Ha sempre confessato di “avere ottenuto piu’ di quello che poteva pensare, ma l’unica cosa che gli mancava era portare il mare a Verona”. Alberto Bauli, il “re dei pandori”, scomparso sulla soglia degli 80 anni (li avrebbe compiuti il prossimo 5 settembre), lascia un impero dolciario che dalla sede di Castel d’Azzano, alle porte di Verona, spazia non solo nella provincia scaligera, con lo stabilimento a San Martino Buon Albergo dove nel 2009 vennero rilevati i prodotti da forno della multinazionale Nestle’, con gli storici marchi Motta e Alemagna, ma poi nel trevigiano (i biscotti Doria, acquisiti nel 2006), alla Bistefani di Casale Monferrato (Alessandria), entrata nel 2013 con i suoi celebri Krumiri e gli altri prodotti nell’orbita del gruppo dolciario veronese. Lo stabilimento in Piemonte poi e’ stato chiuso, trasferendo la produzione a Verona. Ma esiste anche uno stabilimento in India, a Baramati. Nel 2018 il gruppo ha fatturato oltre 472 milioni di euro, con circa 1500 dipendenti. Il sogno di portare il mare a Verona, dove ha sempre vissuto nella casa sopra il Teatro Romano, era legato alla passione per la barca, l’unico svago che l’ingegner Bauli si concedeva, assieme alla moglie Gabriella, per le vacanze sul Mediterraneo (oltre alle visite nei musei e a qualche comparsa sul green del golf), al lavoro nell’azienda fondata nel 1922 dal padre Ruggero.
Classe 1895, il patriarca che nel 1927 parti’, come tanti veneti, per l’Argentina in cerca di fortuna, si imbarco’ sul transatlantico Principessa Mafalda, sopravvivendo ad un terribile naufragio. Dieci anni dopo il ritorno a Verona con la moglie Zina, celebrato con l’apertura di un laboratorio e una pasticceria. Nel 1950 l’avvio della produzione industriale e la crescita progressiva negli anni ’60 e ’70. Una storia tipicamente italiana. Ruggero Bauli e’ morto nel 1985. E nei 25 anni di presidenza di Alberto Bauli, il gruppo e’ divenuto leader di mercato. Impegno industriale, ma anche nel mondo della finanza. Alberto Bauli e’ stato a lungo consigliere del Banco Popolare e presidente della Banca Popolare di Verona. “Il nome Bauli significa immediatamente pandoro, un dolce che ogni anno porta la tradizione natalizia veronese in tutto il mondo. Con la scomparsa dell’ingegner Alberto, il Veneto ha perso oggi un messaggero delle nostre tradizioni e del valore della nostra imprenditoria” lo ha ricordato il presidente del Veneto, Luca Zaia. E il sindaco di Verona, Federico Sboarina, ha aggiunto: “Oggi Verona ha perso un capace capitano d’industria e un banchiere illuminato. Con lui, l’azienda fondata dal padre e’ diventata un colosso, portando il nome di Verona nelle case di milioni di consumatori. La societa’ e’ una delle eccellenze cittadine per creazione di valore e occupazione”. Nel Gruppo Bauli si affaccia la quarta generazione, mentre l’azienda e’ guidata dal nipote Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona.
Un vero mini-clan, con tanto di summit e azioni intimidatorie. Tutto formato da minorenni dei Quartieri spagnoli di Napoli. E’ la scoperta di una indagine dela polizia che ha portato a una misura di custodia cautelare del gip partenopeo con il carcere nei confronti di tre ragazzi, ritenuti vicini ai Di Biasi, meglio conosciuti come Faiano, e indagati, a vario titolo, di lesioni personali, porto e detenzione di armi da fuoco, violenza privata, rapina, reati tutti aggravati anche dalle modalita’ mafiose. Il provvedimento nasce dalle indagini sul ferimento a colpi d’arma da fuoco di Vincenzo Masiello il 5 novembre 2022.
L’agguato e’ da ricondurre alla mira espansionistica di un gruppo di giovanissimi ambiziosi che volevano ritagliarsi il loro spazio all’interno delle dinamiche criminali dei Quartieri Spagnoli. La vittima, attualmente detenuta, e’ da considerarsi elemento di spicco della camorra del quartiere. Durante le indagini e’ emerso che il nascente gruppo criminale e’ dedito a reati contro il patrimonio, ha un’ampia disponibilita’ di armi, ha stabilito la sua base operativa in vico Lungo San Matteo che e’ controllato militarmente. Gli indagati costantemente armati di pistola, per evitare attacchi da componenti di altri gruppi antagonisti, hanno in piu’ occasioni perquisito le persone che, in particolare nelle ore notturne, transitavano nella loro zona di influenza.
Risate e gesti anche quello delle manette, a fine udienza, tra gli imputati al processo in corso a NAPOLI sull’omicidio di Francesco Pio Maimone, l’aspirante pizzaiolo ucciso nelle prime ore del 20 marzo 2023 sul lungomare di NAPOLI da un proiettile vagante esploso al culmine di una lite scoppiata solo per un pestone su un paio di scarpe griffate a cui la vittima era estranee. Il comportamento di alcuni degli accusati – collegati in video conferenza dalle carceri dove sono detenuti – non è passato inosservato in aula, quando ormai l’udienza, particolarmente importante quella di oggi, si era ormai conclusa. Oggi, infatti, per la prima volta uno dei testimoni, un amico della vittima, che era lì e nelle cui braccia Maimone è spirato, ha indicato colui che ha sparato, puntando il dito verso il riquadro del monitor in cui c’era Francesco Pio Valda.
“I fratelli Pellini, condannati definitivamente per traffico illecito di rifiuti, sono responsabili di aver avvelenato la Terra dei Fuochi seppellendo e spargendo nelle campagne di Acerra rifiuti speciali e pericolosi. Era stata disposta la confisca del loro patrimonio per ben 222 milioni, quei soldi dovevano essere destinati alle bonifiche.
Invece, la Cassazione glieli ha restituiti perchè la Corte d’Appello di Napoli si sarebbe attivata oltre i termini previsti. Ministro, per rispetto verso tutti i cittadini e per affermare i valori della Giustizia, chiediamo che si accerti, anche tramite ispezioni, cosa è realmente successo negli uffici giudiziari di Napoli e che si faccia tutto il possibile per recuperare quei soldi alla causa collettiva. Questa non può essere solo una battaglia del Movimento 5 Stelle, deve essere un impegno di tutte le forze politiche”.
Lo ha detto il deputato M5S Sergio Costa, vice presidente della Camera, illustrando un’interrogazione al ministro Nordio. Nella replica, la deputata M5S Carmela Auriemma, prima firmataria dell’atto, ha osservato come “non sia sufficiente la risposta del ministro. 222 milioni di euro sono stati restituiti a dei delinquenti per un vizio procedurale, è doveroso che si faccia la massima chiarezza su quello che è accaduto, lo Stato lo deve a tutti i cittadini cresciuti nella Terra dei Fuochi e alle troppe famiglie che piangono le vittime di quell’inquinamento criminale. Lo Stato non può perdere così davanti agli eco-delinquenti, deve essere forte e inflessibile con questa gente. Bisogna tutelare il lavoro svolto per 15 anni dai magistrati di ben tre procure della Repubblica”.