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RestiAMO al SUD si occupa di Procida, un’isola delicata adagiata su di un immenso amore

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Un’isola delicatissima, che sul mare dove è adagiata sembra galleggiare. Dolce e quasi piatta, con il suo promontorio più alto (Terra Murata) che non sfiora neanche i cento metri dal livello del mare, trasmette immediatamente un senso di serenità, facendo percepire tutto come familiare, con i suoi 3,7 km quadrati di piccola ma meravigliosa estensione.

Geologicamente ricompresa nell’Area Flegrea, il legame con la vicinissima penisola si rimarca anche dall’etimologia del suo antico nome di “Prochyta”, ossia “prossima a Cuma“, per chi in queste acque navigava già duemila anni fa e la incrociava in rotta con Ischia. Secondo i miti virgiliani invece, il nome deriverebbe da quello di una nutrice di Enea, qui sepolta dall’eroe quando vi giunse.

Tra le contrade del centro, meritano di essere visitate sicuramente quelle del borgo più antico di Terra Murata oppure Corricella, animata dal caratteristico borgo di pescatori e la Santissima Annunziata.

Gli approdi attrezzati per i naviganti, esperti o occasionali che siano, sono presenti praticamente ovunque, in particolare nella zona Nord con Marina di Procida ed il porto commerciale, ad Est, ed infine a Sud con il porto turistico di Sant’Antonio e Chiaiolella. Un vero e proprio invito a nozze per gli amanti della navigazione marittima che hanno così la possibilità di poter percorrere l’intero perimetro dell’isola, di soli sedici chilometri, quindi anche con piccole imbarcazioni da noleggiare direttamente in loco oppure dai porticcioli della vicinissima costa peninsulare di Monte di Procida o Capo Miseno, che da Marina Piccola distano appena tre miglia nautiche.

Fare un giro in barca vale davvero la pena, per godere appieno dei suggestivi e anche più nascosti angoli della costa, frastagliata e rocciosa ma comunque spesso interrotta da spiaggette sabbiose che creano ripari ed incantevoli zone di sosta per piccole imbarcazioni.

Qui il Tirreno è di un blu intenso e su queste acque cristalline si affacciano borghi dai mille colori sgargianti, dove le case dei procidani, per lo più pescatori e operatori della navigazionecommerciale, sono caratterizzate da linee uniche, che prendono vita dalle caratteristiche scalinate che giocano a nascondersi tra archi, balconi coperti e cupole.

In questa cornice da sogno il vicino isolotto di Vivara, grande appena mezzo chilometro quadrato, ad Ovest guarda la vicinissima Ischia. Amministrativamente ricompreso nel Comune di Procida anche se di “proprietà privata”, è oggi una stupenda riserva naturale ed è collegato all’isola maggiore con un ponte accessibile ma solo previa autorizzazione, solitamente concessa ad escursionisti attenti ed amanti della natura che qui si riempiono occhi ed il cuore di emozioni, così come avviene sulle stupende spiagge della Lingua, della Chiaiolella, di Chiaia, e non per ultima quella del Pozzo Vecchio ribattezzata del “Postino”, in onore del film che è stato anche struggente testamento artistico di Massimo Troisi (regia di MichaleRadford, 1994). Perché cotanta bellezza, così come non è sfuggita ai Romani che già ne fecero da sfondo per i loro ricercatissimi luoghi di villeggiatura, non poteva assolutamente sfuggire ai migliori registi del cinema che qui hanno ambientato altri capolavori come “Francesca e Nunziata di Lina Wertmuller con Sophia Loren, Giancarlo Giannini, Claudia Gerini e Raoul Bova; Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella con Matt Damon, Gwyneth Paltrow, JudeLaw, Cate Blanchett, Philip Seymour Hoffman; “Mariti in affitto” di Ilaria Borrelli con Maria Grazia Cucinotta, Pierfrancesco Favino e  Brooke Shields;Vaghe stelle dell’Orsa di Luchino Visconti con Michael Craig e Claudia Cardinale; “Cleopatra di Joseph L. Mankiewiczr con ElizabethTaylor e  Richard Burton.

Insomma, da Virgilio a Luchino Visconti e fino ai registi più famosi di Hollywood, Procida ha incantato tutti con la sua magica beltà.

Intanto sulla “Spiaggia del Postino” entra in scena un lungo tramonto dai riflessi rossi e viola che inizia ad attenuare il sublime contrasto tra la scura costa di origine vulcanica ed ilcolore turchese del Tirreno, e chiunque avrà la fortuna di percorrerla, da solo o compagnia, non potrà non sentire le dolci note di Pino Daniele “In questo immenso che c`è fra le tue mani In questa immenso In questo immenso amore…” partire direttamente dal proprio cuore.

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Copernicus, marzo 2024 il mese più caldo mai registrato

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Il marzo del 2024 è stato il mese di marzo più caldo mai registrato. Lo rende noto il servizio meteo della Ue Copernicus. La temperatura media globale il mese scorso è stata di 14,4°C, superiore di 0,73°C rispetto alla media del trentennio 1991 – 2020 e di 0,10°C rispetto al precedente record di marzo, quello del 2016. Il mese inoltre è stato di 1,68°C più caldo della media di marzo del cinquantennio 1850 – 1900, periodo di riferimento dell’era pre-industriale. Secondo Copernicus, il marzo 2024 è il decimo mese di fila che si classifica come il più caldo mai registrato.

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Ecdc-Efsa, rischio diffusione dell’aviaria su larga scala

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Si alza il livello di attenzione sull’influenza aviaria da virus A/H5N1. Dopo tre anni che l’agente patogeno circola in maniera particolarmente sostenuta tra uccelli selvatici e di allevamento, infettando anche mammiferi ed espandendo la sua area di diffusione, da poco più di una settimana gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti, dove si segnalano infezioni in allevamenti di mucche da latte. Al momento sono interessati una dozzina di allevamenti dislocati in cinque stati (Texas, Kansas, Michigan, New Mexico, Idaho). Il primo aprile, poi, i Centers for Disease Control and Prevention hanno diffuso la notizia che anche un uomo ha contratto l’infezione; le sue condizioni sono buone.

Ad oggi si ritiene che sia gli animali sia l’uomo abbiano contratto l’infezione attraverso il contatto con uccelli infetti. Secondo le autorità americane questi casi non cambiano il livello di rischio, che resta basso per la popolazione generale. Tuttavia, i segnali di allarme si moltiplicano. In un rapporto pubblicato mercoledì, l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e la European Food Safety Authority (Efsa), avvertono: “se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala”.

Fino a oggi, le infezioni nell’uomo sono poche (circa 900 dal 2003) e del tutto occasionali. Non ci sono prove di trasmissione tra mammiferi, né da uomo a uomo. Tuttavia, la congiuntura invita alla massima attenzione. In piena pandemia, nel 2020, è comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il “numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali”, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione.

Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti. Anche i fattori ambientali giocano a suo favore: i cambiamenti climatici e la distruzione degli habitat, influenzando le abitudini degli animali e intensificando gli incontri tra specie diversa, fanno crescere ulteriormente le probabilità che il virus vada incontro a modifiche.

Nonostante ciò, al momento non ci sono dati che indichino che A/H5N1 abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l’uomo. Tuttavia, se questa trasformazione avvenisse saremmo particolarmente vulnerabili. “Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l’H5 non è mai circolato negli esseri umani”, precisano le agenzie. Per ridurre i rischi Ecdc ed Efsa invitano ad alzare la guardia, rafforzando le misure di biosicurezza negli allevamenti, limitando l’esposizione al virus dei mammiferi, compreso l’uomo, e intensificando la sorveglianza e la condivisione dei da

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Da 20 anni aria più pulita in Europa, ma non basta

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Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).

Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.

Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.

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