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Napoli, de Magistris cancella i debiti fatti dai commissari di Governo: non li pagano i napoletani ma lo Stato

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Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha approvato la delibera per la cancellazione del debito storico del Comune di Napoli prodotto dalle gestioni commissariali. Ben cinque sono stati i commissariamenti straordinari che hanno interessato la città di Napoli: sottosuolo; rischio idrogeologico; post terremoto; emergenza rifiuti; Bagnoli.

Ebbene, ognuno di questi commissariamenti ha prodotto spese e contenziosi che, per la stragrande parte, sono ricaduti interamente sulle casse della città di Napoli, i suoi bilanci e scaricati sulle teste dei napoletani. E’ ancora impossibile quantificare gli effetti economici con precisione ma il solo commissariamento post terremoto, dal 2011 ad oggi, ha comportato un esborso di oltre 200milioni di euro mentre il commissariamento emergenza rifiuti ha pesato, fino ad ora, per 66milioni di euro: somme sottratte ai cittadini napoletani. Spese per opere e spese per successivi numerosi, lunghi e dispendiosi contenziosi giuridici determinate non dagli eletti dai cittadini napoletani ma da commissari nominati dal governo, chiamati a rispondere sempre e solo allo stesso.
La Giunta comunale oggi – su proposta del Sindaco Luigi de Magistris e del Vice sindaco con delega al Bilancio Enrico Panini – ha votato una delibera, sottoscritta da tutti i componenti la Giunta, con la quale si dispone lo stralcio di queste somme dal bilancio e l’accollo allo Stato italiano.
In essa – fra l’altro – si legge:
“… i debiti derivanti da negoziazioni poste in essere dai Commissari straordinari, cioè da soggetti non eletti dalla popolazione, non possono collegarsi alla responsabilità dell’Ente e, di conseguenza, gravare sulle casse dell’Ente medesimo, ma alla responsabilità dello Stato, il quale si è “sostituito” agli organi dell’Ente tramite detti Commissari, i quali hanno agito come “organi del Governo” e non come “organi dell’Ente”;…” E’ la prima volta in Europa che viene approvata una delibera così netta e motivata ma non può pesare sulla città un debito ingiusto, perché contratto da altri.
Ricadono nella categoria del “debito ingiusto” innanzitutto i debiti contratti dai vari Commissari straordinari, ovvero da soggetti non eletti dalla popolazione; tutti debiti riguardanti la gestione “extra ordinem” dei commissari straordinari; quelli discendenti da contenzioso per la stipula di contratti, concessioni di appalti e per tutti gli atti ed i provvedimenti emessi dai Commissari in deroga alle ordinarie procedure di controllo politico ed amministrativo del Comune di Napoli; quelli che trovano la loro fonte generatrice in contratti di mutuo stipulati a tassi di interesse fuori mercato, in quanto o illegittimi formalmente perché assunti da organi incompetenti o in quanto illegittimi, perché assunti in conflitto di interesse con il perseguimento dell’interesse economico generale.
La costruzione dell’atto è il frutto del contributo di importanti giuristi, primo fra tutti il vice presidente emerito della Corte costituzionale, Paolo Maddalena.
Alla stesura del testo ha contribuito in modo determinante la Consulta dell’”Audit sul debito pubblico”, organismo di studio ed analisi costituito sulla base della qualità dei curriculum professionali e di studio dei singoli componenti, affiancato – per l’occassione – dal contributo dei proff. Marco Bersani ed Andrea Fumagalli. L’azione politica messa in campo dal Sindaco e dalla Giunta negli anni scorsi, culminata con una manifestazione ad aprile 2018, si traduce in un atto amministrativo a fronte, in particolare, dell’emergenza determinata dal Covid 19 che, per Comuni già pesantemente colpiti dal taglio dei trasferimenti previsti dalle diverse finanziarie, impone una esposizione davvero impensabile fino a poche settimane fa. A maggior ragione non possono essere i cittadini napoletani a pagare il prezzo dei commissariamenti due volte: la prima per i debiti ingiusti scaricati sulla città, la seconda perché sono risorse sottratte ai tanti interventi necessari per far fronte ad una emergenza sanitaria, economica, sociale.

Sulla costruzione della delibera ha pesato molto il parere di Paolo Maddalena che condivide il percorso usato per la cancellazione del debito storico prodotto da gestioni commissariali
“La delibera approvata dalla Giunta del Comune di Napoli è un coraggioso passo avanti della nostra Città sulla via della civiltà giuridica. Da troppo tempo i Comuni sono tartassati da operazioni finanziarie che opprimono l’ignara e incolpevole popolazione comunale a favore di una politica nazionale volta, sotto l’influenza del pensiero unico dominante del neoliberismo, a favorire la finanza e le multinazionali ai danni del popolo. I danni causati dai Commissari straordinari devono cadere sul bilancio statale, poiché l’accollo di questi ai Comuni è contro il “principio di solidarietà sociale” di cui all’art. 2 della Costituzione, nonché del principio di “sussidiarietà”, di cui all’art. 118, ultimo comma, della Costituzione stessa. La legge che ha scaricato sui Comuni i debiti contratti dai Commissari straordinari – dice Maddalena –  è pertanto illegittima e va portata all’esame della Corte costituzionale. Altrettanto è da dire della legge che legittima i Comuni a acquistare “derivati”, che trasferiscono sui Comuni stessi i rischi connessi a tali prodotti finanziari tossici. Che il primo passo sia fatto dalla Giunta del Comune di Napoli è cosa che ci inorgoglisce come napoletani e come cittadini che vogliono il bene dell’Italia”.

 

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Stop a numero chiuso a Medicina, il no dei camici bianchi

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Primo passo verso lo stop al numero chiuso per Medicina. Anche se la strada per arrivare ad una riforma complessiva della legge si annuncia ancora lunga. Il Comitato ristretto della Commissione Cultura e Istruzione del Senato adotta un testo base praticamente all’unanimità, ma sono molti i dubbi che solleva l’ opposizione. Per non parlare del no netto che arriva subito dall’Ordine dei medici, secondo il quale se si toglierà il numero chiuso “entro 10 anni si produrranno solo dei disoccupati”. Il testo che adotta il Comitato ristretto, di cui dà notizia, esprimendo “soddisfazione”, il presidente della Commissione Roberto Marti, contiene di fatto una sorta di delega in bianco al governo su come rimodulare l’accesso alla facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. Delega da adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.

Per il resto, le novità sostanziali sono l’abolizione dei test d’ingresso, che dovrebbe scattare dal 2025/2026, e i nuovi ostacoli che l’aspirante medico dovrà affrontare. Se lo studente, infatti, entro 6 mesi, non supererà prove che riguardano discipline in area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria (ancora da individuare) non potrà più accedere a Medicina. Sin dall’inizio, gli sarà consentito iscriversi anche a un’altra facoltà scientifica, come ad esempio Biologia, e nel caso in cui il semestre a Medicina si concluda con un nulla di fatto, potrà sempre continuare con la seconda scelta vedendosi riconosciuti dei crediti formativi. E sono proprio i nuovi paletti a non convincere troppo l’opposizione che annuncia “emendamenti” per migliorare il testo. Nell’attesa, i partiti fanno a gara per intestarsi il provvedimento.

La prima a cantare vittoria è la Lega. Matteo Salvini parla di “storica battaglia”, mentre il governatore del Veneto Luca Zaia di “cambio di passo”. Poi è la volta di FdI che con la prima firmataria del ddl Ella Buccalo difende anche l’idea del semestre in prova definendolo “una selezione basata sul merito”. E “orgogliosa” del primo passo compiuto in Commissione la ministra dell’Università Anna Maria Bernini secondo la quale si riusciranno “a formare 30mila medici senza il numero chiuso”. Convinti della necessità di togliere i test, pur individuando criticità sono i senatori del centrosinistra. Di “delega troppo vasta” parla ad esempio Cecilia D’Elia, capogruppo Pd in Commissione, che esprime anche dubbi sulla “definizione di una graduatoria nazionale dopo aver frequentato solo un semestre”. Nel testo, secondo il Dem Andrea Crisanti, restano “incertezze anche sulle modalità di accesso ad altri corsi di esame per coloro che non sono stati ammessi a Medicina”.

Lo stop al numero chiuso, intervengono i medici Anaao, sindacato degli ospedalieri, è “il colpo di grazia alla formazione medica”. “La scelta di superare il modello della legge del ’99”, commenta l’Unione Studenti, “è sicuramente un primo passo, ma siamo delusi dalle modalità”. Intanto, alla Camera il Pd presenta la proposta di legge sulla sanità firmata dalla segretaria Elly Schlein che chiede di investire nella sanità pubblica nei prossimi 5 anni fino al 7,5% del Pil che è la media europea. Schlein quindi accusa Meloni di mentire “sui dati”, ricordando il “taglio di 1,2 miliardi dai fondi del Pnrr”.

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Biden firma gli aiuti, i missili Atacms sono già a Kiev

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Un nuovo maxi invio di armi all’Ucraina per rendere gli Stati Uniti e il mondo “più sicuri” di fronti ai pericoli della tirannia. Dopo mesi di stallo a Capitol Hill, Joe Biden mette a segno un’importante vittoria sia in chiave elettorale che sul fronte della politica estera con l’approvazione definitiva della sua legge di spesa da 95 miliardi, di cui una prima tranche da un miliardo destinata alle forze di Volodymyr Zelensky nell’ambito di un totale di 60,8 per l’Ucraina che comprende anche aiuti umanitari ed economici. Ma la notizia è anche che Washington un mese fa ha segretamente inviato i missili a lungo raggio Atacms, che Kiev chiede da quasi due anni. Gli aiuti, ha assicurato il commander-in-chief subito dopo aver firmato il provvedimento, partiranno “nei prossimi giorni” ed arriveranno in Ucraina entro la fine di questa settimana.

Nella lista ufficiale diffusa dal Pentagono sulla prima tranche da un miliardo ci sono sistemi di difesa aerea, proiettili di artiglieria, veicoli corazzati e armi anticarro che si trovano già nei depositi americani in Europa. Tuttavia, secondo indiscrezioni di Politico, un mese fa gli americani avrebbero già spedito a Kiev gli agognati Atacms, che Washington ha sempre negato a Zelensky per il timore di un’escalation con la Russia. E anche se lo scorso ottobre il dipartimento della Difesa aveva mandato in Ucraina, senza troppa pubblicità, quelli a medio raggio, il leader di Kiev aveva continuato a premere per un’arma che potesse colpire oltre le linee di Mosca. I circa 200 missili a lungo raggio sarebbero arrivati a marzo, all’interno di un pacchetto da 300 milioni di dollari, e sarebbero già stati utilizzati due volte dall’esercito ucraino per colpire un aeroporto militare russo in Crimea mercoledì scorso e le truppe russe nel sud-est del Paese durante la notte di martedì.

All’epoca membri chiave del Congresso erano stati informati della spedizione segreta di Atacms ma l’amministrazione Biden non aveva fatto nessun annuncio pubblico. Stando a quanto ha rivelato un alto funzionario dell’amministrazione americana, inoltre, anche in questo nuovo pacchetto ci saranno i potenti missili, capaci di colpire fino a 300 km. Per Biden, che ha ringraziato lo speaker repubblicano Mike Johnson per aver sbloccato la legge alla Camera sfidando gli estremisti trumpiani, si tratta di “un investimento” nella sicurezza degli Stati Uniti e dei loro alleati. “L’America non si piega a nessuno, men che meno a Vladimir Putin”, ha avvertito il presidente americano assicurando che gli Stati Uniti “sconfiggeranno i dittatori nel mondo”. “Se i nostri partner sono più forti lo siamo anche noi”, ha sottolineato promettendo, ancora una volta, di non “lasciare da soli” i Paesi amici. Zelensky da parte sua ha ringraziato il Senato americano per aver approvato la legge definendo il prossimo invio di armi un “aiuto vitale” per le sue forze.

“Le armi a lungo raggio, l’artiglieria e la difesa aerea sono strumenti fondamentali per ripristinare la pace il prima possibile”, ha dichiarato il leader ucraino che non ha menzionato esplicitamente gli Atacms. Con questo tipo di armi comunque gli ucraini sono stati in grado di infliggere gravi danni alle forze del Cremlino, come dimostrano i video pubblicati dagli abitanti delle zone colpite mercoledì scorso, dove si vedevano incendi devastanti e le finestre delle case vicino all’aeroporto distrutte dall’esplosione. “La chiave ora è la velocità. La velocità di attuazione degli accordi con i partner sulla fornitura di armi per i nostri guerrieri. La velocità con cui si eliminano tutti i piani russi per eludere le sanzioni. La velocità nel trovare soluzioni politiche per proteggere le vite dal terrorismo russo”, ha sottolineato ancora il presidente ucraino. “Ogni leader che non perde tempo è un salvavita. Ogni Stato che sa agire rapidamente salvaguarda l’ordine mondiale basato su regole. Ringrazio tutti coloro – ha detto Zelensky – che nel mondo aiutano il nostro popolo a ripristinare una vita normale dopo gli attacchi russi. Ringrazio tutti coloro che aiutano i nostri guerrieri a difendere le città e i villaggi dell’Ucraina dal male russo”.

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Premierato: ecco cosa prevede il ddl Casellati

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Con l’approvazione del mandato al relatore in Commissione Affari costituzionali si delinea il testo della riforma del premierato elettivo. Ecco i cardini principali della riforma costituzionale che però sul punto centrale, l’elezione diretta del premier, contiene solo alcuni principi rinviando il resto ad una legge ordinaria.

PREMIER ELETTO: “Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni.

Le elezioni delle Camere e del presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente”.

LIMITE A DUE MANDATI: Si può essere eletti premier “per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”.

SISTEMA ELETTORALE: Una legge ordinaria disciplinerà “il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività”.

NOMINA E REVOCA DEI MINISTRI: “Il presidente della Repubblica conferisce al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri”. Nell’attuale costituzione non c’è il potere di revoca dei ministri.
FIDUCIA: “Entro dieci giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”. Se non viene approvata la mozione di fiducia, “il presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il governo”. Quindi il premier eletto può fare un nuovo tentativo con un altra squadra di ministri, o anche cercando un’altra maggioranza. “Qualora anche in quest’ultimo caso il governo non ottenga la fiducia delle Camere, il presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”.

CRISI DI GOVERNO: Se il governo, nel corso della legislatura, viene sfiduciato “mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”. “In caso di dimissioni del presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone”. “Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio”. In entrambi i casi il nuovo governo può avere una maggioranza diversa da quella uscita della urne. L’articolo sulle crisi di governo – il 4 del ddl Casellati – potrebbe essere riformulato in Aula.

ADDIO SENATORI A VITA: E’ abrogato il potere del Quirinale di nominare cinque senatori a vita. Quelli attualmente in carica mantengono il loro incarico. Non viene invece toccato l’articolo che stabilisce che i presidenti della Repubblica al termine del settennato diventano senatori a vita.

CONTROFIRMA: E’ abolita la controfirma del governo in una serie di atti del presidente della Repubblica: nomina del presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere.

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Per eleggere il capo dello Stato occorre il quorum dei due terzi dei grandi elettori non più nei primi tre scrutini, bensì nei primi sei.

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