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Cronache

Sara Lucaroni, vincitrice dei premi Omcom e Azeglio Ciampi: da bambina sognavo di essere giornalista o magistrato

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Sara Lucaroni. Giovane giornalista free lance toscana. Scrive per Avvenire e l’Espresso. Fresca vincitrice del premio Omcom e del premio Azeglio Ciampi. Esperta di medio-oriente ed immigrazione. Minacciata dall’estrema destra nel 2018. Oggi facciamo 2 chiacchere con lei.

Come mai hai scelto di fare la giornalista?

Da piccola dicevo sempre che avrei fatto il magistrato oppure il giornalista. E’ andata che mi sono iscritta all’Ordine e ho preso il tesserino prima di laurearmi: studiavo filosofia all’Università di Firenze e firmavo pezzi di cronaca per un quotidiano locale. I fine settimana, rientrata da Firenze, li passavo a seguire eventi e fare interviste. Parlavo poco, ma scrivere e stare al centro dei fatti per capirli e raccontarli mi è sempre piaciuto.

A che età hai cominciato?

A vent’anni. Il primo pezzo fu un’intervista che uscì la domenica, sulla pagina della cultura di quel quotidiano. Era la storia di uno stimato professionista che dopo un banale incidente in giardino divenne tetraplegico e per combattere dolore e paura aveva fondato un’associazione per aiutare persone nella stessa condizione. Il pezzo gli piacque talmente tanto che mi propose di lavorare con lui al libro che voleva scrivere sulla sua storia. Il testimonial alla presentazione fu Luca Zingaretti. E’ stata un’esperienza fortissima sul piano umano e professionale. Mi ha insegnato ad ascoltare con le orecchie, col cuore, e con qualsiasi mezzo.

Ti occupi di Siria e Iraq. Non trovi che le posizioni dell’Unione Europea siano in qualche modo poco autorevoli?

Più che non autorevoli, direi poco compatte e dunque deboli e addirittura inutili. Lo si vede nella questione migratoria. Oppure nella risposta alle minacce di Recep Tayyp Erdogan quando ad ottobre minacciava di aprire le frontiere turche ai siriani in fuga verso il Mediterraneo se l’UE avesse giudicato la sua azione nei conforti dei curdi nel conflitto siriano. Oppure nella gestione del conflitto libico: l’Europa è rimasta a guardare e la diversità di vedute tra Francia e Italia ad esempio hanno di fatto consegnano la guerra nelle mani di potenze come Turchia, Russia, Egitto, il Golfo. Viviamo un’epoca in cui si rischia lo svuotamento di queste istituzioni a favore di personalismi sempre meno impliciti.

La mancanza di uno stato federale europeo tipo stati uniti d’Europa incide nella mancanza di visione?

Sarà anche perfettibile questa Unione, ma io credo molto nei valori comunitari, appartengo alla “generazione Erasmus”. L’Europa unita ci ha assicurato protezione, stabilità, competitività economica e commerciale sul piano globale dalla Seconda Guerra mondiale in avanti. Ma, come ripeto, temo i sovranismi e i nazionalismi, e le istanze personali, spesso pro elettorato interno, piazzate sui tavoli delle commissioni a bloccare obiettivi e valori comuni fondamentali. Anche in politica estera. Mi appare ormai svuotata di senso l’Onu, ad esempio. Faccio un esempio: per la 14 esima volta il veto della Russia, sostenuta dalla Cina, ha bloccato l’ingresso di aiuti umanitari indipendenti in Siria. Russia e Cina sono i partner militari del regime di Assad e in cambio hanno avuto gli appalti per ricostruire il paese. Se il diritto internazionale era moribondo, è morto con la guerra in Siria e il simbolo di questa morte è l’uso di armi chimiche sulla popolazione inerme.

La questione dei curdi siriani dopo la scelta degli americani di andare via?

I curdi, nel conflitto siriano, si sono alleati con chi permetteva loro la prospettiva di “esistere”, col sogno del Rojava. E l’ottimo lavoro sul terreno per sconfiggere l’Isis è sotto gli occhi di tutti. Occupare la Siria del nord est senza reazioni da parte di nessuno, specie di chi li considera terroristi in quanto emanazione del PKK di Ocalan, non poteva non avere conseguenze. La mossa di Erdogan, alla terza operazione su territorio siriano, era prevedibile. Meno lo è stata la repentinità dello spostamento dei soldati americani sul terreno, più che la loro motivazione: sfilarsi dal contendere siriano ma rimanere presente per controllare l’Iran, anch’esso tutor del regime di Assad insieme alla Russia. Quest’ultima mediatrice con la Turchia per gestire l’offensiva. Ammetto che mi ha dato fastidio vedere che tutti nei giorni dell’attacco turco sembravano scoprire per la prima volta quella guerra. I curdi sono un grande popolo, ma il conflitto che ha ucciso mezzo milione di siriani esiste da 8 anni ed è molto più complesso della causa curda.

Che rapporto hai con la paura?

Confesso un segreto. Quando ho momenti di indecisione o dubbi mi concentro su me stessa e mi chiedo: “Sara, cosa faresti se non avessi paura?” In questo modo focalizzo il motivo dell’indecisione e dirado una specie di nebbia. E allora so cosa fare. La paura per me è avere paura.

I suicidi tra le forze dell’ordine. Come mai lo hai scelto?

Da tempo leggevo trafiletti di cronaca su suicidi di poliziotti, carabinieri, militari. Erano sempre poche righe, a volte c’era una foto. Poi ho scritto per L’Espresso, con cui collaboro, la storia di Bruno Fortunato, il poliziotto che arresto Nadia Desdemona Lioce dopo il conflitto a fuoco nel quale morì il collega e amico Emanuele Petri. Lei gli stava sparando, ma lui d’istinto non sparò a sua volta, benchè gravemente ferito, ma la blocco e ammanettò. Fu un eroe. Si uccise quasi 10 anni dopo quel giorno. Ricostruire la sua vicenda, a partire dal processo, mi ha aperto la strada ad un’indagine più ampia. Chi indossa la divisa è spesso un eroe, ma è per prima cosa una donna o un uomo.

 

Che futuro vedi per il nostro paese?

Un futuro nel quale ci sarà un forte bisogno di storie positive, di senso di comunità, di solidarietà, di un progetto comune di cui far parte. Mi spaventa l’egoismo, la solitudine, quelli che finiscono per credere che “io sono quel che posseggo e quel che mostro”. Dobbiamo chiederci davvero: “Cosa farei se non avessi paura”?

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Nave da Capri contro la banchina, sale ancora il bilancio: 44 feriti, uno in codice rosso

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Il bilancio di feriti e contusi nell’incidente che ha visto coinvolta la nave veloce Isola di Procida della Caremar, proveniente da Capri e finita contro la banchina del molo Beverello a Napoli, continua ad aggravarsi: nell’ultimo bollettino della Asl 1 di Napoli si evidenza che in 44 hanno fatto ricorso alle cure dei sanitari. Urtata probabilmente a causa del forte vento durante la manovra di attracco, la nave veloce trasportava più di 100 persone, molti appartenenti alle forze dell’ordine in servizio a Capri per il G7 dei ministri degli Esteri.  Solo una persona è stata ricoverata in codice rosso ma non. è in pericolo di vita. La Asl 1 ha allestito un PMA, posto medico avanzato pe rprestare i primi soccorsi direttemante sulla banchina dove è avvenuto l’incidente : il personale sanitario intervenuto valutava le condizioni dei feriti e li smistava negli ospedali cittadini. Nel comunicato della direzione il ringraziamento a tutti gli intervenuti per soccorrere e curare i passeggeri coinvolti

 

Napoli, nave da Capri contro la banchina: 18 feriti, donna grave

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Nuovo identikit per Giovanni Motisi diffuso dalla Polizia: è caccia al latitante dell’ala stragista di Cosa Nostra

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La Polizia di Stato ha diffuso il nuovo identikit di Giovanni Motisi, latitante dal lontano 1998 e inserito nell’elenco dei fuggitivi di “massima pericolosità” del “programma speciale di ricerca” del Ministero dell’Interno. Motisi è noto come uno degli ultimi grandi latitanti protagonisti della fase stragista di Cosa Nostra, e le indagini per la sua cattura sono in corso senza sosta.

Le autorità di Palermo stanno coordinando le indagini, con l’obiettivo di rintracciare e arrestare Giovanni Motisi. A tal fine, la Polizia di Stato ha adottato anche le più moderne tecnologie investigative, tra cui la tecnica della “Age progression”, che consente di elaborare un’immagine del volto dell’individuo invecchiato nel tempo.

La tecnica dell’Age progression si basa sull’analisi e l’attualizzazione di specifici profili antropometrici che caratterizzano la famiglia di appartenenza del ricercato. Utilizzando le competenze e le avanzate tecnologie del Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato, sono state rielaborate e aggiornate alcune immagini del latitante, risalenti agli anni ’80 e ’90.

Questo lavoro tecnico ha consentito di creare un nuovo identikit con alcune possibili variazioni dei tratti attuali del volto di Giovanni Motisi. Si tratta di un ulteriore sforzo per stringere il cerchio delle indagini e arrivare alla cattura del pericoloso latitante.

“Il nuovo identikit faciliterà il lavoro degli investigatori del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Palermo, ma potrà anche incoraggiare la collaborazione dei cittadini”, sottolineano le autorità della Polizia di Stato.

L’appello alle persone è quindi chiaro: ogni informazione che possa aiutare a individuare Giovanni Motisi e a portarlo di fronte alla giustizia è preziosa e fondamentale per garantire la sicurezza della comunità e per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata.

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Napoli, incidente traghetto da Capri, bilancio aggiornato: una trentina le persone medicate

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 La nave veloce trasportava oltre 100 passeggeri tra uomini delle forze dell’ordine impegnati a Capri in questi giorni in turni per i servizi predisposti per la sicurezza del G7 dei ministri degli Esteri, e turisti. Le persone che hanno fatto ricorso alle cure dei medici o sono passate per un pronto soccorso sono una trentina, 21 i feriti in ospedale, una donna è la più grave, gli altri – questo il bollettino della Asl 1 – sono ‘policontusi’.

Lo squarcio nell’ Isola di Procida

il bollettino dell’Asl 1 di Napoli

 

Napoli, nave da Capri contro la banchina: 18 feriti, donna grave

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