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Economia

L’impero economico di Cristiano Ronaldo dalle cliniche agli investimenti milionari nel mattone anche in Italia

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Il fatto che abbia investito di recente in cliniche per il trapianto di capelli vi fa capire che Cristiano Ronaldo ovvero CR7 non è solo un campione di calcio inarrivabile ma anche uno che ha il bernoccolo per gli affari.  Ora sta investendo denaro in acquisto di miniere aurifere da sfruttare. Per dirigerle sceglierà come al solito persone di lealtà incrollabile. Prima nella sua famiglia – soprattutto sua madre -, poi il suo agente, Jorge Mendes, e quindi  l’albergatore Dionísio Pestana, col quale condivide il business degli Hotel CR7. Tutte le persone che gestiscono il patrimonio di Cristiano Ronaldo hanno alcune caratteristiche comuni. Tutti hanno fatto fortuna dal nulla, sono portoghesi, indefessi  lavoratori.

CR7 è una fabbrica di soldi. Qualche giorno fa è volato a Madrid (dove è amato alla follia nonostante il divorzio), ed ha inaugurato una delle tante cliniche per l’impianto dei capelli in cui ha investito somme consistenti di denaro. In questo settore i suoi interessi saranno curati da una manager d’eccezione, Georgina, la sua compagna. Certo, sarà affiancata da un manager di grandi capacità, ma la garanzia della cura dell’investimento è lei, Georgina. A Madrid fanno sapere che CR7 ha sborsato per iniziare 2 o forse 3 milioni di euro. E l’ufficio stampa di Ronaldo ha spiegato la scelta di questo investimento diramando una nota. “Oltre al calcio, sono appassionato di salute, tecnologia e ricerca, sono aree in cui ho voluto investire. Ho voluto che la clinica fosse situata a Madrid, una città in cui ho vissuto per molti anni”. Quello che possiamo dire è che la  caduta dei capelli che disturba i vanitosi per Ronaldo non è un problema ma un affare. Più ne cadranno e più girerà il pallottoliere della sua Insparya Hair Medical Clinic che a Madrid ha prenotazioni per i prossimi 12 mesi. C’è chi ci va a impiantare capelli, ciglia e barbe a ritmi non più sostenibili solo in una clinica. Ne servono altre. E farne nascere altre, a Madrid, a Milano, forse a Madeira, è un business che sta curando Georgina Rodriguez Hernandez, la bella modella argentina compagna e madre di Alana Martina, quarta figlia del fuoriclasse portoghese. È lei che amministra ufficialmente la società iscritta nel registro delle imprese spagnole il 22 marzo 2018 con un capitale sociale di 200mila euro. Forse, chissà, le recenti disavventure con il Fisco spagnolo, che hanno portato l’asso del football a patteggiare a gennaio di quest’anno 18,8 milioni di euro per reati tributari, lo hanno anche consigliato di affidare in mani a lui vicine gli affari nella penisola iberica.

Con Georgina, ad affiancarla c’è Paulo Joaquim Silva Ramos, cofondatore al 50% della società spagnola. L’altro 50% è proprio nelle mani del 5 volte pallone d’oro, nato (poverissimo) 34 anni fa nell’isola di Madeira. C’è poco da dire, CR7 ha fiuto per gli affari almeno quanto ne ha per fare gol. È una fabbrica di soldi.

A giugno la rivista Forbes lo proclamerà lo sportivo più pagato al mondo, forse anche più ricco di Mayweather e Messi. Nell’ultimo anno, secondo Forbes, il campione della Juventus ha incassato 92,3 milioni di euro, di cui 52,1 in stipendi e premi e 40 in contratti pubblicitari. Il contratto con la Juventus, che migliora lo stipendio precedente di nove milioni di euro netti, può farlo diventare l’atleta più ricco dell’anno. Oltre al reddito derivante dall’immagine pubblicitaria, Ronaldo ha costruito un marchio, CR7, imitando pionieri come Beckham o Michael Jordan. L’azienda Ronaldo fa soldi anche quando il giocatore dorme.

La ventenne Marisa Mendes, primogenita dell’agente Jorge Mendes, proprietaria della società di rappresentanza Gestifute, è responsabile delle attiività di Ronaldo  sui social network. Il pubblico di CR7 supera 350 milioni di persone, secondo Hookit, che misura l’impatto dei marchi nel mondo digitale. Ogni post pubblicato nei profili di CR7 genera 2,3 milioni di interazioni, che generano 1,5 milioni di euro di entrate per ogni marchio supportato dal giocatore. Su Instagram, Ronaldo nel 2018 ha incassato 351.000 euro l’anno scorso solo per aver scritto un post per pubblicizzare una azienda.

Ronaldo pubblicizza prodotti legati alla sua immagine, alla sua fama professionale, alla sua prestanza fisica. Pubblicizza acqua di colonia, biancheria intima, biancheria da letto, prodotti per la nutrizione (Herbalife), bevande analcoliche, coperte di lusso (Elite Team), orologi, videogiochi, scarpe, acciaio egiziano, operatori telefonici (Meo e Turk). Ne ricava montagne di soldi, ma nessun contratto è paragonabile a quello firmato con Nike per la vita. Qualcosa di simile capitato solo a Michael Jordan e Lebron James. La Nike pagherà a Ronaldo un miliardo di dollari (885 milioni di euro) per averlo come testimonial a vita.

Ronaldo non è aduso a rischi o avventure finanziarie.  Lui crede in quello che vede. E infatti i primi affari di CR7 sono nel campo del mattone. E ne ha fatti ovunque è andato per lavoro. Ha case a Londra, Madrid, Lisbona,  nella Trump Tower a New York, ne sta acquistando una a Torino e ne cerca una a Ischia, nel golfo di Napoli. C’è un albergo che vorrebbero trasformare in una villa. Tutto quello che Ronaldo possiede viene gestito con oculatezza e scaltrezza. Gli investimenti sono decisi da Ronaldo e dai suoi manager in base alle leggi dei Paesi in cui lavora ed ha interessi. Se ha bisogno di un jet privato, lo compra ma crea una società, Dutton Invest, per affittarlo quando non lo usa. Va spesso in palestra? E allora, meglio acquisire quote di Crunch Fitness, un franchising con oltre 250 negozi in America, e ora anche a Madrid.

Ronaldo trascorre spesso soggiorni in alberghi di lusso? Bene, allora meglio investire in hotel di charme. E così CR7 ha messo 40 milioni in una catena di hotel che soddisfa i suoi gusti: strutture per il relax, wi-fi buona, pasti sani in qualsiasi momento. Nel 2015 ha fatto una società al 50% con un suo concittadino di Madeira, Dionísio Pestana. Hanno creato gli hotel CR7. Il primo fu inaugurato a Funchal (Madeira), poi a Marrakech, Madrid, Amsterdam, New York. Il prossimo? Forse a Ischia se compra l’albergo che sta trattando e non lo trasforma in casa sua. In molte di queste società Ronaldo ha sistemato suoi familiari. Sua madre, Dolores Aveiro, si occupa di un settore (unghie e sopracciglia) della clinica per capelli di Madrid.  Hugo, il fratello, gestisce il museo della stella a Funchal. Sua sorella Katia si occupa dei ristoranti. Sua madre anche di vini e pubblicità. E tra un poco occorrerà trovare una sistemazione anche al suo primogenito, Cristianinho.

Infortunio Ronaldo: “Tranquilli, torno tra una settimana o due”

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Enel, istruttoria Antitrust per rincari sui rinnovi

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L’Antitrust ha avviato un’istruttoria nei confronti di Enel Energia per accertare l’eventuale pratica commerciale scorretta sulle modalità di comunicazione dei rinnovi. L’informativa di avvio istruttoria è apparsa sul bollettino dell’Authority, che evidenzia il “numero elevato di istanze di intervento pervenute”. In sostanza è stato segnalato “oltre alla difficoltà di sostenere esborsi quadruplicati o quintuplicati rispetto al passato”, anche il “non aver ricevuto alcuna informazione preventiva” sul rinnovo contrattuale e “di non aver potuto, pertanto, esercitare il diritto di recesso”. Enel Energia ha prontamente respinto le ipotesi avanzate nell’istruttoria affermando di “aver sempre agito nel pieno rispetto della normativa primaria e di settore, nonché della disciplina contrattuale” e di confidare pertanto “di poter dimostrare la piena correttezza del proprio operato nel prosieguo del procedimento”.

“Se saranno accertati illeciti, le maggiori somme pagate in bolletta come conseguenza dei rinnovi contrattuali scorretti andranno restituite agli utenti”, ha fatto sapere intanto il Codacons commentando la decisione del Garante della concorrenza e del Mercato. “Gli utenti nell’ultimo periodo avevano ricevuto bollette sensibilmente rincarate, senza però essere stati adeguatamente informati dalla società circa le modifiche tariffarie applicate – ha precisato l’associazione dei consumatori – Attendiamo ora l’esito dell’indagine e, se saranno accertate irregolarità, avvieremo una azione per far ottenere ai consumatori coinvolti la restituzione delle maggiori somme pagate in bolletta per effetto delle scorrette o mancate comunicazioni su rincari tariffari, che in modo evidente hanno impedito ai clienti di esercitare i propri diritti, come quello al recesso”.

“Da mesi le società dell’energia stanno comunicando ai propri clienti modifiche unilaterali delle condizioni economiche, ossia sensibili aumenti delle tariffe praticate, comunicazioni però che avvengono spesso in modo sibillino, ad esempio attraverso mail che l’utente può dimenticare di leggere o messaggi che sembrano contenere informazioni pubblicitarie”, ha stigmatizzato Consumerismo.

“I rialzi erano vergognosi e spropositati – ha invece messo in evidenza l’Unione nazionale consumatori – Stavamo già raccogliendo casi in modo da ottenere un ricalcolo delle bollette. Ora si apre, in caso di condanna, una nuova via per ottenere lo storno di quanto pagato per le bollette fin qui”. Sono oltre 600 le segnalazioni pervenute all’Antitrust di singoli consumatori e microimprese, anche per il tramite di associazioni di consumatori, che lamentano di aver ricevuto, in occasione dei cicli di fatturazione relativi al quadrimestre ottobre 2023-gennaio 2024, bollette recanti un significativo incremento del prezzo delle forniture di gas e di energia elettrica rispetto alle bollette riferite allo stesso arco temporale nell’anno precedente.

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Vivendi si astiene, strada libera per Labriola in Tim

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Vivendi, il maggior azionista di Tim con il 23,7% del capitale, ha deciso per lo ‘status quo’, all’assemblea del 23 aprile si asterrà su tutto, meno che sulla lista del collegio sindacale da lei stessa presentata. Di fatto si decreta la vittoria della lista del cda con un nuovo mandato triennale a Pietro Labriola che proverà a portare a termine il riassetto del gruppo, passando dalla vendita di Netco a Kkr, anche se i francesi hanno tutt’altro che ‘deposto le armi’.

“Spetta al management in carica e ai suoi sostenitori risolvere la delicata situazione in cui si trova Tim – motiva la sua decisione il gruppo francese -. Di conseguenza, Vivendi ha deciso di astenersi dal voto sul rinnovo del Consiglio nonostante il lodevole impegno dei proponenti di liste alternative di maggioranza”, ovvero il fondo Merlyn che ha candidato Umberto Paolucci e Stefano Siragusa, come presidente e ad, e il fondo Bluebell con Paola Gianotti de Ponti e Laurence Lafont. Merlyn potrebbe aver coagulato intorno al 5% del capitale andando a ipotecare i 3 posti in consiglio destinati alle minoranze, lo stesso sulla carta può fare il fondo di Giuseppe Bivona e Marco Taricco.

L’opposizione però proseguirà, Vivendi infatti spiega che “non sostiene la lista presentata dal consiglio di amministrazione uscente, data la continuità con un consiglio durante il cui mandato il titolo ha perso metà del suo valore e che è responsabile di aver approvato la vendita della rete fissa di Tim nel novembre 2023 ad un prezzo che, a giudizio Vivendi, non riflette il pieno valore dell’asset, senza coinvolgere l’assemblea degli azionisti e il comitato parti correlate e senza fornire, ad oggi, informazioni complete e affidabili al mercato sull’operazione e sui suoi effetti sulla sostenibilità di Tim”. Lo scontro è solo rimandato al 21 maggio, data della prima udienza al Tribunale di Milano. Vivendi infatti “porterà avanti con decisione il ricorso contro la delibera del consiglio di amministrazione del novembre 2023 presso il tribunale di Milano e ogni altro strumento giuridico a sua disposizione per tutelare i propri diritti” sottolinea il gruppo francese. Intanto però l’operazione prosegue, l’Antitrust europeo la sta esaminando e a fine maggio potrebbe già arrivare il via libera (secondo gli analisti di Equita “è improbabile l’ipotesi di andare in fase 2).

“Si conferma quindi giugno come la probabile data per l’ottenimento della seconda e ultima condizione sospensiva al closing dell’operazione Netco” fanno notare gli analisti. Lo step successivo dovrebbe essere la rete unica. L’ad di Cdp Dario Scannapieco va già in pressing, ricorda che la fusione tra Open Fiber e NetCo è un obiettivo strategico e auspica che “si possa aprire presto un tavolo di lavoro. Prima si fa e meglio è”. “La combinazione, con i dovuti remedies, è molto probabile e l’unica strada per risolvere la situazione di stress finanziario su OF e per dare garanzie sulla tenuta di medio termine della top-line di NetCo – commenta Equita -. La chiara presa di posizione di Scannapieco rende molto più concreta l’ipotesi di combinazione e quindi l’attivazione dei potenziali earn-out negoziati da Tim con Kkr, per un importo fino a 2,5 miliardi”.

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Il deficit 2023 vola al 7,4%, ‘il più alto in Europa’

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Ancora una revisione al rialzo per i costi del superbonus, che fa lievitare al 7,4% il deficit 2023, avvicina la probabile procedura d’infrazione Ue e stende un’ombra d’incertezza sulla quadra da trovare fra lo scenario rappresentato nel Def e le misure su cui punta il governo. A partire dalla conferma del taglio del cuneo fiscale, fino all’Irpef a tre aliquote e al fabbisogno della sanità.

Mentre i tecnici del ministero dell’Economia stanno mettendo ancora a punto le misure dal portare al Consiglio dei ministri di martedì 23, a far piovere una tegola sulle stime – quel 7,2% di deficit 2023 conteggiato nel Def – è una fila di audizioni parlamentari sul Documento di economia e finanza. Prima ancora, però, il tandem Istat-Eurostat sfodera l’ennesima revisione del deficit 2023 da incentivi edilizi: dal 5,3% che era stato conteggiato nella Nadef lo scorso autunno, era salito al 7,2% a marzo. Ora il contatore segna 7,4%, “il più alto in Europa” dice Eurostat. Senza escludere ulteriori revisioni “limitate” legate “alla fisiologica stabilizzazione del dato relativo alla cessione dei crediti nei prossimi mesi” e ai “dati sulle detrazioni desunte dalle dichiarazioni fiscali, che saranno disponibili solo dopo la fine dell’anno”. Il tutto, avverte l’Istat, fra “incertezze sull’evoluzione dell’economia, legate soprattutto alle incognite dello scenario geopolitico”. Numeri che scatenano l’opposizione, come Luigi Marattin (Italia Viva) che parla di “governo allo sbando” che viene “smentito dall’Istat”. La Banca d’Italia spiega che le previsioni si discostano solo lievemente dal Def.

Ma il costo del superbonus, fra le deroghe concesse lo scorso anno (a partire dai condomini) a un meccanismo di incentivi di cui Bankitalia invita a non ripetere gli errori in futuro, è lievitato a 77 miliardi solo sul 2023. Cinque volte quanto stimato. E così restano margini risicati per le altre misure: Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento Economia e Statistica di Via Nazionale, di fronte all’intenzione del governo di prorogare il taglio del cuneo fiscale avverte che “un’ulteriore proroga di natura temporanea degli sgravi contributivi accrescerebbe l’incertezza sull’evoluzione futura dei conti pubblici”. Con la proroga, “il disavanzo sarebbe superiore rispetto a quello tendenziale a legislazione vigente di circa un punto percentuale del Pil in media d’anno nel triennio 2025-27, rimanendo al di sopra del 3% in tutti gli anni dell’orizzonte previsivo”. Senza contare la necessità di investire nella sanità, dove la Corte dei Conti giudica gli stanziamenti “non in grado” di evitare il decadimento dei servizi offerti. E’ proprio il superamento “non temporaneo” della soglia del 3% nel rapporto deficit-Pil, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, a rendere “molto probabile” l’avvio di una procedura per disavanzo eccessivo da parte dell’Ue nei confronti dell’Italia.

L’Upb, poi, rileva “una carenza di informazioni in tre ambiti di rilevante importanza per la finanza pubblica e il quadro macroeconomico: le politiche invariate, i bonus edilizi e il Pnrr”. E conteggia un taglio del debito da 1,8 punti di Pil l’anno nel triennio 2028-2030 se si vuol tornare dal quasi 140% previsto dal Def per il 2027 (ma il Fmi si aspetta il 140% già l’anno prossimo) ai livelli pre-pandemia (circa 134%). C’è il debito, del resto, sotto la linea finale di bilancio dei massicci incentivi ereditati dalla pandemia. Per ridurlo – osserva la Corte dei Conti – i sette decimi di Pil nel triennio 2025-27 conteggiati nel Def alla voce privatizzazioni sono inferiori alle stime per un punto di Pil stimato dalla Nadef nel triennio 2024-2026. “Sono molte le ragioni che rendono impegnativa la sfida della riduzione del rapporto nel breve e, soprattutto, nel medio termine”, avverte la Corte. “Posizioni debitorie eccessive finiscono per esporre il sistema economico a rischi di instabilità”.

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