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Cronache

Ispettorato del lavoro, una istituzione seria svuotata di strumenti e personale

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Nella prima parte di questo viaggio abbiamo affrontato le tragedie delle morti  nel mondo del lavoro capendo che le leggi, benché esistenti, siano per la maggior parte dei casi disattese e interpretate male, quando ovviamente non c’è dolo perpetrato per fini economici sfruttando la necessità del bisogno di lavoro che in questi tempi è bisogno primario non sempre soddisfatto. Avevamo parlato degli ispettori tecnici del lavoro, ma chi sono? Come intervengono, che tipo di lavoro affrontano queste persone che hanno una figura professionale che dovrebbe, se fosse messa in condizione di agire al meglio delle proprie possibilità, essere centrale nella sicurezza sui posti di lavoro?

Inizio lavoro alle 7,30 del mattino, normale, come tante altre categorie di lavoratori, spostamento sul luogo o luoghi del lavoro con mezzi propri, anche qui è normalità e accade in quasi tutti gli ambienti di lavoro, ma queste due cose, apparentemente normali inquadrate  negli standard generali, non si confanno al tipo di attività che questi architetti, chimici, ingegneri meccanici o elettronici o edili svolgono quotidianamente, questo accade perché loro non hanno un posto, un ufficio, un sito dove timbrare il cartellino ogni mattina, loro si recano ogni giorno in uno o più posti di lavoro diversi, per controllare, appunto la sicurezza di chi in quei posti ci lavora. E allora succede che il turno quotidiano, comincia alle 7,30, ma non si sa quando finisce, non esistono pause pranzo o caffè, può accadere  che se arrivi a bordo della  tua auto in un cantiere nel quale non sei bene accetto, la targa ti identifica subito aprendo spazi per le minacce e per più pericolosi risvolti.

I luoghi di lavoro da visitare  sono molteplici,  gallerie, luoghi con radiazione ionizzanti, ferrovie, ambienti confinati, si passa quindi dai cantieri alle caserme  agli uffici delle grandi multinazionali alle trattorie a conduzione familiare alle piccole imprese artigianali ed in tutte bisogna  constatare e implementare le principali regole della sicurezza sul lavoro, che non è soltanto accertarsi della presenza e dell’uso di  guanti, di occhiali, di caschi o controllare gli estintori e le uscite di sicurezza di uffici o cinema, ma è anche il controllo dei contratti di lavoro, delle specifiche peculiarità che ogni azienda ha nel suo statuto di creazione e per il quale ha bisogno di determinate clausole all’interno degli stessi contratti che forniscano ai dipendenti l’esatta cognizione del loro lavoro e della loro salvaguardia e soprattutto dei documenti della sicurezza quindi di quegli importantissimi  Documenti di Valutazione dei Rischi che sarebbero la chiave di svolta se fossero redatti a norma di legge.

Gli ispettori tecnici del lavoro non sono soltanto dei tecnici controllori, ma devono avere anche specifiche competenze giuslavoristiche, come prevede la legge che li istituì oltre 100 anni fa con l’impegno dell’on. Filippo Turati, dal quale, insieme al Parlamento scaturì la legge n. 1361 del 22 dicembre 1912 con la quale venne istituito l’Ispettorato del Lavoro. Ed è inevitabile sorridere pensando che in Italia, l’Ispettorato nacque prima del ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, segno di una grande sensibilità e di un grande pensiero innovatore in materia di lavoro che anticipava addirittura lo sviluppo industriale che a quei tempi era agli albori nel nostro paese.

 

Ricercare capri espiatori dopo le tragedie delle morti bianche è la giustificazione che non può più essere accampata, l’Italia è sempre stata fornita di  strumenti legislativi che potrebbero evitare un enorme numero di queste tragedie che tante volte vengono chiamate casualità, ma con 700 casi fino ad oggi non si può certo valersi del caso. E’ una emergenza gestita male e prevenuta per niente.

Gli ispettori tecnici sono pochissimi, spesso operano in ambienti ostili e lavorano con carta carbone pagata a proprie spese e troppo spesso senza l’ausilio delle forze dell’ordine con le quali una volta formavano squadre per intervenire con blitz improvvisi, ma oggi i NIL Nuclei Investigativi del Lavoro dell’arma dei Carabinieri pur se membri dell’ispettorato agiscono sempre di più per conto proprio con l’avallo di dirigenti sempre più senza competenza specifica.

La legislazione, tra le migliori in Europa, prevede tutto ciò che è stato depauperato a questa forza ispettiva. Non si capisce il perché di un tale tipo di scelta. Questo “voluto” depauperamento di questo delicato segmento professionale lascia interdetti, con dirigenti presi da diversissimi ambiti come segretari comunali, croce rossa, nomine politiche e senza dubitare delle capacità di questi nuovi soggetti all’interno del mercato del lavoro, bisognerebbe interrogarsi sulle reali specifiche competenze che dovrebbero  entrare in campo in relazione a materie cosi delicate e scottanti.

Non è soltanto controllo di luoghi e condizioni di lavoro, ma prima di tutto controlli  sulle inadempienze strutturali e contrattuali che portano poi a inadempienze sul terreno della sicurezza. Migliaia e migliaia di cantieri, uffici, industrie, scuole, caserme, negozi, centri commerciali e attività artigianali, controlli di telecamere, materiale logistico di  prevenzione,  con questi numeri cosi alti di controlli e verifiche da effettuare, il sistema previdenziale risponde con 70 ispettori tecnici del lavoro, senza ausilio delle forze dell’ordine ad essi dedicati e nemmeno i minimi presidi materiali, come la carta carbone, per redigere i verbali di inadempienze.

 

 

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

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Cronache

Sindaco di Avellino Festa arrestato, indagati la vice sindaco Nargi e un consigliere comunale

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Arresto per il sindaco dimissionario di Avellino, Gianluca Festa. L’ex esponente del Pd e’ coinvolto in un’indagine per peculato e induzione indebita a dare e promettere utilita’ ed e’ ora ai domiciliari insieme a un architetto, fratello di un consigliere comunale, Fabio Guerriero e a una dirigente del Comune. I carabinieri, titolari dell’indagine della procura di Avellino, hanno anche eseguito perquisizioni a carico del vicesindaco Laura Nargi, del consigliere Diego Guerriero, capogruppo Viva la Liberta’, lista civica a sostegno di Festa, e fratello di Fabio e dei fratelli Canonico, presidente e commercialista della DelFes, squadra di basket serie B.

Al centro delle indagini c’e’ proprio la squadra di basket di serie B, riconducibile a Festa. Per gli inquirenti, ha ottenuto sponsorizzazioni da imprese che erano assegnatarie di appalti e affidamenti dal Comune di Avellino. Gli inquirenti ipotizzano per questo che esista un’associazione a delinquere.

La sua piu’ grande passione e’ il basket. Gianluca Festa, 50 anni, sindaco di Avellino dal giugno del 2019, si e’ dimesso il 25 marzo quando la procura di Avellino gli ha perquisito casa e ufficio. E proprio nel corso della comunicazione della notizia alla stampa, fece riferimento al suo amato basket, e al fatto che quanto li contestava la procura era relativo alla pallacanestro. Quando venne eletto, infatti, la squadra della citta’, lo storico club Scandone, fondato nel 1948 e per 20 anni in serie A, era fallito. Lui vi aveva giocato come titolare nel 1995. Uno smacco per Avellino e i tifosi, quel fallimento, e cosi’, pur di salvare la pallacanestro, Festa verso’ 20 mila euro dal suo conto corrente per garantire l’iscrizione di una squadra irpina al campionato di serie B. Ora Festa e’ ai domiciliari, indagato tra gli altri insieme all’amministratore delegato della squadra, la Delfes, Gennaro Canonico per presunti appalti pilotati al Comune di Avellino per i reati di corruzione, associazione a delinquere, turbativa d’sta e falso in atto pubblico. Alcune delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti hanno anche sostenuto economicamente la societa’ di basket. “Non c’e’ niente perche’ non c’e’ mai stato niente e anche dalle perquisizioni non e’ emerso nulla. Chi pensava che questa fosse una bomba, si e’ ritrovato in mano una miccetta. E se qualcuno pensava di poter condurre con questi argomenti la campagna elettorale che si avvicina, ha sbagliato. Perche’ noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini. Che non porteranno a nulla”, aveva detto Festa all’indomani delle perquisizioni.

È sempre d’uopo ricordare che le azioni dei Pm sono esercizi dell’azione penale obbligatoria ma non sono sentenze di condanna e che per gli attuali indagati c’è il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio.

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Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

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Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

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Test omosessualità a poliziotto della penitenziaria, ministero condannato

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Prima un procedimento disciplinare con una serie di “domande ambigue” sul suo orientamento sessuale. Poi addirittura un test psichiatrico per verificare se fosse o non fosse gay. È il calvario denunciato da un agente di polizia penitenziaria che alcuni giorni fa, dopo più di un anno di battaglie a colpi di carte bollate, ha vinto una causa dal Tar del Piemonte ottenendo un risarcimento di 10 mila euro per “danno morale”.

La somma è stata messa in carico al ministero della Giustizia. A originare il caso fu la segnalazione di due detenuti: “quel poliziotto fa le avances”. Era tutto falso. Ma nel frattempo l’agente venne spedito alla Commissione medica ospedaliera di Milano per sottoporsi a controlli psichiatrici: l’obiettivo era accertare la sua idoneità al servizio. Ed è qui il punto: l’amministrazione, che nel corso del procedimento giudiziario si è giustificata sostenendo che il dipendente manifestava “stati di ansia”, secondo i giudici “operò una sovrapposizione indebita” fra omosessualità (effettiva o meno non ha importanza) e “disturbo della personalità”. Una decisione “arbitraria e priva di fondamento tecnico-scientifico”.

Alla fine l’agente fu prosciolto in sede disciplinare e, dopo i test, dichiarato perfettamente in grado di svolgere il proprio lavoro. Ma per l’Osapp, il sindacato di polizia penitenziaria che gli ha fornito l’assistenza legale, resta la gravità di accuse “ingiuste, anacronistiche e degne di un clima da Santa inquisizione”. “Alle tante incongruenze e incapacità constatate negli organi dell’amministrazione – dice il segretario generale, Leo Beneduci – non credevamo di dover aggiungere l’omofobia”.

Secondo il senatore Ivan Scalfarotto (Italia viva) la vicenda “illustra meglio di mille trattati l’idea strisciante, e assai più diffusa di quel che si creda, che le persone gay e lesbiche non siano proprio come le altre, non propriamente degne come tutte le altre”. I giudici ricordano che nel ricorso (depositato il 27 dicembre 2022) l’agente lamentò di “essere stato deriso ed emarginato dai colleghi, per lo più uomini, in ragione delle proprie vicissitudini”, tanto che chiese e ottenne il trasferimento in un altro carcere, dal Piemonte alla Puglia. Ma per questo capitolo non hanno riconosciuto il diritto a un risarcimento.

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