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Cronache

Migranti, sfruttamento lavoro nero e prostituzione: arresti in Italia e all’estero

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Una vasta operazione dei carabinieri di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura di Palmi, è in corso per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di numerose persone ritenute responsabili, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. L’inchiesta ha colpito una rete di caporali, composta da cittadini extracomunitari di origine centrafricana all’epoca dei fatti domiciliati nella baraccopoli di San Ferdinando e a Rosarno, i quali, in concorso con i titolari di aziende agricole e cooperative del settore della raccolta e della vendita di agrumi nella Piana di Gioia Tauro, erano dediti alle attività di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai danni di braccianti agricoli extracomunitari, a anche al favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di donne africane. “Si è trattato di un’operazione importante – ha aggiunto Sferlazza – perché ha consentito di assicurare alla giustizia personaggi senza scrupoli, sia caporali di origine africana sia datori di lavoro titolari di aziende agricole nella piana di Gioia Tauro. C’è compiacimento per un’operazione che ha consentito di smantellare questa struttura che sfruttava persone che gia’ si trovano in una situazione di estremo disagio sociale e emarginazione”. “A distanza di anni, dopo i morti che ci sono stati nelle varie tendopoli e baraccopoli per gli incendi a tutti noti – ha concluso il procuratore di Palmi – purtroppo dobbiamo registrare che questo fenomeno di sfruttamento continua, sicuramente alimentato e favorito dalla situazione di degrado in cui questa gente continua a vivere ormai da anni”.

Erano costretti a lavorare 10-12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza alcuna protezione individuale, a 2-3 euro l’ora i braccianti extracomunitari sfruttati dalla rete di caporali, anch’essi extracomunitari, con la complicita’ di imprenditori agricoli operanti nel settore della raccolta e vendita di agrumi nella piana di Gioia Tauro, sgominata stamani dai carabinieri con il coordinamento della Procura di Palmi. Un’operazione che, per la prima volta, e’ scaturita dalla denuncia di un migrante che ha trovato la forza di denunciare i suoi sfruttatori. Complessivamente i carabinieri, in esecuzione di un’ordinanza del gip, hanno arrestato venti persone – 13 in carcere e 7 ai domiciliari – e notificato 9 tra obblighi di dimora, divieti di dimora e obbligo di presentazione alla pg. Tra gli arrestati figurano 13 caporali 7 imprenditori agricoli ai domiciliari, oltre ad altri 2 con obbligo di dimora, 1 con divieto di dimora e 1 con obbligo di presentazione alla pg. L’operazione, denominata “Euno” dal nome dello schiavo siciliano che nel 136 a.C. guido’ la prima guerra servile contro il possidente terriero Damofilo, è giunta a conclusione di indagini condotte dai carabinieri della Stazione di San Ferdinando e della Compagnia di Gioia Tauro, col supporto del Nucleo ispettorato del lavoro di Reggio Calabria e scaturite da una denuncia presentata da un bracciante senegalese nei confronti di un caporale di nazionalità ghanese. L’inchiesta, condotta dal luglio 2018 al gennaio 2019, attraverso il ricorso a pedinamenti, osservazioni, riprese video, interrogatori ed intercettazioni ha permesso agli investigatori di fare luce sull’esistenza di una vera e propria rete di caporali composta da cittadini centrafricani che all’epoca vivevano nella baraccopoli di San Ferdinando e a Rosarno.

Lo sfruttamento iniziava già alle 5 del mattino quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli – il più delle volte inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone – iniziavano a caricare a bordo i braccianti radunati in diversi punti di raccolta, quali la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo container di Rosarno. Da qui venivano trasportati nei diversi fondi agricoli sparsi nella Piana per essere impiegati nella raccolta degli agrumi. Nei furgoni, omologati per il trasporto di non piu’ di 9 passeggeri compreso il conducente, i caporali riuscivano a caricare sino a 15 persone, costringendo i braccianti, gia’ provati dalle scarse condizioni di vita all’interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna realizzati con tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta e pneumatici usati di autoveicoli. Dalle indagini sono emersi anche alcuni episodi di detenzione ai fini di spaccio di marijuana e il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione da parte di un liberiano. Quest’ultimo si occupava di trasportare donne di nazionalita’ nigeriana, da Rosarno verso la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo container di Rosarno dove erano costrette a prostituirsi ed a cedere successivamente parte del ricavato al loro sfruttatore.

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Cronache

Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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