Collegati con noi

Cronache

Paura in Duomo a Milano, vigilante preso in ostaggio: la polizia immobilizza l’aggressore

Pubblicato

del

Paura questa mattina nella cattedrale simbolo di Milano dove, per sfuggire a un banale controllo di polizia, uno straniero con piccoli precedenti e’ entrato di corsa nel Duomo, spintonando una guardia giurata, e una volta dentro ha preso in ostaggio un altro vigilante, puntandogli un coltello e facendolo inginocchiare, fino a quando, fronteggiato dalla polizia, non e’ stato immobilizzato. L’uomo cosi’ e’ stato arrestato mentre la guardia giurata ne e’ uscita illesa, grazie al sangue freddo degli agenti. Per la citta’, pero’, sono stati minuti lunghissimi, e da piu’ parti ora ci si interroga sulla facilita’ di compiere gesti simili nonostante tutti i dispositivi di sicurezza nella piazza cuore del capoluogo lombardo. L’allarme e’ giunto alla centrale operativa di via Fatebenefratelli alle 13.01, ma in quel preciso momento gia’ alcuni agenti di due ‘Volanti’ di passaggio in piazza Duomo stavano intervenendo. Tutto infatti si e’ risolto in un lampo: alle 13.12 infatti il 118 e’ intervenuto all’interno dell’edificio religioso chiamato dal 112 ed era gia’ tutto finito. Dieci minuti ad alta tensione causati da un uomo, un egiziano di 26 anni, in Italia con un regolare permesso di soggiorno e con qualche precedente. Il pool antiterrorismo della Procura di Milano, guidato da Alberto Nobili, e gli investigatori della Digos stanno effettuando accertamenti.

 

Al momento, pero’, non si sa perche’ l’uomo abbia deciso di compiere questa azione anche se in passato avrebbe avuto gia’ reazioni impulsive di fronte alle divise, dato che alle spalle ha una ‘rapina impropria’ (in genere quando si reagisce durante un furto) e una ‘resistenza a pubblico ufficiale’. E a Malpensa, nel 2016, ne aveva combinata una simile: dopo un furto nel duty-free, tramutato ancora una volta dalla sua reazione esagerata in rapina, si era infilato nella zona vietata dell’aeroporto causando una caccia all’uomo. Per quella bravata si era fatto 5 mesi di carcere, e forse questa volta gli andra’ peggio. Dalle prime verifiche comunque niente farebbe pensare che si tratti di un esaltato, tanto che al momento non gli viene contestata un’azione con finalita’ terroristiche. Sulle prime aveva solo detto di chiamarsi ‘Cristiano’, ma non e’ il suo vero nome. Al momento non si e’ avuta certezza nemmeno del luogo in cui abita. Lui aveva detto ai poliziotti di “abitare nel Duomo” ma si ritiene solo una frase sconclusionata. Peraltro non avrebbe mai pronunciato frasi a sfondo politico o religioso anche se il nome che si e’ attribuito sulle prime e’ certamente curioso, e sono in corso accertamenti anche per stabilire se possa essere copto. Di lui con certezza si sa solo che e’ entrato in Italia nel 2011 per un ricongiungimento famigliare con i genitori, emesso dalla Questura di Savona.

 

Si deve in parte anche alla solerzia dei poliziotti di Milano, a quegli esperti agenti delle ‘Volanti’ che sono uno dei “gioielli” della Polizia di Stato, se oggi, quando un uomo e’ entrato nel Duomo e ha preso in ostaggio un vigilante, la situazione si e’ risolta in pochi minuti. Alle 13, infatti, quando l’egiziano di 26 anni ha agito, pare per sfuggire a un banale controllo, era l’ora del cambio turno: quella piu’ sguarnita, con le vetture che rientrano in Questura e quelle del gruppo orario successivo che si disperdono nelle loro zone di competenza. Ma su due di queste, che viaggiavano inseme, c’era anche il capo del turno (visibile chiaramente nel filmato diffuso dalla Polizia di Stato) che “per abitudine” quando entra in servizio passa “sempre in Duomo, almeno un paio di giri con la pattuglia”. Buone pratiche tramandate, azioni non codificate di chi pensa, appunto, da poliziotto, e che conosce a menadito la citta’. “Eravamo proprio in piazza Duomo – hanno spiegato alcuni di loro a fine turno – quando abbiamo visto la vigilanza all’ingresso della cattedrale sbracciarsi, chiamarci. Siamo corsi dentro e abbiamo trovato l’intruso che puntava un coltello a serramanico alla gola della guardia giurata, seduta a terra”. A entrare sono stati quattro agenti delle Volanti, un paio del III Reparto Mobile, il vice dirigente del Commissariato Centro e altri, come ha spiegato la Questura. Tutti fermi davanti a lui per interminabili minuti, nella parte sinistra dell’abside, appena dopo l’altare maggiore. Nella penombra multicolore delle magnifiche vetrate della cattedrale l’uomo ha farfugliato cose “poco chiare”, dicendo di “abitare nel Duomo” e di chiamarsi “Cristiano”. Alla vista delle armi che almeno due gli paravano davanti, tenendolo sotto tiro, si e’ spaventato. Allora una poliziotta delle Volanti ha alzato le braccia (si vede anche nel filmato delle telecamere di sicurezza) e ha detto: “Adesso mi tolgo il cinturone”, cercando di tranquillizzarlo e rilassarlo. Quando la tensione e’ un po’ calata e gli agenti hanno visto che c’erano le condizioni di sicurezza per tentare di disarmarlo, gli sono “saltati addosso” bloccandogli il polso. L’uomo, colto di sorpresa, e’ stato immobilizzato. E se si chiede perche’ quelle due Volanti siano passate proprio in piazza Duomo la risposta e’ laconica ma chiara: “Siamo a Milano, si fa per abitudine anche se si allunga un po’”.

 

Advertisement

Cronache

Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

Pubblicato

del

Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

Continua a leggere

Cronache

Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

Pubblicato

del

Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

Continua a leggere

Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

Pubblicato

del

Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto