Indagati per mafia, concussione o riciclaggio ma candidati: l’Antimafia fa i nomi dei candidati impresentabili di De Luca, Caldoro, Emiliano e valdostani
Tredici impresentabili alle prossime elezioni regionali che “andrebbero depennati” e “uno sforzo dei partiti di autopurgarsi che purtroppo non e’ stato perfetto”. La Commissione parlamentare Antimafia annuncia la black list dei candidati, almeno secondo il Codice di autoregolamentazione dei partiti e la legge Severino. Le regioni che non passano l’esame dopo le verifiche della Direzione Nazionale Antimafia sono Puglia, Valle D’Aosta e Campania. In quest’ultima gli impresentabili sono nove e figurano nelle liste di Forza Italia, Lega e soprattutto in quelle che appoggiano il governatore Vincenzo De Luca. Dall’associazione mafiosa alla concussione o il riciclaggio, sono diversi i reati per cui gli imputati per i quali il Codice di autoregolamentazione dei partiti chiede, senza imporlo, l’esclusione dalle candidature di coloro che sono stati rinviati a giudizio e dunque non solo i condannati, come invece prevede la Legge Severino. Secondo quest’ultima i candidati segnalati (in questa tornata due tra quelli complessivamente individuati), qualora eletti, vedrebbero sospesa la carica di rappresentante della Regione. Maglia nera alla Campania. E non manca una stoccata al numero uno della Regione da parte dello stesso presidente della Commissione, Nicola Morra. “Vincenzo De Luca era ritenuto impresentabile ma e’ stato assolto dopo 18 anni, nel 2016. Attualmente di fronte al ‘giudice’ della Commissione Antimafia lui risulta assolutamente presentabile – precisa Morra – . Se vorra’ fare video per dileggiare altri soggetti, come quello in cui apostrofava in maniera irrispettosa l’allora presidente della Commissione Rosy Bindi solo perche’ aveva fatto il suo lavoro, e’ libero di farlo. Ho simpatia per la sua teatralita’ enorme. La liberta’ di critica deve essere garantita a tutti, ma sono convinto che Rosy Bindi abbia fatto il suo dovere e doverosamente bene”. In Puglia sono invece tre gli impresentabili, di cui due nelle liste che appoggiano Michele Emiliano, altro governatore dem. Un altro e’ invece in Val d’Aosta ed e’ l’ex vicepresidente della giunta regionale, gia’ dichiarato sospeso lo scorso anno. “Molti gruppi politici hanno consultato la Commissione per esaminare le offerte di candidatura ed evitare quelle imbarazzanti. Ma lo sforzo avviato di autopurgarsi non e’ stato perfetto”, commenta amaro Morra, secondo il quale e’ paradossale dover pensare ancora oggi di dover imporre cio’ che andrebbe fatto spontaneamente: “Credo sia grottesco pensare di dover fare una legge per non presentare candidati impresentabili.
Non si puo’ normare cio’ che la morale e il senso delle istituzioni democratiche impongono. Mi piacerebbe pensare che nel 2020 la Commissione Antimafia non si debba interessare di esame delle liste elettorali, perche’ tutte le forze politiche che democraticamente che concorrono alla vita del Paese dovrebbero avere la maturita’ di depennare eventuali soggetti opinabili”.
Ma chi sono i tredici cosiddetti impresentabili. La Campania ne ha ben nove. Sono stati individuati dalla commissione parlamentare antimafia. Perché sarebbe impresentabili per l’Antimafia?. Perché sono candidati alle regionali ma hanno processi in corso in primo o secondo grado. Dei tredici scovati nelle elezioni nelle sette regioni che vanno al voto, nove sono in Campania, tre in Puglia e uno in Valle d’ Aosta.
I campani cosiddetti impresentabili sono 5 candidati a sostegno del presidente Vincenzo De Luca e 4 con Stefano Caldoro. Dei campani sono quattro sono della provincia di Napoli, tre irpini e due della provincia salernitana. Tre donne e sei uomini. Ma vediamo per sommi capi chi sono e perché sarebbero impresentabili, secondo i canoni dell’Antimafia. Carlo Iannace, medico di San Leucio del Sannio. Qui è stato sindaco. Eletto in consiglio regionale nel 2015 con ottomila voti, ha una condanna in primo grado a sei anni (tre condonati) e interdizione dai pubblici uffici per peculato, truffa e falso legati al suo incarico di direttore dell’unità di intervento senologico all’ ospedale Moscati di Avellino. Il processo non é concluso. Questo medico può ancora essere assolto. Allo stato però é imputato. Iannace é iscritto al Pd dal 2016, è candidato nella lista “De Luca presidente” e venne già sospeso dal consiglio regionale nel 2016 dopo la condanna, su cui c’ è un appello ancora in corso.
É sotto processo di primo grado al tribunale di Avellino, con l’ accusa di riciclaggio, Sabino Basso, già presidente degli industriali di Avellino e campani. Imprenditore vinicolo e oleario, è candidato nella lista “Campania libera-De Luca presidente”.
Orsola De Stefano, leghista, consigliere comunale di Solofra la città delle concerie, é sotto accusa per riciclaggio. É candidata nella lista “Lega Salvini Campania”. Análoga contestazione al tribunale di Napoli per Maria Grazia Di Scala, candidata nella lista “Forza Italia Berlusconi con Caldoro”. Ripetiamo, accuse non sentenze passate in giudicato anche per l’avvocato ischitana.
Molto gravi sono Invece le accuse per Aureliano Iovine: associazione per delinquere di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori per favorire clan camorristici, truffa aggravata. Iovine è stato coinvolto in un’inchiesta sul clan Mallardo di Giugliano che provocò 50 rinvii a giudizio nel gennaio 2016. In 37 hanno scelto il rito abbreviato. È candidato nella lista “Liberaldemocratici Campania popolare moderati con De Luca”. Sempre in appoggio a De Luca, è candidato Michele Langella nella lista “Campania in Europa”. È imputato di riciclaggio al tribunale di Torre Annunziata. Di Torre del Greco, Langella è consigliere comunale.
È invece imputata a Nocera di scambio elettorale politico-mafioso, insieme con il marito Pasquale Aliberti ex sindaco della città, Monica Paolino. È candidata nella lista “Forza Italia Berlusconi con Caldoro”.
L’ accusa risale al 2015. È di San Mango Piemonte in provincia di Salerno, dove è stato anche candidato sindaco, Francesco Plaitano, presidente nazionale del Partito repubblicano. È candidato proprio nella lista del Pri in appoggio a De Luca.
Accusa di concussione, con processo al tribunale di Napoli, per Francesco Silvestro, imprenditore di Arzano con un’ azienda di materassi a Caivano. È candidato nella lista “Forza Italia Berlusconi con Caldoro”.
In Puglia i candidati “impresentabili sono Silvana Albani e Vincenzo Gelardi per Emiliano; Raffaele Guido, per Bruni presidente. L’ unica regione non meridionale ad avere un candidato “impresentabile” è la Valle d’Aosta con Augusto Arduino Rollandin della lista “Puor L’Autonomie”, sospeso nel 2018 dopo una condanna per concussione.
Quanto peserà sull’esito delle Regionali in Basilicata la decisione di Iv e Azione di schierarsi a fianco di Bardi? A domandarselo sono non solo i partiti in corsa ma anche i sondaggisti che tuttavia sottolineano la difficoltà di fare un pronostico, viste le peculiarità della Regione. “Non c’è tantissimo sulla carta come termine di confronto – osserva Lorenzo Pregliasco, direttore di Youtrend – si può tuttavia partire dalle politiche del settembre 2022 per capire il potenziale”.
Ebbene, in quella circostanza, i due partiti di Calenda e Renzi allora alleati nel Terzo Polo ottennero una prestazione migliore di quella nazionale dove si fermarono al 7,78%; in Basilicata fecero segnare il 9,76% alla Camera e il 12,27 al Senato, trainati dalla candidatura dell’ex governatore Marcello Pittella, oggi in Azione. Alle politiche del settembre 2022 il centrodestra fu scelto dal 38,31% degli elettori, il M5s dal 25,00% e il centrosinistra dal 21,59%. Quindi se si dovessero replicare meccanicamente quei risultati, la coalizione M5s-Pd avrebbe più voti del centrodestra, il quale però a sua volta sopravanzerebbe i primi proprio grazie al supporto di Azione e Iv. “Da ascrivere a quel risultato – osserva Pregliasco – non c’è solo il voto politico di opinione, ma anche elementi territoriali e di preferenza personale per Pittella”. E in tal senso Lorenzo De Sio, direttore del Cise-Luis (Centro italiano studi elettorali), segnala le differenze: “Al netto del fatto che è passato un anno e mezzo, alle regionali c’è un astensionismo asimmetrico rispetto alle politiche. L’esito è imprevedibile”. “E’ per lo meno prematuro fare pronostici”, concorda Pregliasco.
Se si va indietro alle precedenti elezioni Regionali del 2019 il dato più importante fu che per la prima volta il centrodestra vinceva le Regionali. Il Centrodestra guidato da Bardi ottenne il 42,20%, grazie ad un exploit della Lega che prese il 19,15%, mentre cinque anni prima nemmeno si era presentata. Viceversa il centrosinistra incassò solo il 33,11% dei voti rispetto al 62,7% del novembre 2013. Il crollo fu dovuto in parte alle vicende giudiziarie dell’ex presidente Marcello Pittella e in parte all’ascesa di M5s, che ottenne la fiducia del 20,32% degli elettori. Rispetto a quelle Regionali è difficile misurare sia Iv che Azione, dato che entrambe i partiti non erano stati fondati. Tuttavia con Azione milita ormai dall’agosto 2022 l’ex governatore Marcello Pittella, ex Pd. Alle Regionali del novembre 2013, in cui la coalizione vinse a valanga con il 62,7%, la sua lista civica fu scelta 16%.
Ed oggi? “Per Renzi può funzionare – osserva De Sio – perché lui da tempo dice di essere vicino alla destra. Per Calenda c’è un rischio: dopo aver detto “mai con la destra sovranista” ora si schiera da quella parte, col rischio di perdere il voto d’opinione sia in Basilicata che poi alle Europee; sempre che non abbia candidati forti nelle preferenze”. “Azione alle elezioni Regionali – ricorda ancora Pregliasco – ha sempre preso meno che alle politiche, tuttavia il peso alle prossime regionali dipenderà anche dai candidati al Consiglio, visto che il voto di preferenza è molto importante. In ogni caso la scelta di Azione e Iv di schierarsi con Bardi alcuni punti li sposta. Un po’ per il radicamento di Pittella, ma almeno un paio di punti li sposta agilmente”. C’è inoltre un’altra incognita: l’eventuale candidatura autonoma di Chiorazzo, che pesca nell’elettorato moderato-riformista: altro motivo che spinge Pregliasco a definire “prematura” ogni previsione.
Troppi suicidi nelle carceri italiane, è arrivato il momento di intervenire, soprattutto per l’assistenza sanitaria e il sovraffollamento. Sergio Mattarella lancia l’allarme carceri e lo fa incontrando al Quirinale la polizia penitenziaria, ringraziata per gli sforzi e i “sacrifici” ma anche chiamata ad un “sovrappiù di responsabilità”. La preoccupazione del presidente della Repubblica è basata su dati spaventosi: nel 2022 negli istituti penitenziari italiani si sono suicidati 84 detenuti, in questi giorni si calcola che ogni 60 ore un detenuto si toglie la vita. Numeri agghiaccianti che hanno spinto il capo dello Stato – peraltro più volte sollecitato da forze politiche ed associazioni umanitarie – ad affrontare di petto la questione: “Un elemento prioritario è l’esigenza di assistenza sanitaria nelle prigioni, che è una esigenza diffusa, ampia, indispensabile”, premette Mattarella nel suo intervento ad una rappresentanza del Corpo di Polizia Penitenziaria, in occasione del 207° anniversario della sua costituzione.
“E’ indispensabile che si affronti sollecitamente questo aspetto. Il numero dei suicidi nelle carceri dimostra che servono interventi urgenti. E’ importante ed indispensabile affrontare il problema immediatamente e con urgenza. Tutto questo va fatto per rispetto dei valori della nostra Costituzione, per rispetto di chi negli istituti carceri è detenuto e per chi vi lavora”, aggiunge. Il presidente aggiunge anche qualcosa in più e non si può non notare che la cronaca segnala oggi un caso di pestaggio in carcere a Foggia per il quale sono stati arrestati 10 agenti. Caso peraltro avvenuto diversi mesi fa.
Il presidente chiede infatti una maggiore partecipazione ai problemi delle carceri ancora troppo fuori dall’attenzione della politica e dei media: “tutte le istituzioni e i corpi sociali si sentano non estranei al mondo penitenziario ma si sentano chiamati a dare collaborazione. Il vostro impegno è in questo ambito, tra sicurezza ed educazione, lo svolgete con grande professionalità e grandi sacrifici. La professionalità comporta un’esigenza di controllo di tutto, anche di se stessi naturalmente, e richiede un rispetto dei confini della professionalità, del comportamento professionale.
Questo è importante, poichè la vostra autorevolezza è necessaria agli istituti ed è esaltata dalla professionalità autentica dal muoversi dentro questi confini di professionalità. E questo naturalmente, nelle grandi difficoltà degli ambienti in cui voi operate, richiede – sottolinea il presidente della Repubblica – un sovrappiù di responsabilità e vi ringrazio per questo” .
Nuovo sciopero di Cgil e Uil l’11 aprile. I sindacati guidati da Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri si preparano a tornare in piazza. Per chiedere politiche e interventi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e per cambiare la delega fiscale del governo e definire una diversa riforma per un fisco “giusto ed equo”. Le due sigle proseguono così il percorso di mobilitazione, che vede già due date cerchiate: sciopero giovedì 11 aprile e manifestazione nazionale a Roma sabato 20 aprile, che saranno ‘ratificate’ dall’assemblea nazionale dei delegati e rappresentanti per la sicurezza venerdì 22 marzo alla Leopolda a Firenze. Dopo gli stop proclamati all’indomani della tragedia nel cantiere proprio a Firenze, Cgil e Uil tornano quindi ad incrociare le braccia. Lo sciopero dell’11 aprile sarà a livello nazionale, accompagnato da manifestazioni territoriali, e l’astensione sarà di 4 ore nei settori privati. Le modalità di stop saranno definite dalle singole categorie.
Ma gli edili – la categoria più toccata dagli incidenti sul lavoro e dalle misure messe in campo dal governo con la patente a punti – già si preparano ad uno sciopero che sarà invece di 8 ore, per l’intero turno. La patente a crediti, come è stata battezzata nel decreto Pnrr con gli interventi sulla sicurezza sul lavoro, partirà il primo ottobre prossimo nei cantieri. Uno strumento su cui è partito il confronto tecnico al ministero del Lavoro, dopo l’incontro sulla sicurezza convocato dalla ministra Marina Calderone con le parti sociali di venerdì scorso. Una nuova riunione, dopo quella di oggi, è prevista per martedì 26 marzo, con l’obiettivo – sottolinea il ministero – di proseguire sulla via del dialogo. Intanto, spiega, il confronto ha portato l’attenzione su diversi aspetti derivanti dall’attuazione dello strumento, in vista di proposte emendative al provvedimento ora all’esame della Camera. Ma il tavolo per i sindacati delle costruzioni di Cgil e Uil è “senza risposte” e non fa che rafforzare le ragioni dello sciopero.
“Abbiamo avanzato diverse proposte non solo per estendere la patente a crediti a tutti i settori, ripristinando la norma originaria del Testo unico sulla sicurezza (ora modificato in peggio), ma anche per renderla veramente efficace nei cantieri. Purtroppo abbiamo registrato molte distanze e una volontà più di fare propaganda che non di una vera trattativa”, sostengono i segretari generali di FenealUil e Fillea-Cgil, Vito Panzanella e Alessandro Genovesi, annunciando di andare verso lo sciopero di 8 ore. Cisl e Filca-Cisl esprimono “soddisfazione” per la scelta del governo di introdurre un sistema a crediti, pur ribadendo la necessità di alcuni interventi e soprattutto l’importanza che “le parti sociali lavorino insieme per rendere il provvedimento davvero efficace”, come dichiarano il segretario confederale della Cisl, Mattia Pirulli, ed il segretario generale della Filca, Enzo Pelle.