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Cronache

Muore agente della penitenziaria affetto da coronavirus, sindacato attacca: via Bonafede e Basentini, subito Maresca supercommissario per le carceri

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Il caos carceri non è una novità. Dopo le rivolte dei giorni scorsi, i morti e i danni per milioni di euro, resta altissima la tensione anche tra amministrazione penitenziaria e organizzazioni sindacali. Molto critica contro il ministro Alfonso Bonafede e contro il capo del Dap Francesco Basentini il Sindacato di polizia penitenziaria.

Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il ministro Bonafede con il capo del Dap Basentini e un poliziotto

“Il Ministro Bonafede – scrive in una nota per la stampa Aldo Di Giacomo, presidente del SPP – nella comunicazione alla Camera si è limitato a sciorinare numeri senza citarne nemmeno uno che riguardasse la polizia penitenziaria. Un nuovo colpo inferto alla nostra dignità che il Presidente della Repubblica Mattarella invece ha voluto testimoniare. Il Ministro ha preferito parlare solo dei detenuti contagiati ignorando che ad oggi sono sempre più numerosi gli agenti positivi e/o in quarantena. Un collega che ha contratto il virus in servizio e che lavorava al nucleo provinciale traduzione e piantonamento di Milano ed era in servizio presso la Casa Circondariale di Milano Opera è morto. Questo collega – spiega Di Giacomo – lascia moglie e due figli ed era originario della Puglia. Mentre nelle carceri continuano a scarseggiare mascherine e quelle che ci sono non servono a nulla, il Ministro della Giustizia Bonafede fa discorsi privi di contenuto e soprattutto di proposte su come arginare la diffusione del virus nelle carceri” sostiene Di Giacomo, che ha chiesto – come gesto provocatorio al capo del Governo Giuseppe Conte –  l’immediato avvicendamento del Ministro per “comprovata” incapacità ad affrontare la situazione dell’emergenza sanitaria negli istituti penitenziari con la nomina di un “super commissario” a cui affidare quei compiti e quelle funzioni che l’emergenza richiede. “Insieme a Bonafede – ha precisato il segretario del S.PP. – chiediamo l’avvicendamento anche del Capo del DAP Basentini che da giorni dà prova di seguire il ministro Bonafede nell’incapacità di dare indicazioni precise. Anzi sta accadendo che il Capo del DAP, in una sorta di atteggiamento schizofrenico, emani circolari in continuazione salvo rettificarle o modificarle con il risultato di introdurre altro caos come se quello esistente non fosse sufficiente”.

Carceri nel caos. Il segretario del sindacato di polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo col ministro Guardasigilli Alfonso Bonafede

Ed è per questo motivo che Di Giacomo propone un “super commissario” e spiega che il suo sindacato pensa  “ad una figura di esperto, un conoscitore del sistema penitenziario, un magistrato giovane, capace e coraggioso. Per noi la figura che potrebbe rappresentare al meglio queste caratteristiche è sicuramente il noto magistrato campano Catello Maresca”. Abbiamo raggiunto telefonicamente il dottor Maresca per chiedergli un commento su questa proposta del sindacato di polizia penitenziaria e lui, con il solito garbo e cortesia ci ha detto “già servo il Paese come magistrato e di questo vado fiero”. Se posso approfittare della vostra cortesia “consentitemi solo di ringraziare la polizia penitenziaria, non solo per la proposta, ma per la grande professionalità che sta dimostrando in questo periodo drammatico. Spero – ha aggiunto Maresca – non ci sia bisogno di Commissari straordinari, ma se dovessero chiamarmi sono pronto a mettere a disposizione la mia esperienza al servizio del mio Paese”.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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