione. Contestate violazioni amministrative per un importo di 3.500 euro.
Nas Roma
A seguito dei controlli svolti presso due laboratori di pasticceria della provincia di Roma, sono stati deferiti in stato di libertà i titolari di entrambe le attività per aver posto in commercio prodotti dolciari tradizionali pasquali (colombe e uova di Pasqua) di produzione industriale artatamente etichettati e dichiarati come prodotti gastronomici artigianali. Riscontrate altresì, a vario titolo, carenti condizioni igieniche e strutturali e la mancata attuazione del manuale HACCP. Sequestrate 33 confezioni di colombe e 15 uova di cioccolato pasquali ed elevate sanzioni per un importo complessivo di 4.000 euro.
Nas Caserta
A seguito delle verifiche eseguite presso 2 pasticcerie ed una fabbrica di cioccolato della provincia di Caserta, sono stati sequestrati complessivamente 580 kg di prodotti tipici delle festività pasquali, poiché non sottoposti al piano di rintracciabilità alimentare.
Nas Catania
Controllati 2 laboratori di pasticceria ed un’industria alimentare della provincia di Catania, con conseguente sequestro di complessivi 1.415 kg di preparati e basi per prodotti dolciari in parte scaduti, privi di etichettatura e tracciabilità, ed in parte stoccati in un locale/deposito con gravi carenze igienico-sanitarie per presenza di escrementi di roditori.
In relazione alla descrizione di specifici interventi operati dai NAS nel presente comunicato stampa, le persone deferite all’autorità giudiziaria sono da ritenersi presunti innocenti fino a un definitivo accertamento di colpevolezza in successiva sede processuale.