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Ruotolo candidato: Pd spaccato, De Luca avvelenato e renziani perplessi

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Chi ha incassato il colpo, ha taciuto e si è conservato il diritto di poter dire la sua sulla candidatura di Sandro Ruotolo sotto le insegne del Pd è Vincenzo De Luca. Non è esattamente un quivis de populo. Diciamo che il presidente della Giunta regionale della Campania è in termini di consenso e di potere il dominus del Pd in Campania. Eppure, nonostante questo ruolo de facto e di diritto, nessuno gli ha chiesto se avesse un parere su questa scelta partorita a Roma e sponsorizzata a Napoli dal sindaco della città Luigi de Magistris.

Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Ha ingoiato senza fiatare il rospo della candidatura di Sandro Ruotolo

Per inciso De Luca e de Magistris diciamo che non si amano, per usare un eufemismo. I grandi elettori di De Luca, i suoi principali consiglieri hanno già fatto sentire la loro voce. Nulla di personale contro Ruotolo, ma non hanno condiviso le modalità di scelta, non gradiscono il cappello messo dal sindaco Luigi de Magistris sulla candidatura. E volendo forzare un po’ la mano, molti di loro sostengono che Sandro Ruotolo è più un candidato di DemA che dei Dem. Sono questi, riassumendoli, i commenti dei principali collaboratori di De Luca. In effetti da anni Ruotolo collabora con de Magistris ad ogni livello nella difficile attività di governo di una metropoli complessa come Napoli. La nipote di Sandro Ruotolo, Alessandra Clemente, è da due consiliature assessore di de Magistris ed è una delle promesse del Movimento Arancione Napoletano. Qualcuno sostiene, a giusta ragione, che potrebbe essere la prossima candidata sindaco per DemA.  Ma vediamo che cosa pensano alcuni dei big del Pd napoletano riguardo la candidatura che dovrebbe aprire un campo largo, una coalizione ampia del centrosinistra capace di battersi ad armi apri con il M5S e il Centrodestra sia alle Suppletive che alle prossime scadenze elettorali: comunali di Napoli e regionali.

Armida Filippelli. Vice segretaria regionale del Pd in Campania

La vice segretaria regionale del Pd campano Armida Filippelli parla di “tempo delle scelte” e sostiene che con la candidatura di Ruotolo “il PD si apre ad alleanze larghe, di centro-sinistra”, anzi, sostiene sempre la dirigente del Pd che il partito di Zingaretti “diventa un incubatore politico perché le forze democratiche possano battere la destra. Il Pd – argomenta – si avvia a una fase costituente nuova, si assume nuove responsabilità per rilanciare il Paese, consolida campi d’azione con forze liberali, cattoliche e di sinistra, con associazioni e sindacati democratici. La scelta di Sandro Ruotolo – scrive la Filippelli sul suo profilo Fb-, candidato del centro sinistra per le suppletive al Senato a Napoli va verso questa direzione. Ruotolo ha una caratura personale di indiscusso valore, è un giornalista coraggioso che ha sempre combattuto le ingiustizie e la criminalità organizzata. La sua candidatura è autorevole e rappresentativa per la città di Napoli e rafforza il Governo!”.

Marco Sarracino. Leader napoletano del Pd

Uno dei fautori della scelta di Ruotolo, Marco Sarracino, leader napoletano del Pd, parla poco, si occupa di questioni organizzative e burocratiche ma fondamentali come ad esempio organizzare gazebo nelle piazze e nei circoli per raccogliere le firme per candidare Sandro Ruotolo al Senato!”.

Antonio Marciano, consigliere regionale del Pd, esprime dubbi, rilievi critici e preoccupazioni per la candidatura di Sandro Ruotolo. Marciano non è un politico che arzigogola, va dritto al cuore delle questioni. E allora fa subito la premessa che “se Ruotolo è il candidato indicato dal Nazareno, va sostenuto. Punto”. Ciò detto però, “consentitemi alcuni rilievi critici e qualche preoccupazione”.Rilievi che sono essenzialmente prima di forma e cioè l’imposizione di un candidato senza un minimo di discussione, consultazioni, argomentazioni a supporto di una candidatura così importante. E questo, sostiene Marciano “è segno di una sciatteria irresponsabile che porta il partito regionale, ormai lontano anche dalle attenzioni mediatiche, all’irrilevanza politica”.

Antonio Marciano. Consigliere regionale del Pd

 Poi però Marciano ci va giù pesante sulla scelta di “un’alleanza, in particolare con Dema”, e sul fatto che “si è deciso di rinunciare al simbolo del PD e delle altre forze che sosterranno Ruotolo”. Sono scelte che Marciano definisce pesanti. “Ad oggi è proprio il rapporto con De Magistris che mi fa riflettere. Sento già la più banale delle risposte: bisogna stare assieme per fermare le destre e battere Salvini. Certo. Che dubbio c’è. Ma Salvini lo combatti anche costruendo alleanze che sappiano raccontare di esperienze di buon governo e di buona politica. E qui si apre un mondo”. E piovono giù una pioggia di critiche feroci alla esperienza politica ed amministrativa di de Magistris al comune di Napoli. Un’altra durissima presa di posizione sulla candidatura di Ruotolo a sinistra è quella espressa in una intervista al Corriere del Mezzogiorno dall’ex senatrice, europarlamentare e dirigente di primissimo piano del Pd nazionale Graziella Pagano, che ha scelto di seguire Matteo Renzi nella esperienza di Italia Viva. Anche per la Pagano nulla di personale contro Ruotolo definito “giornalista straordinario, ma con un profilo politico evidentemente di sinistra-sinistra”. La verità, spiega con onestà intellettuale la Pagano, è che “appare tutto molto evidente: ci aspettavamo un asse di governo rinforzato, con una intesa Pd-5 stelle, e invece ci ritroviamo un’intesa elettorale Pd-Dema, vale a dire il partito di opposizione al sindaco di Napoli che rianima il peggior sindaco di Napoli. Un risultato davvero da considerare, non c’è che dire”.
https://www.juorno.it/sandro-ruotolo-candidato-per-umberto-de-gregorio-va-bene-e-non-va-bene/

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Cronache

Processo Cospito, sentenza definitiva: 23 anni di carcere

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La Corte di Cassazione ha emesso una decisione definitiva riguardo ai ricorsi presentati dalle difese di Alfredo Cospito e Anna Beniamino, confermando le pesanti condanne per i loro presunti ruoli nell’attentato alla ex caserma allievi carabinieri di Fossano nel 2006. I due sono stati giudicati colpevoli di “devastazione, saccheggio e strage”, oltre ad altri reati connessi all’attività di un’associazione sovversiva.

Alfredo Cospito dovrà scontare una pena di 23 anni di reclusione, mentre Anna Beniamino è stata condannata a 17 anni e 9 mesi di reclusione. Con questa decisione della Cassazione, le condanne diventano irrevocabili, mettendo definitivamente fine a un lungo processo legale che ha coinvolto i due anarchici.

 

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Esteri

Il vice del ministro della Difesa russo Shoigu arrestato per tradimento

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E’ uno scandalo dai contorni oscuri quello che in queste ore scuote le forze armate russe nel pieno del conflitto in Ucraina, con Mosca impegnata in una sfida cruciale con il campo occidentale. Una Corte della capitale ha confermato l’arresto del vice ministro della Difesa Timur Ivanov, responsabile delle costruzioni e della manutenzione delle strutture militari. L’accusa di aver ricevuto una tangente appare tutto sommato lieve in un ambiente in cui la corruzione, secondo le denunce delle opposizioni, è diffusa. Normale dunque che qualcuno sollevi dubbi sui reali motivi di una simile iniziativa in un momento tanto delicato, al punto da arrivare a parlare di una accusa di tradimento. Il sito d’inchieste Vazhnye Istorii (‘Storie importanti’) afferma di avere saputo da due fonti dei servizi d’intelligence interni Fsb che la versione della corruzione è stata creata “solo per l’opinione pubblica”. “Nessuno lo avrebbe arrestato per questo”, ha affermato una delle fonti, secondo la quale al Cremlino i veri risvolti della vicenda erano “noti da molto tempo”.

Ivanov, insomma, sarebbe sospettato proprio di tradimento, ma le autorità avrebbero preferito non renderlo noto per non rischiare un danno d’immagine dalle conseguenze imprevedibili. L’avvocato del vice ministro, Murad Musayev, ha recisamente smentito e il portavoce del Cremlino ha parlato di pure “speculazioni”. “Ci sono un sacco di voci differenti su questa faccenda, ma ovviamente dobbiamo affidarci alle informazioni delle autorità investigative e alla fine, ovviamente, alla decisione dei giudici”, è stato l’invito di Dmitry Peskov. La Corte del distretto di Basmanny che ha confermato l’arresto per Ivanov e per un imprenditore suo amico, Serghei Borodin, ha disposto che i due rimangano in custodia cautelare almeno fino al 23 giugno.

Il vice ministro è stato già trasferito nel carcere di Lefortovo. Per l’accusa di corruzione Ivanov, che si è presentato in aula indossando la divisa militare e proclamandosi innocente, rischia fino a 15 anni di reclusione. L’avvocato Musayev, preannunciando che presenterà ricorso per chiederne il rilascio, sostiene che non si parla di denaro, bensì di lavori gratuiti realizzati da aziende edili nelle proprietà immobiliari del vice ministro in cambio di favori. Ivanov, che ha 48 anni e ricopre l’incarico dal 2016, era stato tra l’altro tirato in ballo nel 2022 in un’inchiesta della Fondazione anticorruzione dell’oppositore Alexei Navalny. Sul fronte del conflitto ucraino si registra intanto una importante novità. Per la prima volta in oltre due anni una delegazione russa e una ucraina hanno avuto un incontro faccia a faccia in Qatar, dove hanno concordato lo scambio di 48 bambini, 29 che torneranno in Ucraina e 19 in Russia.

Ad annunciarlo è stata Maria Llova-Belova, la commissaria russa per i diritti dell’infanzia. Mosca ha sempre respinto le accuse di avere deportato minori ucraini contro il volere dei familiari, un’accusa che è costata alla stessa Llova-Belova e al presidente Vladimir Putin un ordine di arresto della Corte penale internazionale. Il sito dell’opposizione Meduza ha intanto denunciato che il Patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa e sostenitore delle politiche di Putin, ha imposto una sospensione di tre anni a un sacerdote che ha tenuto una funzione commemorativa sulla tomba di Alexei Navalny alla fine di marzo, 40 giorni dopo la morte. Il religioso è Dmitri Safronov, chierico della chiesa dell’Intercessione della Santa Vergine sulla collina di Lyschikova a Mosca. Meduza precisa che nell’ordine del Patriarca non sono spiegate ufficialmente le motivazioni della decisione.

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Premierato: ecco cosa prevede il ddl Casellati

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Con l’approvazione del mandato al relatore in Commissione Affari costituzionali si delinea il testo della riforma del premierato elettivo. Ecco i cardini principali della riforma costituzionale che però sul punto centrale, l’elezione diretta del premier, contiene solo alcuni principi rinviando il resto ad una legge ordinaria.

PREMIER ELETTO: “Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni.

Le elezioni delle Camere e del presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente”.

LIMITE A DUE MANDATI: Si può essere eletti premier “per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”.

SISTEMA ELETTORALE: Una legge ordinaria disciplinerà “il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività”.

NOMINA E REVOCA DEI MINISTRI: “Il presidente della Repubblica conferisce al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri”. Nell’attuale costituzione non c’è il potere di revoca dei ministri.
FIDUCIA: “Entro dieci giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”. Se non viene approvata la mozione di fiducia, “il presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il governo”. Quindi il premier eletto può fare un nuovo tentativo con un altra squadra di ministri, o anche cercando un’altra maggioranza. “Qualora anche in quest’ultimo caso il governo non ottenga la fiducia delle Camere, il presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”.

CRISI DI GOVERNO: Se il governo, nel corso della legislatura, viene sfiduciato “mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”. “In caso di dimissioni del presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone”. “Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio”. In entrambi i casi il nuovo governo può avere una maggioranza diversa da quella uscita della urne. L’articolo sulle crisi di governo – il 4 del ddl Casellati – potrebbe essere riformulato in Aula.

ADDIO SENATORI A VITA: E’ abrogato il potere del Quirinale di nominare cinque senatori a vita. Quelli attualmente in carica mantengono il loro incarico. Non viene invece toccato l’articolo che stabilisce che i presidenti della Repubblica al termine del settennato diventano senatori a vita.

CONTROFIRMA: E’ abolita la controfirma del governo in una serie di atti del presidente della Repubblica: nomina del presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere.

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Per eleggere il capo dello Stato occorre il quorum dei due terzi dei grandi elettori non più nei primi tre scrutini, bensì nei primi sei.

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