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La sanità lombarda tra tangenti e danni erariali, la Corte Conti: Formigoni e altri restituiscano 47,5 milioni

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Circa 47,5 milioni di euro. E’ la somma che l’ex governatore lombardo Roberto Formigoni dovra’ versare per il “danno erariale” alle casse della Regione Lombardia per il caso Maugeri, in solido con altri, tra cui la stessa fondazione con sede a Pavia, i suoi ex vertici Umberto Maugeri e Costantino Passerino, il presunto faccendiere Pierangelo Dacco’ e l’ex assessore lombardo Antonio Simone. Dopo circa 7 mesi e mezzo dalla condanna definitiva per corruzione a 5 anni e 10 mesi per l’ex presidente lombardo, oggi e’ stata depositata anche la sentenza della Corte dei Conti regionale che nelle motivazioni ha parlato di un “comprovato sodalizio criminoso”, di cui il ‘Celeste’ avrebbe fatto parte e che aveva come fine “il mercimonio delle funzioni politico-amministrative”. La Corte ha anche confermato il sequestro disposto nell’agosto del 2018 – che per effetto della sentenza e’ stato trasformato in “pignoramento” – delle somme sempre per circa 47,5 milioni, di cui circa 5 milioni, tra vitalizi e pensione gia’ congelati, per il solo Formigoni, il quale di recente e’ passato dal carcere ai domiciliari e che da tempo ormai spiega di non avere piu’ soldi in tasca. Il sequestro da 5 milioni corrisponde alle “utilita’” che l’ex Governatore, considerato al centro di un “gravissimo sistema illecito di storno di denari pubblici a fini privati”, avrebbe ricevuto per viaggi, vacanze, ristoranti e anche per l’uso di yacht e di una villa in Costa Smeralda. La vicenda Maugeri e’ stata ritenuta dai giudici contabili “di significativo rilievo anche sotto il profilo del danno erariale, con riferimento alla illecita distrazione di risorse finanziarie” dalla Maugeri, tra il 1999 e il 2011, “che, anziche’ essere destinate a remunerare l’espletamento di funzioni di interesse pubblico, sono andate” al “sodalizio criminoso”. Secondo il collegio, presieduto da Gaetano Berretta, che ha parzialmente accolto la richiesta dei pm contabili Antonino Grasso e Alessandro Napoli, appare “corretta” la somma quantificata di oltre 60 milioni di euro di danno all’erario, pari alle cosiddette “retrocessioni” illecite verso Formigoni e altri sul totale dei finanziamenti pubblici erogati dalla Regione, a titolo di funzioni non tariffabili, alla Fondazione Maugeri. Da questa somma, pero’, scrive il collegio, deve essere “detratto” l’ammontare del risarcimento gia’ versato dalla Maugeri a favore della Regione, pari a circa 14 milioni. “Fondazione Salvatore Maugeri e’ vivamente sorpresa innanzi a questa sentenza, verso la quale ricorrera’ in appello”, ha fatto sapere il presidente Gualtiero Brugger. “Desideriamo ricordare che Fondazione – ha aggiunto – nel procedimento penale, non ha mai negato le dazioni illecite ma ha sempre contestato la presenza del danno a Regione Lombardia, atteso che le prestazioni eccellenti degli Istituti Maugeri sono sempre state rese con regolarita’”.

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Napoli, sequestrata nave turca con grano ucraino: conteneva sigarette di contrabbando

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Nave carica di mais e grano ucraino e sigarette di contrabbando. Carabinieri arrestano 4 persone, anche il comandante del cargo

Si tratta di una nave turca, battente bandiera panamense, dove i carabinieri della sezione operativa e radiomobile di Castellammare di Stabia hanno trovato migliaia di pacchetti di sigarette di contrabbando. Proveniente dall’Ucraina con un carico di mais e grano e attraccata nel porto di Torre Annunziata, l’imbarcazione nascondeva nella stiva circa 7000 pacchetti di sigarette di origini serbe ma destinate verosimilmente al mercato nero napoletano.

In manette il comandante della nave, un 39enne siriano di Tartus e 3 oplontini di 68, 57 e 58 anni. Questi ultimi avevano appena prelevato 500 stecche del carico (5000 pacchetti) e li avevano stipati in un’auto. Sono stati arrestati per contrabbando di tabacchi esteri.

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Sindaco di Avellino Festa arrestato, indagati la vice sindaco Nargi e un consigliere comunale

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Arresto per il sindaco dimissionario di Avellino, Gianluca Festa. L’ex esponente del Pd e’ coinvolto in un’indagine per peculato e induzione indebita a dare e promettere utilita’ ed e’ ora ai domiciliari insieme a un architetto, fratello di un consigliere comunale, Fabio Guerriero e a una dirigente del Comune. I carabinieri, titolari dell’indagine della procura di Avellino, hanno anche eseguito perquisizioni a carico del vicesindaco Laura Nargi, del consigliere Diego Guerriero, capogruppo Viva la Liberta’, lista civica a sostegno di Festa, e fratello di Fabio e dei fratelli Canonico, presidente e commercialista della DelFes, squadra di basket serie B.

Al centro delle indagini c’e’ proprio la squadra di basket di serie B, riconducibile a Festa. Per gli inquirenti, ha ottenuto sponsorizzazioni da imprese che erano assegnatarie di appalti e affidamenti dal Comune di Avellino. Gli inquirenti ipotizzano per questo che esista un’associazione a delinquere.

La sua piu’ grande passione e’ il basket. Gianluca Festa, 50 anni, sindaco di Avellino dal giugno del 2019, si e’ dimesso il 25 marzo quando la procura di Avellino gli ha perquisito casa e ufficio. E proprio nel corso della comunicazione della notizia alla stampa, fece riferimento al suo amato basket, e al fatto che quanto li contestava la procura era relativo alla pallacanestro. Quando venne eletto, infatti, la squadra della citta’, lo storico club Scandone, fondato nel 1948 e per 20 anni in serie A, era fallito. Lui vi aveva giocato come titolare nel 1995. Uno smacco per Avellino e i tifosi, quel fallimento, e cosi’, pur di salvare la pallacanestro, Festa verso’ 20 mila euro dal suo conto corrente per garantire l’iscrizione di una squadra irpina al campionato di serie B. Ora Festa e’ ai domiciliari, indagato tra gli altri insieme all’amministratore delegato della squadra, la Delfes, Gennaro Canonico per presunti appalti pilotati al Comune di Avellino per i reati di corruzione, associazione a delinquere, turbativa d’sta e falso in atto pubblico. Alcune delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti hanno anche sostenuto economicamente la societa’ di basket. “Non c’e’ niente perche’ non c’e’ mai stato niente e anche dalle perquisizioni non e’ emerso nulla. Chi pensava che questa fosse una bomba, si e’ ritrovato in mano una miccetta. E se qualcuno pensava di poter condurre con questi argomenti la campagna elettorale che si avvicina, ha sbagliato. Perche’ noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini. Che non porteranno a nulla”, aveva detto Festa all’indomani delle perquisizioni.

È sempre d’uopo ricordare che le azioni dei Pm sono esercizi dell’azione penale obbligatoria ma non sono sentenze di condanna e che per gli attuali indagati c’è il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio.

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Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

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Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

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