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Cronache

Il bombarolo di Arzano che fabbricava ordigni e leggeva libri di Hitler ha evitato una strage di carabinieri

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Arrestato il bombarolo di Arzano, costruiva ordigni per far saltare in aria case: a casa sua un arsenale e un Corano

Un bombarolo professionista che vende i suoi servigi sul mercato o uno sfessato di paese folle e nullafacente? Chi è nella realtà questo giovane di 23 anni arrestato dai carabinieri della Tenenza di Arzano con accuse che vanno dalla fabbricazione alla detenzione di ordigni esplosivi micidiali? Chi è questo giovane, O.C., residente ad Arzano, arrestato perchè mentre fabbricava un ordigno non convenzionale l’ha fatto esplodere nella sua stanzetta rischiando uccidere se stesso e la madre che si trovava in cucina? Qualunque sarà la risposta che daranno a queste due domande gli inquirenti, resteranno aperti alcuni inquietanti interrogativi. Dove e come ha reperito questo 23 enne sostanze chimiche come la nitroglecerina, la ciclotetrametilentranitroammina, l’ottogene o HMX, l’acido citrico, l’acido nitrico e altre sostanze che assieme a congegni ed altri materiale gli hanno permesso di fabbricare e stipare nella sua camera ben 36 IED (4 sono piccoli) ovvero ordigni da guerra come quelli usati per ferire gravemente i militari italiani in Iraq?  

E infine, ma non per ultimo, a chi dovevano essere consegnati quei 30 “ordigni micidiali” (usiamo lo stesso linguaggio impiegato dai carabinieri)? 

Intanto, diciamo subito che il bombarolo 23 enne di Arzano rispetto al truffatore di Alessandria (Giovanni Vincenti) che aveva piazzato bombe nella sua cascina per incassare il premio assicurativo ammazzando 3 vigili del fuoco, ai carabinieri arrivati sul posto dopo l’esplosione ha riferito subito di non mettere le mani nell’armadio perchè c’era materiale esplosivo. Una confessione immediata che ha probabilmente evitato una strage di carabinieri arrivati sul luogo della esplosione senza sapere che cosa era accaduto e con l’intento di mettere in salvo persone.

Dopo aver messo al sicuro il bombarolo e la mamma, i militari  avrebbero poi ispezionato la casa. Per fortuna l’hanno fatto i carabinieri artificieri dopo la segnalazione del bombarolo. Artificieri che hanno trovato non solo gli ordigni già confezionati ma anche materiale per confezionarlo. Da qui le contestazioni all’indagato, arrestato all’alba, dei “reati di fabbricazione e detenzione di congegni esplosivi micidiali assimilabili alle armi da guerra”. Gli ordigni erano in grado di procurare morte e distruzione. Ed ognuno degli ordigni era perfettamente in grado di funzionare. I carabinieri artificieri nella loro relazione alla procura di Napoli Nord, scrivono che gli ordigni trovati sono “di fattura (Homemade) artigianale improvvisata” e che… “la micidialità del tutto giustifica l’irrogazioni di sanzioni pesantissime”.   

Secondo i carabinieri il bombarolo “non solo deteneva gli ordigni ma li aveva egli stesso fabbricati, come risulta dalle fatture di acquisto del materiale rinvenuto” e da altre prove raccolte. 

Quello che inquieta nella informativa di reato dei carabinieri che hanno arrestato il tombarolo sono altre due cose. Sono stati “trovati appunti nella stanza dell’arrestato relativi alle modalità di sintetizzazione di esplosivi quali TATP e ETN, noti per essere stati impiegati in recenti attentati terroristici”. Altro dettaglio che alla luce di quanto scoperto non è di poco conto è il fatto che nella stanza del tombarolo i carabinieri hanno recuperato anche una piccola collezione di libri riguardanti la figura di Adolf Hitler.

L’inchiesta dei carabinieri della Tenenza di Arzano è solo agli inizi. Ci sono molte domande importanti cui rispondere. Non ultima: a chi erano destinati i 36 ordigni confezionati?  

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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