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Juventus vs Napoli, ecco perchè il calcio ai tempi del Covid è nelle mani di Sky che potrebbe farlo fallire

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Il calcio professionistico italiano è in oggettive difficoltà economiche. Per usare un linguaggio un po’ più colorito e per meglio far comprendere a chi ama il calcio di che cosa parliamo, forse è il caso di parlare di “fallimento”. Fallimento non solo economico. I debiti dei club di Serie A, al netto dei crediti, infatti, hanno raggiunto quota 2,482 miliardi. Cioè 2 miliardi e mezzo di euro. La larga parte del debito dei club di Serie A è riferibile a sole tre società: Juventus, Inter e Roma. Solo queste tre società sommano debiti per 1,492 miliardi, il 60% della quota complessiva dei debiti dell’intero campionato nella stagione 2018/19. Sono gli ultimi dati disponibili. Questa situazione debitoria è peggiorata. Il Covid ci ha messo il suo carico da 90, Sky con i suoi stop and go (pago, non pago, voglio risparmiare) ha letteralmente messo in ginocchio il carrozzone. Per debito di verità e perchè nessun tifoso si senta male trattato, i numeri del fallimento del calcio, sono quelli che potete leggere appresso. Sono numeri. Non c’è nulla da filosofeggiare.

Regia Sky diritti Tv

  1. Classifica debiti Serie A 2018 – 2019 espressa in milioni di euro
  2. Juventus 576,8
  3. Inter 490,1
  4. Roma 425,5
  5. Milan 164,4
  6. Lazio 121
  7. Genoa 100,7
  8. Udinese 82,3
  9. Bologna 75,3
  10. Napoli 74,2
  11. Sassuolo 63,1
  12. Atalanta 51,3
  13. Sampdoria 45,7
  14. Chievo 45,2
  15. Cagliari 35,4
  16. Parma 34,4
  17. Spal 34,2
  18. Torino 20,7
  19. Fiorentina 15,2
  20. Empoli 14,1
  21. Frosinone 12,7

Il carrozzone è “ostaggio” dei diritti tv, unica fonte certa di introiti. Parliamo di una cifra di oltre un miliardo di euro, quasi per intero versata da Sky alle società di serie A. Per l’ultima rata dell’ultima annualità, Sky e Lega di Serie A sono ai ferri corti. C’è un contenzioso milionario davanti al Tribunale civile di Milano. Ai tempi del covid persino quel 5 per cento di ricavi da incassi negli stadi è stata depennata dalle voci di bilancio. Gli stadi sono chiusi. E resteranno chiusi per chissà quanto ancora. Qualcuno deve dirle e deve scriverle queste cose. Non le sentirete al Club la domenica sera con Caressa. Manco dopo mezzanotte quando Caressa e company levano le cravatte e la questione calcio viene affrontata in maniera più informale. Questione di pagnotta.  La piattaforma Sky ha ridefinito la sua missione economica in Italia. Hanno un nuovo Ceo, Maximo Ibarra. C’è una nova proprietà, gli americani di ComCast. Vogliono vendere “fibra”, stanno entrando nel mercato della telefonia, vogliono saturare il mercato del web che rappresenta per loro una priorità. Il loro core business non è più il calcio. Nei prossimi mesi Sky ridefinirà i suoi organici, taglierà personale nei settori che dovrà dismettere o ridimensionare. Si parla di centinaia di posti di lavoro nel giornalismo, tecnici, regie mobili da tagliare e incentivare ad andare via. L’indotto patirà questi tagli perchè Sky si serve anche di personale esterno per trasmettere i campionati di calcio. Insomma quali che siano le nostre simpatie per Sky, hanno deciso di “risparmiare” e taglieranno gli introiti del calcio di un miliardo. Chi pagherà questa cifra che rappresenta, ad oggi, l’ossigeno per un malato grave in terapia intensiva che rischia di morire? Forse ci sarà un altro player internazionale (Mediapro o altri)?

 

Forse ci sarà un canale della Lega di Serie A alimentato da Fondi privati? Per ora abbiamo letto e scritto di tutto e di più, ma siamo ancora alla fuffa. Gli unici che ancora versano soldi sono Sky, Dazn e una società che vende i diritti internazionali delle partite della serie A. È in questo contesto che matura questo psicodramma Juventus- Napoli. Chi ha torto? Non ha torto la Juventus. Loro dicono che andranno allo Stadium per la partita fintantoché la Lega di serie A non deciderà di sospendere il match. Non sarà fine come posizione, ma sotto il profilo del diritto sportivo è corretta. Non ha torto il Napoli. La società di Aurelio De Laurentiis aveva organizzato ed ha pagato la trasferta. Tutto era pronto: il bus che dal San Paolo avrebbe dovuto trasferire calciatori e staff; l’areo privato pronto in pista; l’albergo già affittato a Torino per trascorrere la notte d sabato; il bus per il trasferimento allo Stadium; l’aereo di ritorno a Napoli nella notte già pagato a Caselle. E allora come se ne esce? Con le ossa rotte di tutti. Perchè al mondo del calcio, diventato uno stipendificio milionario per vecchi boiardi delle partecipazioni pubbliche dello Stato oltre che per calciatori, manca l’etica e il buonsenso. È vero che la Juventus non può non andare allo Stadium se la gara non viene rinviata. È vero anche che il Napoli non può non rispettare codice penale e ordinanze ministeriali e regionali. Il Napoli è fermo a Napoli con tutto il suo personale (calciatori, medici, staff) perchè l’Asl ha impedito la partenza. Perchè, anche se c’è chi finge di non saperlo, ma dipendono dalle Asl e sono quindi gestite a livello regionale tutte le questioni relative all’isolamento in caso di positività al Covid-19. Questo non lo dice un tifoso del Napoli ma lo dicono al ministero della Salute. Le Asl, rilevano al ministero, hanno tutte le competenze in materia di isolamento fiduciario e di gestione dei casi e dei focolai. Nessuna di queste decisioni dipende dal ministero della Salute.

Secondo quando prescritto nella Circolare del Ministero della Salute n. 21463 del 2020, il Dipartimento di Prevenzione dell’ASL competente, nel caso in cui risulti positivo un giocatore, ne dispone l’isolamento ed applica la quarantena dei componenti del cd. “gruppo squadra” che hanno avuto contatti stretti con un caso confermato.

Ecco perchè i Napoli non partirà oggi per Torino e la partita contro la Juventus in programma alle 20.45 non sarà disputata. Al momento la squadra è in isolamento domiciliare e uno dei nodi da affrontare è se proseguire questi 14 giorni di isolamento a casa o a Castel Volturno, per permettere eventualmente ai negativi all’interno del gruppo squadra di potersi allenare. Dopo il provvedimento della Asl Napoli 1, che disponeva l’isolamento fiduciario per il gruppo squadra, c’è stato uno scambio di mail ieri pomeriggio in cui il Napoli ha chiesto una specifica se questo provvedimento contemplasse anche la mancata partenza verso Torino.

Il Gabinetto della Regione Campania ha confermato che per isolamento fiduciario si intende anche l’impossibilità di spostamenti dal luogo di isolamento. Martedì al San Paolo sarebbe previsto il prossimo allenamento del Napoli.

Il Napoli non è partito perché l’Asl, prendendo spunto da quanto successo al Genoa e probabilmente anche alla luce dei numeri del contagio (ieri la Campania era stata la regione più colpita con 401), ha ritenuto opportuno non far viaggiare la squadra verso Torino. Il timore è che la trasferta possa essere una perfetta replica del viaggio del Genoa verso il San Paolo, con due positivi lasciati a casa ma poi un focolaio esploso nei giorni dopo la partita e che ha innescato i contagi nel Napoli. All’interno del Protocollo Figc questo tipo di situazione non è normata e quindi decide l’autorità sanitaria nazionale o locale. Il Napoli rischia la sconfitta 3-0 a tavolino. Il club chiaramente potrebbe fare ricorso, giustificando l’assenza con cause di forza maggiore. Se la questione o la controversia non è ancora matura per la decisione il giudice potrebbe rinviare l’udienza. La Juventus, intanto, sta svolgendo regolarmente la rifinitura dalle 11.00 poi ci saranno il pranzo, il riposo, la merenda e la partenza per lo stadio. Arrivo allo stadio previsto per le 19:40, con i giocatori che probabilmente non si cambieranno. La squadra attenderà fino alle 21.30, 45 minuti oltre il fischio di inizio, quando in assenza del Napoli verrà fischiato il fischio finale e la squadra lascerà lo stadio. E questa è l’ipotesi più probabile. Poi c’è un’altra ipotesi, quella di buonsenso. E l’ha esplicitata Pietro Lo Monaco, consigliere della Figc, ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli. Questo signore, che non è un usciere del San Paolo ma un dirigente della Figc, ha sostenuto che “Juventus-Napoli sarà rinviata. Si va verso questa strada: la circolare del 2 ottobre della Lega Calcio parla chiaro. Il provvedimento dell’Asl è legittimo, la norma è chiara”. Non solo. Pietro Lo Monaco ha anche smontato alcune insinuazioni secondo cui “il Napoli abbia fatto pressioni su Regione o Asl”. Per Lo Monaco sono “futile ed inutile chiacchiericcio da bar sul quale è inutile soffermarsi”.

 

Juventus-Napoli, Maresca: il diritto alla salute dei calciatori viene prima degli affari del calcio

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La Lazio vince ma è la Juventus che va in finale di Coppa Italia

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Serviva la partita perfetta alla Lazio per passare il turno e rimontare lo svantaggio di due gol dell’andata. Lo è stata per 83 minuti, fino a quando la doppietta di Castellanos ha permesso ai biancocelesti di sognare. A svegliarli, però, ci ha pensato Milik con il sinistro sotto misura che fa la Juventus  sconfitta, per 2-1, ma felice e in finale di Coppa Italia. Tudor deve fare ancora i conti con le assenze di Provedel, Lazzari e Zaccagni ai quali si aggiunge all’ultimo minuto Kamada per un problema al polpaccio con il giapponese tenuto fuori a scopo precauzionale mentre Allegri sceglie Perin tra i pali e conferma i giustizieri dell’andata, Vlahovic e Chiesa. “I ragazzi ci credono” aveva avvisato Tudor in conferenza. E la Lazio lo dimostra subito passando alla prima vera occasione. Il calcio d’angolo battuto da Luis Alberto è perfetto per lo stacco di Castellanos, il protagonista più atteso, la sua incornata vale l’1-0, oltre ad essere benzina sul fuoco della speranza. Il gol scalda la fredda serata romana, l’Olimpico diventa incandescente spingendo i biancocelesti alla ricerca del raddoppio che significherebbe pareggiare il doppio svantaggio dell’andata. LJuventus a quasi rinuncia a giocare, l’unico acuto è firmato Vlahovic che, di sinistro, gira in area trovando il piede di Mandas a sbarrargli la strada. Ma è sul finale che Castellanos ha l’occasione giusta, sparando però addosso a Perin. All’intervallo Tudor toglie Gila e inserisce Patric. La ripresa, però, si apre così come era finito il primo tempo, solo che stavolta l’esito è diverso. Ancora Castellanos, ancora a tu per tu con Perin: stavolta l’argentino è freddo, il suo destro vale il raddoppio ma soprattutto pareggia i conti con l’andata. Si sveglia la Juventus che sfiora il gol con Vlahovic prima anticipato da Marusic sulla linea, poi impreciso con il destro. La Lazio sembra amministrare, Tudor getta nella mischia anche Immobile cercando di dare nuova linfa all’attacco laziale, Allegri risponde con il doppio cambio Milik-Yildiz. E’ la mossa vincente. Perché quando la prospettiva dei supplementari sembrava un’idea che le squadre iniziavano a prendere in seria considerazione, ecco l’acuto proprio di Milik che, sul tiro cross di Weah, devia in porta spegnendo i sogni laziali e proiettando la Juventus  alla finale, da giocare contro un tra Atalanta o Fiorentina, concedendo ad Allegri la possibilità di alzare un trofeo in una stagione che, ai bianconeri, può ancora regalare soddisfazioni.

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Osimhen: io non mi arrendo mai, mi impegno sempre al massimo

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“Io mi definisco determinato, penso di essere quel tipo di persona che non si arrende mai, in qualsiasi circostanza mi trovo. Cerco sempre di impegnarmi al massimo per raggiungere quello che mi sono prefissato”. Lo ha detto Victor Osimhen in un’intervista con la piattaforma digitale sullo sport Betsson Sport pubblicata su Youtube dal club azzurro. Osimhen parla di se stesso in un’intervista alla fine di una stagione amara per il Napoli, che sarà la sua ultima in maglia azzurra. I tifosi del Napoli “sono straordinari – spiega – quando devo cercare una parola per descriverli resto senza parole perché sono assolutamente travolgenti. E’ elettrizzante, una città così grande che prende il calcio così seriamente e il modo in cui i tifosi supportano la squadra è veramente da non credere. Per me è una sensazione fantastica, a Napoli sono i tifosi che rendono la quadra ciò che è. Il modo in cui tifano la squadra e ogni giocatore è davvero incredibile”.

Osimhen, autore quest’anno di 15 gol in 28 partite in una stagione che lo ha visto assente per due periodi, prima per l’infortunio e poi per la Coppa d’Africa, spiega il suo rituale prepartita: “Prima di tutto dico le mie preghiere – ha detto – visto che sono molto credente, e ascolto alcune canzoni che mi motivano. Poi, ripenso alla partita precedente, a tutti gli errori che ho fatto così da poterli correggere. Se non segno comunque provo ad aiutare la squadra, provo a difendere, provo a vincere e a combattere per loro sul campo”. Alla domanda sul momento importante che ha avuto nella sua carriera, Osimhen ricorda che “il momento chiave – ha detto – è quando ho firmato per lo Charleroi in Belgio.

Prima, quando mi sono trasferito al Wolfsburg, volevo tanto cominciare a giocare, ma anche imparare perchè mi sono trasferito come un giovane attaccante e avevo bisogno di tempo per trasformarmi nel giocatore e nell’uomo che volevo diventare. A quel tempo ho potuto giocare con grandi giocatori come Draxler, Schurrle, Guilavogui, venne anche Mario Gomez, per me è stata un’opportunità per imparare una o due cose da alcuni dei più grandi attaccanti di quel periodo. Poi mi sono trasferito in Belgio ma sono stato rifiutato da due club lì, prima che finalmente lo Charleroi mi offrisse un contratto. Quello è stato davvero il momento che mi ha fatto diventare il Victor Osimhen che vedete ora”.

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Scudetto Inter, pagelle: sorpresa Thuram, Dimarco al top

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Le pagelle dello scudetto nerazzurro – INZAGHI 10: gli avevano dato quasi l’obbligo di vincere lo scudetto e non sbaglia un colpo per centrare l’obiettivo, a volte anche sacrificando qualcosa in Champions.

La sua Inter non solo vince, come tante altre prima della sua, ma gioca pure un bel calcio: due cose che non sempre vanno di pari passo.

– SOMMER 7.5: sostituire Onana non era facile. Lo svizzero tuttavia ci è riuscito dando serenità all’intero reparto, senza quasi mai strafare ma garantendo sicurezze ai compagni.

– AUDERO 6.5: dalla retrocessione con la Sampdoria allo scudetto con l’Inter. Chiamato in causa due volte nelle sfide con Lecce ed Empoli, ne è uscito senza aver subito reti.

– DARMIAN 7.5: il soldatino quando c’è da vincere uno scudetto risponde presente anche in zona offensiva. Come nell’anno del tricolore con Conte, infatti, ha messo lo zampino in occasioni importanti contro Atalanta e Napoli.

– ACERBI 7.5: il caso Juan Jesus ha segnato l’ultima parte di stagione, in una annata in cui ha garantito comunque un rendimento alto segnando pure tre gol, con quello nel derby che vale lo scudetto.

– DE VRIJ 7: a tratti si è rivisto il difensore al top degli anni di Conte, senza far rimpiangere Acerbi (come l’anno scorso) quando è stato chiamato in causa.

– DIMARCO 8.5: ormai è tra i top mondiali del ruolo. Corse, chiusure, ma soprattutto rendimento elevatissimo quando c’è da attaccare tra assist e reti. Con la perla del gol da metà campo contro il Frosinone, così come quello da tre punti a Empoli. – DUMFRIES 7: meno devastante del solito, tanto da perdere (complice anche qualche infortunio) il posto da titolare a favore di Darmian sulla fascia destra.

– PAVARD 7.5: ci ha messo un po’ a entrare nei meccanismi di Inzaghi, quando però ci è riuscito non è più uscito dal campo, con impatto in ogni lato del campo. Non una sorpresa, considerando il livello del giocatore.

– BASTONI 8.5: limitarlo al ruolo di difensore è ormai quasi offensivo. Play “nascosto” nel sistema dell’Inter, si veste sempre più spesso pure da rifinitore anche con assist pesanti.

– CARLOS AUGUSTO 6.5: l’esterno capace di bruciare la fascia visto a Monza non si è ripetuto in nerazzurro, complice soprattutto il minutaggio ridotto. Ma, alla Darmian, ha sempre risposto presente.

– BISSECK 7: arrivato in estate in sordina e tra qualche dubbio, fin dalle prime uscite ha fatto vedere di avere le doti per poter vestire la maglia nerazzurra. Togliendosi pure lo sfizio di un paio di gol pesanti contro Lecce e Bologna.

– MKHITARYAN 8: il simbolo della sua stagione non è la doppietta nel derby di andata o uno dei tanti assist serviti ai compagni, ma la corsa di 60 metri per chiudere in scivolata su Thauvin sull’1-1 a Udine. La carta d’identità dice 35 anni, Inzaghi però se puo’ non se ne priva mai e non è un caso.

– CALHANOGLU 8.5: chiude la sua seconda stagione in doppia cifra in campionato in carriera al secondo anno da regista. Infallibile dal dischetto (e non è semplice come sembra), regala geometrie e distribuisce cioccolatini col suo destro vellutato.

– BARELLA 8: primi mesi sotto ritmo e sottotono (anche per problemi extracampo), poi però torna ad alzare i giri del motore e dimostra di essere uno dei centrocampisti top d’Europa. La fascia di capitano, indossata sempre più spesso e per la prima volta anche in nazionale, lo responsabilizza e lui risponde presente.

– FRATTESI 7.5: probabilmente si aspettava lui per primo un maggiore impiego. Ma i suoi minuti in campo si pesano, non si sommano: in rete nel derby d’andata, poi segna contro Verona e Udinese regalando i tre punti all’Inter sempre nel recupero. Una sentenza nel finale, un senso del gol inzaghiano (ma di Filippo, in questo caso).

– ASLLANI 6.5: Inzaghi si fida di più e il regista albanese ripaga la fiducia con prestazioni sempre solide, trovando tra l’altro il primo gol in nerazzurro nella delicata sfida contro il Genoa.

– SANCHEZ 7: “i campioni sono così”, disse dopo la rete decisiva con la Juventus nella Supercoppa italiana 2021. E in effetti la sua stagione è di chi ha i colpi da campioni: prima metà insufficiente, ultimi mesi da top riuscendo a colmare qualche passaggio a vuoto di Thuram e Lautaro.

– ARNAUTOVIC 6: doveva essere l’attaccante di esperienza capace di far riposare i titolari soprattutto in campionato, considerando che arrivava da due annate positive al Bologna. Invece, complici anche gli infortuni, non è riuscito ad avere alcun impatto.

– THURAM 9: arrivato in punta di piedi, già dopo poche giornate San Siro era ai suoi piedi grazie al gol da urlo nel derby. Se Lukaku è ormai nel dimenticatoio è merito del francese, che tra l’altro segna in faccia all’ex nerazzurro oggi alla Roma sia all’andata che al ritorno. Reti, assist, dribbling e giocate da campione, tutto tra l’altro a parametro zero.

– LAUTARO MARTINEZ 10: la stagione della consacrazione da bomber e anche da trascinatore. Fino a febbraio è in corsa per battere il record di gol di Immobile e Higuain, poi ha una lieve flessione ma poco importa, perché l’argentino alza il suo primo scudetto da capitano dopo una annata in cui dimostra di saper vedere la porta come pochi altri al mondo. Il tutto senza praticamente calciare rigori, forse il suo unico punto debole. In compenso anche quando non segna ci mette la garra di chi sa di dover essere d’esempio per i compagni: così è riuscito a trasformare le lacrime dopo lo scudetto del Milan nel 2021/22 nella festa per la seconda stella. – Di Gennario, Cuadrado, Sensi, Buchanan e Klaassen sv.

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