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Esteri

Lo strano ritrovamento del cadavere dell’ambasciatore cinese in Israele

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Il corpo esanime dell’ambasciatore cinese in Israele, Du Wei, 58 anni, e’ stato rinvenuto oggi nella sua residenza di Herzliya, a nord di Tel Aviv. Il decesso improvviso del diplomatico – che era arrivato solo nel febbraio scorso mentre in Israele si estendeva il contagio del coronavirus – ha subito catturato l’attenzione dei media locali e internazionali, anche perche’ appena la settimana scorsa il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha compiuto una breve visita in Israele anche per convincere il premier Benyamin Netanyahu a mettere un freno agli investimenti cinesi nello Stato ebraico. L’ambasciatore era sposato ed aveva un figlio, ma i familiari sono attualmente all’estero. A scoprire il corpo e’ stato cosi’ un funzionario dell’ambasciata, che ha avvertito il ministero degli Esteri israeliano. Alla polizia e’ stato consentito di entrare nella residenza di Du Wei. In seguito un portavoce ha fatto sapere che non sono stati trovati segni di violenza e che la morte e’ da attribuirsi, almeno apparentemente, a cause naturali. La salma e’ stata esaminata dal direttore dell’Istituto di medicina legale di Tel Aviv, Chen Kugel. Per il momento la causa del decesso resta comunque ignota. Il ministro degli Esteri Israel Katz si e’ detto “turbato dalla tragica notizia”. “Durante il breve periodo della sua missione – ha aggiunto – Du Wei aveva gia’ contribuito alle relazioni bilaterali”. Nella sua visita a Gerusalemme Pompeo aveva rinnovato le critiche alla Cina per la sua gestione della crisi del coronavirus e aveva messo in guardia dai rischi alla sicurezza di Israele derivanti dagli investimenti cinesi. Investimenti, era stato il messaggio del segretario di Stato di Trump, che avrebbero anche potuto incrinare l’amicizia fra Gerusalemme e Washington. Il mese scorso Du Wei aveva gia’ affrontato questi temi rilevando che “gli investimenti cinesi in Israele rappresentano solo lo 0,4 per cento degli investimenti della Cina nel mondo”. “I nostri investimenti – aveva assicurato il diplomatico al giornale Makor Rishon – non rappresentano alcuna minaccia per la sicurezza di Israele. Sono assurdita’”. Due giorni fa il portavoce dell’ambasciata aveva affermato che “l’esperienza storica insegna che le pandemie sono accompagnate da teorie cospiratorie. I nostri amici ebrei lo sanno bene e abbiamo fiducia – aveva scritto sul Jerusalem Post – che sapranno sconfiggere non solo il coronavirus, ma anche il virus politico”. Adesso la morte dell’ambasciatore riaccende i riflettori sulla scomoda posizione di Israele nel mezzo delle crescenti tensioni fra Usa e Cina.

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Esteri

L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Esteri

Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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