Il Parlamento europeo discute e vota una risoluzione che, pur senza essere in alcun modo vincolante per gli Stati, fa sapere ai leader l’orientamento dell’unico organo eletto direttamente dai cittadini dell’Ue su quali mezzi adottare per uscire dalla crisi del coronavirus. Gli eurodeputati dei partiti italiani votano in ordine sparso, con una scollatura sia tra le principali forze della maggioranza, Pd e M5s, sia tra quelle di opposizione, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Un segnale ondivago che potrebbe indebolire Giuseppe Conte in vista del vertice europeo del 23 aprile in cui si dovranno fare le scelte sulle armi finanziarie messe a disposizione degli Stati. Con il premier pronto a portare comunque a oltranza la trattativa sul fondo salva-stati sia in chiave interna che a livello europeo, mantenendo i contatti con le cancellerie in vista della decisiva battaglia per gli eurobond. Alla fine il testo uscito dall’Eurocamera ha invitato i governi a adottare il controverso Mes, il meccanismo europeo di stabilita’ che dovrebbe garantire una linea di credito per sostenere le spese legate all’emergenza sanitaria. Visto come il fumo negli occhi dai sovranisti che lo considerano un guinzaglio con cui soffocare di austerita’ i Paesi, e’ considerato invece una delle uniche fonti certe di liquidita’ immediata dalla maggior parte delle altre forze politiche. Sul punto Pd e M5s hanno votato in maniera opposta, a favore i primi, contro i secondi. Quasi una riedizione della vecchia alleanza del primo governo Conte: la Lega, come i pentastellati, ha bocciato il Mes, cosi’ come Fratelli d’Italia. Favorevoli Italia Viva e Forza Italia. I 5 stelle si sono tuttavia divisi al momento di votare la risoluzione nel suo complesso, in parte astenendosi, in parte votando contro. Un segnale che nei palazzi della politica, a Roma, e’ letto in ogni caso come uno spiraglio verso Conte, impegnato nel difficile negoziato europeo per ammorbidire e annacquare il piu’ possibile le condizioni imposte a chi usufruisce del credito del Mes. “Il processo e’ ancora lungo”, ragionano in ambienti Pd, dove sono convinti di riuscire a portare i 5s sulle loro posizioni. Anche se per ora “l’astensione era il massimo della mediazione che potevamo raggiungere”. Appare invece come un segnale negativo per il governo la bocciatura degli eurobond. L’idea di una mutualizzazione a livello europeo dei debiti futuri, con una garanzia degli Stati membri, e’ stata cassata nel testo finale del Parlamento europeo, mentre l’eurocamera ha aperto all’ipotesi piu’ ‘light’ di titoli di debito garantiti dal bilancio pluriennale dell’Ue. I nomi scelti in sede europea certo non aiutano a fare chiarezza sui modi possibili con cui si pensa di finanziare l’eventuale fondo europeo per la ripresa, strumento proposto dalla Francia e sulla cui adozione punta molto il governo italiano in vista del summit dei leader. Il cosiddetto ‘Recovery fund’, che vede peraltro ancora un fossato tra nord e sud Europa, e’ ancora un’etichetta, un contenitore vuoto, tutto da riempire. Non e’ chiaro insomma da dove attingera’ i soldi anche se si ragiona appunto di una qualche forma di condivisione del debito a livello europeo. Anche su questo ci sono stati distinguo nelle forze della maggioranza. Sui cosiddetti ‘Recovery Bond’, titoli garantiti dal bilancio pluriennale dell’Ue, quello insomma cui partecipa ciascun Stato membro con dei versamenti annuali, il Pd ha votato a favore, mentre il M5s si e’ astenuto. Sul fronte delle opposizioni, anche la Lega – da sempre contraria a ogni forma di eurobond, considerati “un’eurotassa” – si e’ astenuta, mentre Forza Italia ha votato a favore, cosi’ come Fratelli d’Italia. Il M5s si e’ detto invece favorevole al secondo strumento, i ‘Coronabond’ bocciati pero’ dall’Eurocamera. Sempre di titoli si tratta, ma garantiti questa volta dagli Stati: vale a dire una vera propria messa in comune del debito futuro. Il Pd aveva votato si’ anche per questo, e pure Fratelli d’Italia. Contrari Lega e Forza Italia. Una babele di distinguo e di posizioni, insomma. Resta ora tutto da vedere quanto queste diverse sensibilita’ incideranno sul negoziato in corso a livello Ue e, eventualmente, su cosa succedera’ dopo il 23 aprile.