La dorsale appenninica che come una colonna vertebrale sembra sorreggere la nostra Penisola, in questa parte di meridione volta d’improvviso verso il Tirreno in un immediato bisogno di mare. Così i monti del Cilento senza nessun preavviso si tuffano nel blu, in una cornice talmente bella che sembra prendersi gioco delle nostre emozioni. Insenature che affiorano da strapiombi di rocce e paesini cesellati nella scogliera, sembrano così assolvere più ad una funzione scenica che ad una esigenza abitativa o ad una “normale” evoluzione naturale.
Quasi tutto l’anno il sole splende potente sulle alture, promontoried altipiani che cedono il passo alla costa, cadenti tutti nella provincia di Salerno e ricompresi nel Parco Naturale del Cilento, Vallo di Daino e Alburni. Per la loro struggente bellezza questi luoghi hanno da sempre ammaliato gli uomini che hanno avuto la fortuna di raggiungerli, e di fronte a tale spettacolo non hanno potuto resistere dal decantarne le lodi finanche in opere e leggende che hanno vinto le ragioni del tempo. Così la Magna Grecia qui vive ancora tra gli eterni miti che riecheggiano nei nomi dei territori e tra le testimonianze archeologiche che lascianosenza fiato.
Partendo dalla parte della costa settentrionale “cilentina” possiamo imbatterci in Paestum (Frazione del comune di Capaccio) dove oltre allo splendido mare e alle organizzatissime spiagge che si estendono per lo più su di un soffice strato sabbioso per circa 15 chilometri, allietate da una pineta che regala frescura e riparo da ogni trambusto urbano o viario,possiamo visitare i templi della Magna Grecia meglio conservati al mondo. Difatti, il “Tempio di Nettuno” e la “Basilica”, di ordine dorico e dedicati ad Era, grazie al loro stato di straordinaria conservazione sembrano aver vissuto di vita propria fino a ieri.
Superata Agropoli, cittadina ormai con oltre ventimila abitati, snodo fondamentale per la sua posizione strategica oltre che importantissima realtà culturale e paesaggistica, dove si avvicendano spiagge sabbiose e stupende insenature rocciose, ci dirigiamo verso Sud Ovest e subito l’Appennino Meridionale comincia a farsi sentire in tutta la sua maestosità, iniziando a gonfiarsi esponenzialmente in una ripida salita verso il cielo. Proseguendo la SS 267 percorriamo un suggestivo paesaggio montano che cede la visuale a squarci di un orizzonte sospeso tra cielo e mare. Giungiamo così al limite settentrionale del territorio di Castellabate, che ospita tra le sue frazioni perle come Santa Maria (di Castellabate), San Marco, Punta Licosa e Ogliastro Marina, spaccati di Meridione dove la natura è diventata poesia.
Vicoli, scalette e stradine medievali si districano tra il Castello, la Basilica e palazzi storici fino a raggiungere il lungomare di Santa Maria, che dai piedi del mansueto colle Sant’Angelo si allunga dolcemente verso quella che è diventata a buona regione una omonima area marina protetta che si estende fino ad Ogliastro Marina. Dalla vegetazione tipicamente mediterranea si costeggia il mare su spiagge per lo piùsabbiose che si susseguono per chilometri e chilometri. Costantemente calati in posti così incantevoli, dove non giunge mai l’inverno e che d’estate ci regalano un mare incontaminato dove ci si può rigenerare da ogni affanno e stress quotidiano, il tempo finalmente rallenta e le onde entrano in sincronia con il ritmo del nostro cuore. E tanto ci fa capire quanto siano vere le parole pronunciate dal re Gioacchino Murat circa due secoli fa, proprio dal Belvedere di San Costabile: “Qui non si muore”.
Proseguendo questo magnifico arco costiero in direzione Ovest, troviamo Punta Licosa, altro magico territorio di Castellabate che, non a caso, trova radici mitologiche nell’Odissea di Omero e prende quindi nome dalla sirena Leukosia, sprofondata per sempre in queste acque cristalline per amore di Ulisse. Da qui ad Ogliastro, che delinea il confine meridionale del territorio di Castellabate, l’incontro tra l’Appennino ed il mare si fa più selvaggio, ancorché intervallato sempre da una fitta vegetazione mediterranea. Le spiagge rocciose di queste coste sono caratterizzate dai “flysch del Cilento”, una roccia composta da piu’ stratificazioni di arenaria, argilla e calcare, che si estende dalla terraferma fin nelle profondità marine, creando calette, sbalzi e veri e propri ricami rocciosi degni di un intervento ad hoc. Ovviamente questo è considerato anche un paradiso per i sub, che possono perdersi in un sogno color turchese dove poter continuare ad osservate le stratificazioni minerarie che anche nel mare creano nuovi paesaggi mozzafiato, abitati da una fauna e flora marina ricca e variegata.
Questa è una meravigliosa parte del Cilento, che ovviamente prosegue attraverso altri posti magnifici come Acciaroli, Pioppi, Marina di Casal Velino, Ascea, Palinuro e Marina di Camerota, nei quali ci perderemo con la mente la prossima settimana sempre su Juorno.it.
Per chi intanto volesse regalarsi un approfondimento su questa straordinaria area, potrà consultare i tanti articoli pubblicati sempre sul nostro giornale o la rubrica interamente dedicata, “La Voce del Parco”, di Marina Delfi.
Quella che avete letto è la prima tappa nel Cilento bu. La seconda tappa sarà pubblicata domenica prossima.
Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).
Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.
Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.
Il mese di febbraio 2024 è stato il piu’ caldo mai registrato al mondo, parte di una serie di nove record mensili consecutivi, con temperature ben al di sopra della norma in Europa. Lo ha annunciato Copernicus. La temperatura degli oceani, insolita da quasi un anno, contribuisce in gran parte a questa straordinaria serie. Secondo il bollettino mensile dell’Osservatorio europeo si e’ raggiunto un nuovo record assoluto, sommando tutti i mesi, con 21,06 C registrati a febbraio sulla superficie dei mari (escluse le zone vicine ai poli).
Dal Centro Nazionale Meteomont arrivano i consigli per evitare di trovarsi coinvolti in valanghe in montagna: le recenti nevicate, scrivono i carabinieri, localmente ancora in corso ed associate a vento forte, determinano attualmente e per i prossimi giorni un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini. Fortemente sconsigliate le uscite escursionistiche ed alpinistiche al di fuori delle piste battute e segnalate. Attendere qualche giorno dopo le perturbazioni affinchè il manto nevoso si stabilizzi. Pericolo moderato ma in diminuzione alle alte quote dei settori liguri, emiliani ed abruzzesi. Seguire attentamente l’evoluzione dei prossimi giorni anche attraverso l’app METEOMONT CARABINIERI. In dettaglio:
– ALPI. Le diffuse ed abbondanti nevicate delle ultime 24 ore, localmente ancora in corso, associate con quelle dei giorni precedenti e con un forte vento, hanno determinato un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini, con gradi diversificati a seconda delle cumulate registrate al suolo, delle quote e della posizione geografica. Dalle Alpi Marittime a quelle Lepontine, dalle Retiche alle Giulie, in generale, il grado di pericolo sale a FORTE 4 alle alte quote al di sopra dei 1700/1900 mslm, per problemi connessi principalmente alla NEVE FRESCA, localmente anche ai LASTRONI DA VENTO, mentre al di sotto di tali quote sale a MARCATO 3, per problemi connessi alla NEVE BAGNATA.
In generale, le uscite escursionistiche al di fuori delle piste battute e segnalate, sono sconsigliate alle alte quote delle Alpi. Attendere qualche giorno che il manto nevoso si stabilizzi. Fortemente limitate le attività a quote inferiori. Previste localmente in alta quota ulteriori nevicate nel corso della settimana. Seguire con attenzione l’evoluzione giornaliera e settimanale delle condizioni di stabilità del manto nevoso.
In alta quota il problema è legato alle nevicate in atto o più recenti, il cui sovraccarico progressivo prodotto sul manto nevoso preesistente è il fattore cruciale. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, di grandi dimensioni, a lastroni e a debole coesione asciutte, spontanee e provocate con debole sovraccarico, a tutte le esposizioni, per presenza di strati deboli nel manto nevoso e mancanza di coesione tra le particelle di precipitazione recenti. Pericolo presente durante le nevicate residuali ancora in corso e fino ad alcuni giorni dopo le nevicate. In caso di ulteriori nevicate pericolo stazionario. Avvertenze: fare attenzione ai cambiamenti minimali delle condizioni meteorologiche (es: il cambiamento dell’umidità e della temperatura dell’aria) che influenzano le condizioni della neve fresca. In alcuni casi il pericolo di caduta è più importante del pericolo di seppellimento. Attenzione ai pendii ripidi !
A quote inferiori il problema è legato all’indebolimento del manto nevoso per la presenza di acqua che si infiltra per fusione o per pioggia. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, anche di grandi dimensioni, a lastroni ed a debole coesione di neve bagnata, principalmente spontanee, a tutte le esposizioni (al di sotto dello zero termico o della quota limite della nevicata). Durata del pericolo da ore ad alcuni giorni, possibile una rapida perdita della stabilità. Avvertenze: l’inizio della pioggia, la formazione di pallottole e chiocciole di neve e piccole valanghe a lastroni bagnati o valanghe di neve bagnata a debole coesione sono precursori di un ciclo di valanghe spontanee a lastroni di neve bagnata. Un elevato sprofondamento dello scarpone è un altro segnale di progressivo inumidimento del manto nevoso. Valutare ed evitare le abituali zone di scorrimento ed accumulo delle valanghe di neve bagnata.
– APPENNINO, pericolo valanghe di grado MODERATO 2 alle alte quote dei settori LIGURI,EMILIANO ed ABRUZZESE, per NEVE BAGNATA, ma in progressiva e rapida diminuzione. Da seguire con attenzione l’evoluzione sui settori liguri (Alpi ed Appennino) nel corso della settimana.
Per le necessarie ed indispensabili informazioni locali, di dettaglio e di approfondimento, da seguire con attenzione nel corso della settimana, nonché per interpretare con correttezza i termini, le simbologie, i problemi e le situazioni tipo sopra riportate ed indicate nei bollettini valanghe nel rispetto degli standard europei EAWS, si consiglia di consultare il sito e l’app METEOMONT CARABINIERI.