Ve li ricordati gli “eroi” italiani? Eh, quelli con i camici bianchi che salvavano vite di italiani che arrivavano in condizioni disperate negli ospedali affetti da covid 19, con polmoniti vitali devastanti in atto, e venivano salvati? Ecco, questa è la parte più scenografica e celebrata dell’emergenza nazionale, peraltro ancora in atto. Quella un po’ più compassata, meno celebrata nelle tv del pianto italiano, è quella relativa all’attività dei medici di famiglia, primo argine contro il coronavirus. Ebbene molti medici di famiglia che hanno fatto davvero un lavoro eroico hanno pagato con la vita la loro esposizione al contagio nel curare i pazienti. E a differenza dei colleghi della sanità pubblica o privata, i medici di famiglia e gli infermieri non saranno risarciti, indennizzati per i danni subiti. Se sono morti, nonostante abbiano pagato un’assicurazione, le loro famiglie non vedranno, quasi certamente, il becco di un quattrino. E sapete perchè? Perchè nel Paese dei cavilli, per questioni interpretative giuridiche, le compagnie non riconoscono l’epidemia virale da Covid-19 come infortunio sul lavoro. Cioè, se sei un medico del servizio sanitario nazionale e muori o subisci danni permanenti alla tua salute per combattere il Covid, sarai risarcito perchè l’Inail riconosce il covid 19 come causa di risarcimento. Se sei un medico di famiglia o un infermiere, muori e basta. E i tuoi congiunti? S’arrangino. Niente assegno dalla assicurazione che pure hanno pagato per anni. Molti di questi medici e infermieri o loro congiunti sono pronti a rivolgersi alla magistratura e a costituirsi in associazione.
Un medico, un dentista, un farmacista o un tecnico sanitario (infermieri, terapisti, radiologi ecc.) che lavorano con regolare contratto in una struttura sanitaria pubblica o privata e che si sono ammalati o si ammalano, Dio non voglia più, dopo essere stati contagiati da un paziente, possono contare sulla copertura assicurativa dell’Inail che considera ciò che è accaduto loro un infortunio sul lavoro. Ne consegue che han diritto a un indennizzo se riportano un’invalidità permanente. E in caso di morte viene versato ai familiari un indennizzo sostanzioso. Ma perchè i medici di famiglia non hanno lo stesso riconoscimento? Non svolgono anche loro un servizio pubblico, di cura e sorveglianza della salute pubblica, peraltro in convenzione con il Servizio sanitario che li paga, ad esempio, per visitare i pazienti? È vero che non possono rifiutarsi di curare i pazienti che sebbene ci fosse un pericolo serio di contagio durante l’epidemia virale hanno comunque lavorato e non hanno interrotto il loro servizio? Stessa cosa, ovviamente, vale per dentisti, farmacisti e altri operatori sanitari che svolgonoattività libero-professionale che li pone a contatto con il pubblico.
Questi professionisti, cui dobbiamo tanto, pagano volontariamente una polizza assicurativa che copre i danni da infortuni. Questi medici e operatori sanitari versano in media tra i mille e i duemila euro l’anno per coprire costi d’infortunio. C’è anche chi copre rischi professionali per pazienti. Eppure nel loro caso, a differenza dell’Inail, le compagnie assicurative private escludono che il contagio possa essere considerato un infortunio e non coprono i danni. Lo fanno se l’assicurato ha stipulato una polizza anche contro le malattie, ma è una cosa molto rara perché in Italia, per fortuna, c’è il Servizio sanitario nazionale che cura gratuitamente.
Da fine febbraio, dunque da inizio pandemia, l’Inail ha ricevuto 49.021 denunce di infortuni sul lavoro da parte degli operatori del settore della sanità e dell’assistenza sociale, tra tutte la categoria più colpita con 236 decessi. Secondo i dati Inail, il maggiore numero di contagiati si è verificato tra i tecnici della salute (40,9%), seguiti dagli operatori socio-sanitari (21,3%), dai medici (10,7%) e dagli operatori socio-assistenziali (8,5%). Anche il maggiore numero dei morti è stato registrato tra i tecnici della salute (12%, di cui il 60% infermieri) seguiti dai medici (9,9%) e dagli operatori socio-sanitari (7,8%). E allora di questi, solo gli operatori infettati sul lavoro che sono assicurati dall’Inail sono tutelati da questi rischi. Gli esclusi sono migliaia come, appunto, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i farmacisti e i dentisti, professionalità tra le quali ci sono stati tanti contagiati e morti, tra cui 171 medici e 14 farmacisti. Per loro, quindi, le regole dell’Inail non valgono.
Sulla qualificazione dell’infezione come infortunio c’erano orientamenti opposti tra mondo assicurativo pubblico e mondo assicurativo privato già prima della pandemia. Ma, com’è chiaro a tutti, dal punto di vista tecnico-giuridico non c’ è alcuna differenza tra il sistema assicurativo pubblico e quello privato sull’interpretazione dell’infezione come infortunio. Nonostante tutto ciò le assicurazioni private hanno sempre escluso tutte le malattie infettive dall’indennizzo, a meno che non siano collegate direttamente a una lesione subita in precedenza.
Per trovare una soluzione, Inail ha promosso un gruppo di lavoro per studiare l’estensione della propria tutela ai medici e odontoiatri liberi professionisti. Su come affrontare le conseguenze della pandemia in generale si interrogano le assicurazioni che, come ha detto il presidente Ania Maria Bianca Farina, stanno cercando “una soluzione assicurativa che consenta una gestione ex ante della pandemia”. Che sarebbe a dire, per ora se c’è soluzione, la paghi l’Inail. Poi per il fuor si vedrà. Ma le assicurazioni italiane, spesso in mano a grandi gruppi economici, spessissimo casseforti delle grandi famiglie capitaliste italiane ed europee, non si comportano in maniera diversa quando si tratta di ristorare il danno da mancati introiti per la chiusura di una attività commerciale disposta dalle autorità per motivi non dipendenti dall’assicurato. Avete idea di quanti esercizi commerciali sono stati chiusi per via del covid 19 nei quasi tre mesi di lockdown down? Migliaia. Ebbene una buona parte di queste attività commerciali, e tra queste pizzerie, ristoranti, erano coperta dal punto di vista assicurativo. Il problema è che quando gli assicurati hanno chiesto l’indennizzo per l’interruzione delle attività commerciali, hanno trovato o trovano mille resistenze da parte delle assicurazioni.
NoiConsumatori. L’avvocato Angelo Pisani
“Ci sono casi semplicissimi di indennizzo per interruzione delle attività commerciali che – spiega Angelo Pisani, presidente di NoiConsumatori – finiscono in Tribunale per colpa di assicurazioni che si comportano in maniera mascalzona. Se avete fatto sottoscrivere ai vostri clienti polizze costosissime che prevedono una diaria di 100 euro al giorno per interruzione della attività anche in caso di epidemia, per quale motivo poi volete versare ai vostri assicurati non la somma di tutti i giorni di chiusura ma una cifra a caso che stabilite voi o addirittura nulla?” arringa Pisani.
“Consiglio a quelli che hanno dei contratti di assicurazione in essere di verificare se oltre all’aiuto di Governo e Regione hanno diritto sacrosanto ad una diaria ed ad un indennizzo- risarcimento per interruzione delle attività commerciali da parte della compagnia di assicurazione. Se non sapete cosa fare, a chi rivolgervi, NoiConsumatori è a vostra disposizione. Stiamo costituendo un comitato per tutelare le vittime delle compagnie di assicurazione che non vogliono pagare i rischi per i quali per anno hanno incassato lauti premi. Anzi, mi rivolgo a tutti quelli che hanno delle polizze assicurative anche sulla salute in atto, oltre che ai medici di famiglia, alcuni morti sul alvoro – conclude Pisani -, non vi arrendete, avete diritto a essere risarciti, scrivetemi pure alla mail avvangelopisani2020@libero.it”.
In occasione del periodo pasquale, il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, d’intesa con il Ministero della Salute, ha intensificato le attività di controllo sui prodotti tipici della Pasqua, con particolare riferimento a quelli dolciari, al fine di tutelare la salute dei cittadini e a garanzia degli imprenditori onesti che possono subire una concorrenza sleale da chi opera invece in modo illecito.
Le verifiche sulla corretta applicazione delle procedure igieniche e l’impiego di ingredienti sicuri hanno così fatto emergere violazioni relative alla carente pulizia ed igiene degli ambienti di lavorazione e deposito, alla mancata applicazione delle procedute preventive di sicurezza alimentare, all’omessa tracciabilità dei prodotti ed etichettatura irregolare. In alcuni casi sono stati scoperti ingredienti e semilavorati per dolci scaduti di validità e detenuti in ambienti umidi e con infestazioni di roditori.
La campagna ha visto coinvolti a livello nazionale i 38 NAS Carabinieri con oltre 840 ispezioni presso laboratori di produzione ed esercizi di vendita dei tradizionali prodotti dolciari, quali uova di cioccolato e colombe, ma anche verificando la correttezza commerciale e igienica delle materie prime mediante la preventiva vigilanza alle fasi di produzione e fornitura.
Gli esiti conseguiti documentano irregolarità accertate presso 324 strutture ed aziende oggetto di ispezione (pari al 38%), la contestazione di 574 violazioni penali ed amministrative, per un ammontare di 425 mila euro, ed il sequestro di complessive 2 tonnellate di alimenti, per un valore stimato in oltre 267 mila euro. Nel corso degli interventi, sono state individuate, inoltre, anche colombe e uova di cioccolato prodotte industrialmente che, una volta scartate e riconfezionate, venivano vendute come produzione artigianale ad un prezzo superiore. Sono stati 6 i titolari di negozi deferiti all’Autorità giudiziaria per l’ipotesi di tentata frode in commercio, con contestuale sequestro di oltre 300 colombe e uova falsamente dichiarate di “propria produzione”.
A causa di gravi situazioni igieniche e strutturali sono stati disposti 15 provvedimenti di chiusura o sospensione delle attività commerciali e produttive, stimate in un valore economico superiore a 5 milioni di euro.
Tra le situazioni più significative accertate dai NAS si evidenziano:
Nas Brescia
Nel corso del controllo presso una pasticceria della provincia di Bergamo sono stati rinvenuti, all’interno del laboratorio, 70 kg di cioccolato e 90 kg di prodotti dolciari con data di scadenza
superata, anche da alcuni anni, e con indicazioni non conformi in ordine agli ingredienti usati per la produzione. Contestate violazioni amministrative per un importo di 3.500 euro.
Nas Roma
A seguito dei controlli svolti presso due laboratori di pasticceria della provincia di Roma, sono stati deferiti in stato di libertà i titolari di entrambe le attività per aver posto in commercio prodotti dolciari tradizionali pasquali (colombe e uova di Pasqua) di produzione industriale artatamente etichettati e dichiarati come prodotti gastronomici artigianali. Riscontrate altresì, a vario titolo, carenti condizioni igieniche e strutturali e la mancata attuazione del manuale HACCP. Sequestrate 33 confezioni di colombe e 15 uova di cioccolato pasquali ed elevate sanzioni per un importo complessivo di 4.000 euro.
Nas Caserta
A seguito delle verifiche eseguite presso 2 pasticcerie ed una fabbrica di cioccolato della provincia di Caserta, sono stati sequestrati complessivamente 580 kg di prodotti tipici delle festività pasquali, poiché non sottoposti al piano di rintracciabilità alimentare.
Nas Catania
Controllati 2 laboratori di pasticceria ed un’industria alimentare della provincia di Catania, con conseguente sequestro di complessivi 1.415 kg di preparati e basi per prodotti dolciari in parte scaduti, privi di etichettatura e tracciabilità, ed in parte stoccati in un locale/deposito con gravi carenze igienico-sanitarie per presenza di escrementi di roditori.
In relazione alla descrizione di specifici interventi operati dai NAS nel presente comunicato stampa, le persone deferite all’autorità giudiziaria sono da ritenersi presunti innocenti fino a un definitivo accertamento di colpevolezza in successiva sede processuale.
Un 49enne marocchino, condannato per l’omicidio della moglie, è stato espulso dall’Italia e accompagnato alla frontiera aerea di Venezia e rimpatriato in Marocco con un volo diretto a Casablanca. Il provvedimento è stato disposto dal questore di Padova Marco Odorisio. Entrato in Italia ad aprile 2010 per ricongiungimento familiare con la moglie, nel 2011 era stato arrestato dalla squadra Mobile per omicidio doloso in quanto, al culmine di un litigio con la coniuge, all’interno della propria abitazione, nonostante la presenza della figlia allora di 7 anni, l’uomo aveva ucciso la compagna con 12 colpi contundenti e 42 coltellate. Il marocchino era stato condannato dalla Corte d’Assile d’Appello di Venezia alla pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione.
Scarcerato lo scorso agosto, irregolare sul territorio nazionale e ritenuto pericoloso socialmente, lo straniero è stato collocato e trattenuto, con provvedimento del questore, presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Milano dove, dopo due giorni, ha formalizzato istanza di Protezione Internazionale.
A settembre del 2023 è stato dimesso dal Cpa milanese perché il Giudice del Tribunale di Milano non aveva convalidato il provvedimento di trattenimento per richiedenti asilo in quanto la domanda di protezione internazionale presentata dal 49enne non è stata ritenuta strumentale a fine di evitare o ritardare il provvedimento di espulsione. l 49enne è stato poi rintracciato nel padovano dopo la sua uscita dal Cpr, e portato al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Gorizia, dove è stato raggiunto dal provvedimento di espulsione dopo che la polizia si era consultata con il Console del Regno del Marocco presso il Consolato di Verona
Queste sono le ultime immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della Stazione Centrale di Milano in possesso della Procura della Repubblica di Lecco diffuse dai Carabinieri che ritraggono Edoardo Galli mentre cammina sul binario dove è giunto il treno proveniente da Morbegno e mentre transita in uscita dai tornelli di sicurezza lo scorso 21 marzo.
Dopo questi istanti – spiega la nota della Procura- non ci sono, al momento, ulteriori riprese che lo ritraggono dialogare o in compagnia di altre persone ovvero nei pressi di esercizi commerciali.