Gli inquirenti danesi e quelli norvegesi sono arrivati a Marrakesh. C’è una buona cooperazione giudiziaria tra i due Stati scandinavi e la monarchia del Marocco. La brutale esecuzione di Louisa Vesterager Jespersen, 28enne danese, e Maren Ueland, 24enne norvegese, decapitate in una remota area di Jbal Shamharouch, nella regione di Imlil (40 chilometri a sud di Marrakech), sito isolato dell’Alto Atlante, rischia di destabilizzare anche economicamente il Marocco. Da anni la monarchia marocchina vive anche di turismo. Forse è una delle principale fonti di reddito il turismo, soprattutto quello che arriva dall’Europa. Sono milioni i cittadini europei che visitano il Marocco, non solo le coste, Casablanca e Marrakesh ma anche l’interno, i monti, il deserto. La fine delle ostilità in Siria e Iraq per paesi come Tunisia e Marocco ha significato dover controllare il rientro in Patria di centinaia, anzi migliaia di foreign fighters che erano stati al fronte. Sono tutti soggetti radicalizzati, potenzialmente assai pericolosi, capaci di qualsiasi azione armata. Ed è per questo motivo che la monarchia del Marocco è considerata in trincea in questa battaglia.
Essere “paladini dell’Islam, della tolleranza e della pace”, fare “fronte comune per contrastare il fanatismo” dei jihadisti, sono le parole d’ordine di Mohammed VI, re del Marocco, che ha mesi fa appello ai sudditi della diaspora, a quei 5 milioni di marocchini che vivono in Europa e nel mondo. Quando si affaccia dai teleschermi per pronunciare il suo discorso il tono è grave: “Di fronte alla proliferazione dell’oscurantismo, diffuso in nome della religione, tutti, musulmani, cristiani ed ebrei devono fare fronte comune per contrastare il fanatismo e l’odio in tutte le sue forme” La monarchia alaouita, che si dice discendente diretta del profeta Maometto, intrattiene rapporti eccellenti con l’Occidente. Mohammed VI è il “comandante dei credenti” che parla e ai marocchini oltre confine: li invita a restare legati ai valori della loro religione e della cultura secolare, “estranea al terrorismo”. Li esorta: “Armatevi di pazienza, perché la congiuntura è difficile, e siate sempre in prima linea tra i difensori della pace, della concordia, della convivenza, ciascuno nel paese in cui risiede”.
“Chi incita alla morte e all’aggressione, chi fa una lettura interessata del Corano e della Sunna, diffonde menzogne in nome di Dio e del profeta. Questa è la vera minaccia”, dice il re che controlla in modo capillare le 30 mila moschee del Paese. L’islam che professa il re è di rito malikita, il più tollerante, ma il suo ruolo di Amir al Muumin, Comandante dei credenti, gli dà la forza di imporre le linee guida della predica degli imam, ogni venerdì, e di avere il monopolio della formazione dei religiosi. Il duplice barbaro omicidio delle ragazze scandinave ha sconvolto i Re. Che ha assicurato massima collaborazione alle autorità danesi e norvegesi, già presenti sul terreno ed ha chiesto alla sua sicurezza ogni sforzo per incarcerare (già fatto) gli autori del delitto e farli condannare.
Il Re del Marocco Mohammed VI
Per la magistratura reale marocchina, quella duplice barbara esecuzione con decapitazion di due donne dopo averle violentate è quasi certamente opera dello Stato islamico o Daesh. Si tratta solo di capire perchè gli autori autori dell’assassinio hanno filmato l’omicidio delle due turiste e diffuso su Facebook le macabre immagini. Nel video un uomo armato con un coltello viene mostrato mentre sgozza una delle due turiste fino alla decapitazione: “Se diamo per assodato che il video sia autentico, e io penso che sia cosi’, gli autori sono sostenitori dello Stato islamico, perche’ gli autori hanno filmato mentre decapitavano una delle vittime e perchè hanno reso pubblico quel video sui social provocando l’orrore di milioni di persone che ancora riescono a trovare quel video, nonostante l’impegno dei colossi del web a non far girare quel video. Perchè si ritiene che i quattro arrestati finiranno sono soldati di Abu Bakr Al Bagdadi ovvero il macellaio dell’Isis? Perchè a parte il video della decapitazione delle donne, a casa di due dei quattro arrestati la guardia reale del Marocco ha trovato altri video in cui i presunti assassini giurano fedeltà allo Stato islamico. Nel video di adesione all’Isis, uno dei sospettati cita parti del verso del Corano 9:29, “Combatti quelli che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno e neppure considerano proibito quel che e’ stato proibito da Allah e dal suo messaggero”. L’uomo assicura che al Baghdadi ha “soldati in Marocco” pronti a combattere per l’Isis. “Rispondendo alla chiamata dell’emiro dei fedeli, Abu Bakr al-Baghdadi, e in appoggio dei nostri fratelli ovunque, specialmente quelli di Hajin, diciamo al nostro califfo: hai soldati in Marocco, solo Dio lo sa”.
Il luogo della decapitazione
La citazione dei fratelli di Hajin, la citta’ siriana dove i terroristi avrebbero contato numerose vittime tra le loro fila, ricorre anche nel video con le orribili immagini della decapitazione di una delle due turiste scandinave. In questo nuovo filmato, quello che sembra il portavoce del gruppo aggiunge: “Ecco il nostro messaggio ai sostenitori del califfato sui social media, possa Dio benedirli e riconoscere la loro impresa; hai trasmesso giustizia e verita’ a molte persone di Dio. Che Dio ti benedica per questo. Tuttavia, questo non ti libera dall’obbligo di combattere per Dio “. Con lo sguardo dritto alla telecamera, continua dicendo che loro quattro hanno “sempre sostenuto i combattenti nei campi di battaglia, e dunque non potevamo astenerci”. Parlando infine a nome di tutti i sospettati del duplice omicidio, aggiunge: “Non potremmo vivere in una terra in cui la legge di Dio (la sharia) non e’ osservata. Come potremmo divertirci vivendo quando siamo i primi a guardare la scia di distruzione lasciata dall’aereo della coalizione crociata?”.
Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.
Non si ferma la polemica nel piccolo paese di Terricciola (Pisa) per la coesistenza in giunta comunale di sindaco e assessora conviventi, nonché genitori di una bambina di 18 mesi. Ora, come riportano La Nazione e il Tirreno, il sindaco Mirko Bini ha comunicato al consiglio comunale di avere respinto le dimissioni e ridato le deleghe all’urbanistica e ai lavori pubblici a Giulia Bandecchi, inoltre a fine seduta le ha pure lanciato una promessa di matrimonio.
“Giulia ha svolto bene il suo lavoro e per questo non c’è nessun motivo per cui non debba riprendersi le deleghe”, ha detto il sindaco Bini, aggiungendo “Il matrimonio tra noi? Magari dopo il 9 giugno”, data delle amministrative. I due non sono sposati e vivono insieme con la bambina. Un’interrogazione parlamentare del deputato di FdI Francesco Michelotti, stimolato dall’opposizione locale, ha chiesto se la situazione di sindaco e assessora che stanno insieme e hanno una bimba, sia corretta dato il legame fra i due, tirando in ballo anche lo statuto comunale e il Testo unico degli Enti Locali. Giulia Bandecchi ha dato dimissioni “il 7 marzo – come ricorda lei stessa – perché non volevo creare problemi all’ente”.
Mirko Bini, ricordando che “tra noi non c’è coniugio e non siamo affini”, ha anche detto che Giulia Bandecchi “ha lavorato con impegno e competenza al Piano operativo comunale, ho ritenuto giusto che potesse concludere questo lavoro”. Non è d’accordo ‘Terricciola sicura’: “Per farla semplice – dice la consigliera d’opposizione Elena Baldini – una coppia che vive sotto lo stesso tetto non può ricoprire il ruolo di sindaco e assessora nel solito Comune. Non accade in alcun Comune italiano. La legge dice che non si può fare”. Bini e Bandecchi si erano posti il problema già da tempo, in precedenza avevano chiesto anche un parere al segretario comunale ma, afferma Giulia Bandecchi al Tirreno, “c’è stato sempre detto che non ci sono problemi rispetto alla legge” e “la bambina non l’ho mai nascosta a nessuno, l’ho anche portata in questa sala del consiglio comunale”.
Il pm della Procura dei Minori ha chiesto 20 anni di carcere per il 17enne imputato dell’omicidio di Giovanbattista Cutolo, il giovane musicista ucciso la sera del 31 agosto scorso a Napoli. Si attende ora la decisione del giudice.
Il pubblico ministero presso il Tribunale dei Minorenni di Napoli Francesco Regine ha chiesto venti anni di reclusione, il massimo della pena considerato il rito abbreviato, al termine della sua requisitoria al processo per l’omicidio di Giovanbattista Cutolo, il giovane musicista 24enne ucciso all’alba dello scorso 31 agosto, in piazza Municipio, a Napoli, durante una lite scoppiata per uno scooter parcheggiato male.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, comparirà il 2 luglio in Tribunale a Sassari come parte offesa nel processo in corso contro due sassaresi, padre e figlio di 73 e 40 anni, accusati di aver pubblicato su un sito internet pornografico statunitense dei video contraffatti apponendo il volto della premier sui corpi dei protagonisti di scene hard. Nel procedimento la presidente si è costituita parte civile e nell’udienza filtro che si è tenuta questa mattina è stata convocata a deporre in aula per il 2 luglio. La premier, rappresentata dall’avvocata Maria Giulia Marongiu, ha chiesto un risarcimento danni di 100 mila euro.
Una richiesta che, è stato spiegato dall’avvocata in una precedente udienza, “vuole essere un messaggio rivolto a tutte le donne vittime di questo genere di soprusi a non avere paura di denunciare”. Il risarcimento, è stato annuciato, sarà devoluto al fondo del ministero dell’Interno per le donne vittime di violenza. Il tribunale di Sassari procede con rito ordinario solo nei confronti del 40enne imputato per i video contraffatti; per il padre 73enne, l’avvocato difensore Maurizio Serra, ha chiesto la messa alla prova e il giudice deciderà la prossima settimana se accogliere la richiesta.
Le indagini sui video fasulli e diffamatori, condotte dalla Polizia postale di Sassari, sono iniziate nel 2020. Gli investigatori, tramite il nickname utilizzato da chi aveva pubblicato i video sul sito internet, sono risaliti all’utenza telefonica da cui erano partiti i dati e sono riusciti a identificare i presunti autori della contraffazione. Secondo le accuse della Procura, il 40enne aveva modificato dei filmati pornografici e, utilizzando dei software specifici per la manipolazione grafica dei video, aveva apposto il volto di Giorgia Meloni sui corpi delle attrici hard. I video restarono in rete parecchi mesi, raccogliendo milioni di visualizzazioni in tutto il mondo.