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Segnali di guerra nello stretto di Hormuz, l’Iran sequestra un cargo britannico: Londra e gli Usa pronti a reagire

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Schizza alle stelle la tensione nel Golfo. I Pasdaran, le guardie della Rivoluzione iraniana, hanno sequestrato una petroliera britannica con 23 persone a bordo nello Stretto di Hormuz. Ed hanno fermato per dei “controlli di sicurezza” un altro cargo, anch’esso di proprieta’ di un armatore britannico ma battente bandiera della Liberia, che poi e’ stato lasciato libero di riprendere la navigazione. Londra ha protestato con forza, minacciando “conseguenze” se l’imbarcazione ancora sotto sequestro non sara’ rilasciata. E gli Stati Uniti hanno rafforzato i pattugliamenti aerei nel Golfo. La doppia azione iraniana e’ arrivata all’indomani dell’annuncio, sempre dei Pasdaran, del sequestro dell’emiratina Riah, accusata di contrabbando di petrolio, e in risposta al fermo da parte britannica a Gibilterra dell’iraniana Grace 1, avvenuto due settimane fa per presunte violazioni delle sanzioni Ue alla Siria ed esteso giusto oggi per altri 30 giorni. Nel caso della Stena Impero, i Pasdaran hanno affermato di aver confiscato la petroliera perche’ “non ha rispettato le leggi internazionali della navigazione”. In particolare, secondo fonti militari iraniane, il cargo sarebbe andato “fuori rotta”.

Quindi, apparentemente, una violazione di lieve entita’. A Londra, dopo l’incidente, si e’ riunito il comitato di emergenza Cobra, ed il ministro degli Esteri Jeremy Hunt ha denunciato le azioni di Teheran come “inaccettabili” ed “estremamente preoccupanti”. Intimando agli iraniani di liberare la Stena Impero, a meno di non volerne pagare le “conseguenze”. Dall’altra sponda dell’oceano, il consiglio di sicurezza nazionale americano ha parlato di “escalation della violenza”, mentre il presidente Donald Trump ha annunciato di essersi messo in contatto con gli alleati britannici – con la premier dimissionaria Theresa May, ma anche con il probabile successore Boris Johnson, elogiato ancora una volta pubblicamente per le sue posizioni pro Brexit – per decidere insieme il da farsi. La ‘guerra delle petroliere’ rischia di precipitare pericolosamente in un conflitto piu’ esteso, con Trump che in queste ore ha parlato di Iran al telefono pure col francese Emmanuel Macron e che ha avvertito Teheran di non fare “nulla di stupido”, altrimenti “paghera’ un prezzo che nessun altro ha mai pagato”.

Intanto, gli Stati Uniti hanno intensificato i pattugliamenti aerei nello Stretto di Hormuz, e le navi da guerra sono in contatto con le imbarcazioni americane che navigano nella zona per garantire la loro sicurezza. Mentre un contingente si prepara a sbarcare in Arabia Saudita, per unire gli sforzi in funzione anti-Iran. Il monito dell’inquilino della Casa Bianca segue tra l’altro il botta e risposta sul presunto drone iraniano abbattuto, asserito dagli americani e smentito da Teheran. “Nonostante le affermazioni deliranti e senza fondamento di Trump, tutti i droni nel Golfo Persico e nello stretto di Hormuz, compreso quello a cui fa riferimento il presidente americano, sono rientrati in sicurezza alle loro basi”, ha affermato il generale di brigata Abolfazl Shekarchi, portavoce delle forze armate di Teheran, mentre le Guardie della rivoluzione hanno pubblicato le immagini del drone prima e dopo il momento del presunto abbattimento, in modo da smentirlo una volta per tutte. Per il Parlamento iraniano, Trump sta solo cercando di “creare tensioni”. Una guerra psicologica che non conosce sosta. Nel frattempo, gli Usa hanno emesso nuove sanzioni contro 12 tra entita’ e individui basati in Iran, Belgio e Cina legati alle attivita’ di proliferazione nucleare della societa’ iraniana Tesa. Tra queste tensioni le quotazioni del petrolio sono tornate a salire e quelle dell’oro hanno toccato i massimi da sei anni. Anche la diplomazia nel frattempo continua a lavorare. Prima di concludere la sua missione all’Onu, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica Mohammad Javad Zarif ha incontrato il segretario generale Antonio Guterres. La proposta del capo della diplomazia di Teheran e architetto dell’accordo del 2015 e’ il rafforzamento dei controlli sul programma nucleare in cambio del ritiro delle sanzioni americane. Un’idea subito apprezzata dalla Cina. Le spinte a una mediazione continuano anche dall’Europa, sempre stretta tra due fuochi. Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha elogiato gli sforzi di Emmanuel Macron, il suo ministro degli Esteri Heiko Maas ha avvertito “che c’e’ un forte pericolo di escalation”. Dall’Italia il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha insistito sull’importanza di abbassare le tensioni: “Perche’ e’ un’area a noi estremamente vicina che tocca direttamente interessi non solo di tipo politico e strategico, ma interessi anche economici e commerciali”.

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Musk rifiuta di eliminare da X video dell’attacco a Sidney

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Elon Musk ha reagito all’ordine di un tribunale australiano di eliminare da X i video dell’attacco nella chiesa di Sidney dopo che il commissario per la eSafety dell’Australia ha chiesto un’ingiunzione. Il miliardario patron di Tesla ha risposto con un post sulla sua piattaforma accusando il premier Anthony Albanese di “censura”. “La nostra preoccupazione è che se qualsiasi Paese è autorizzato a censurare i contenuti di tutti i paesi, allora cosa impedirà a qualsiasi paese di controllare Internet?”

Musk ha detto che X farà appello contro l’ingiunzione australiana. “Abbiamo già censurato il contenuto in questione per l’Australia, in attesa di ricorso legale, ed è archiviato solo su server negli Stati Uniti”, ha aggiunto. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha affermato che Musk è cieco di fronte all’angoscia causata dai video. “Faremo ciò che è necessario per affrontare questo miliardario arrogante che pensa di essere al di sopra della legge, ma anche al di sopra della comune decenza”, ha detto Albanese all’emittente pubblica Abc. “L’idea che qualcuno vada in tribunale per il diritto di pubblicare contenuti violenti su una piattaforma mostra quanto il signor Musk sia fuori dal mondo”, ha aggiunto.

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L’ambientalista indigeno Victorio Dariquebe assassinato nell’Amazzonia peruviana

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Un ambientalista indigeno, Victorio Dariquebe, è stato assassinato in una comunità amazzonica del Perù sudorientale dove lavorava come guardia forestale: lo riferiscono le autorità locali. L’uomo, dell’etnia Harakbut-Wachiperi, è stato aggredito nei pressi della riserva naturale di Amarakaeri, nella provincia di Manú.

“Riaffermiamo il nostro impegno affinché questo crimine non rimanga impunito e i responsabili siano individuati e ricevano tutto il peso della legge”, ha affermato il governo peruviano in una dichiarazione firmata da diversi ministeri. L’ambientalista “ha fatto un ottimo lavoro nella conservazione della riserva di Amarakaeri”, ha sottolineato l’Associazione interetnica della giungla peruviana (Aidesep) in un comunicato sui social, secondo cui Dariquebe “aveva ricevuto minacce”.

I popoli originari del Perù combattono l’estrazione illegale e si oppongono a una recente legge approvata dal Congresso che, a loro avviso, incoraggia la deforestazione. Secondo l’ong Global Witness, dal 2012 nel Paese sono stati uccisi almeno 54 difensori delle terre e dell’ambiente, di cui più della metà appartenevano a popolazioni indigene.

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Ucraina, Copenaghen: daremo a Kiev tutti gli F-16 concordati

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La Danimarca invierà all’Ucraina tutti gli aerei da caccia F-16 concordati in precedenza dai leader dei due paesi, ha detto l’ambasciatore danese Ole Egberg Mikkelsen. Parlando con l’emittente ucraina Liga, Mikkelsen ha detto che i jet saranno sicuramente consegnati a Kiev e che si tratta dell’intera flotta di F-16 della Danimarca, che ora è in fase di dismissione. Mikkelsen non ha tuttavia specificato il numero esatto di caccia che saranno inviati all’Ucraina. L’ambasciatore ha spiegato che la Danimarca sta dismettendo la sua flotta perché Copenaghen riceverà presto una nuova generazione di aerei, gli F-35.

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