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Cronache

Giustizia malata, l’associazione forense “In Oltre”: processo da remoto sì, ma solo nei casi strettamente indispensabili

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Sull’appello del COA di Torre Annunziata al ministro Guardasigilli Alfonso Bonafede è intervenuta anche l’associazione forense “In Oltre”, sempre dello stesso distretto. E l’ha fatto con una lettera firmata dal presidente e dal segretario dell’associazione, gli avvocati Anna Brancaccio e Ferdinando Varriale.  Nella lettera-documento vengono esplicitati, senza girarci intorno, i problemi anche di ordine pratico che diventano quasi insormontabili per gli avvocati se in ogni distretto giudiziario ognuno si organizza come vuole senza interpellare la classe forense. Anche in questo caso ve la proponiamo così com’è, senza mediazioni. Un modo per farvi conoscere idee, pensieri ed anche indignazione di professionisti che stanno vivendo male la ripresa dell’attività giudiziaria in questa Fase Due della Pandemia virale. 

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La giustizia non è ammalata di Covid 19 ma deve essere curata, è un virus per cui il vaccino esiste ma ostinatamente si rifiutano di iniettarlo.
Martedi, 12 maggio 2020 riaprono i Tribunali, ma come?
Da Presidente dell’associazione forense “In- Oltre” posso affermare che i Tribunali non sono in grado di gestire il post Covid 19.
I diversi ed innumerevoli protocolli organizzativi lo dimostrano.
Una vera e propria baraonda di decreti dis-organizzativi che costringono lo sventurato avvocato a dover reperire e studiare, prima di accingersi a fare il proprio importante lavoro, quel particolare decreto del tribunale di e/o del giudice di pace di e/o dell’ufficio unep di e/o della corte d’appello ecc ecc.
La mattina prima di fare udienza deve interrogarsi e studiare quel particolare protocollo previsto da quel Tribunale, da quella particolare sezione a cui appartiene quel determinato magistrato e, poi avviarsi, auspicando che tutto vada per il verso giusto.
Si, perché, spesso, non va tutto per il verso giusto.
Il processo telematico, dove possibile, non velocizza né ha sempre agevolato gli avvocati.
Basti pensare al periodo antecedente alla pandemia, alle memorie di cortesia che costringono, nonostante l’invio telematico dal proprio ufficio, a tornare in Tribunale per il loro deposito cartaceo.
Oggi le cose si complicano ed il disappunto non è rivolto contro un determinato Tribunale ma nei confronti di coloro che, avrebbero dovuto prevedere per tempo la loro riapertura e mettere in condizione la giustizia di funzionare.
Un buon inizio avrebbe dovuto auspicare almeno la emanazione di un protocollo organizzativo unico e linee guida univoche per tutti i Tribunali, condivise da tutte le parti interessate, avvocati, magistrati, e i vari operatori di diritto.
La collaborazione tra tutte le parti, le diverse esigenze e le differenti problematiche avrebbero sicuramente ottenuto un risultato condiviso e ottimale. Ed invece, la classe forense non solo è stata esclusa ma è stata massacrata!
Il funzionamento, la celerità della giustizia non è una prerogativa solo degli avvocati ma è un fondamentale diritto dei cittadini che riversano sulle spalle degli avvocati la soluzione dei loro problemi.
Ridurla ad un processo virtuale, da remoto, tra l’altro inefficiente e pieno di pecche, equivale a non avere un giusto processo e significa mortificare l’obiettivo primario della giustizia: la tutela dei diritti.
Per fare esempi pratici alcuni protocolli prevedono che le impugnazioni si depositano in forma cartacea e bisogna prenotarsi per accedere ad un front office che sarebbe aperto per poche ore al giorno a mezzo pec o telefonicamente. E’ capitato che a telefono non si risponde e nemmeno alle pec. Allora che si fa? O ancora altri protocolli prevedono che il fascicolo depositato in forma cartacea debba essere trasformato in forma digitale, quindi scannerrizzato e poi depositato telematicamente. Ma se il fascicolo è già stato depositato presso la cancelleria, significa ritornare in Tribunale, previa prenotazione, ritirare la propria produzione, portarla nel proprio ufficio, effettuare lo scanner dei documenti, depositare i documenti scannerizzati telematicamente. Tutta questa operazione perché? Per la tutela della salute, tutela che deve essere garantita a tutti e non solo ai dipendenti dei Tribunali e ai magistrati ma anche agli avvocati.
L’inefficienza della macchina della giustizia e la mancanza di collaborazione e di scelte condivise tra tutte le parti rende quindi tutto più difficoltoso.
Il processo da remoto, approfittando dello stato emergenziale non può prescindere dalla regole del processo stabilite dalla legge (processo tradizionale). Lo stato emergenziale non può limitare in alcun modo i diritti dei cittadini.
Non si può eliminare il confronto, la possibilità di interloquire con tutte le parti. Quante volte si è assistito ad una conciliazione durante una udienza o, a casi di conflitto assolutamente irrisolvibili, sciogliersi perché vi è stato un dialogo attraverso gli avvocati.
Ridurre tutto ad un processo attraverso scritti, documenti, carte, è scandaloso! Ormai si sterilizza tutto, si riduce ogni sentimento ad una emozione virtuale ma non si possono sterilizzare i diritti perché il vero senso di tutte le cose è, e resta l’uomo. Saremo anche romantici ma l’avvocato deve avere oltre al cervello anche un cuore!
Ma vi è più. Preme sottolineare ancora che c’è innanzitutto una difficoltà di ordine pratico che è la carenza di mezzi tecnologici. Non arrivano pec di rinvio figuriamoci come effettuare una udienza da remoto, dove a volte non ci sono computer e o i cancellieri non sono preparati ad utilizzare le piattaforme e si finisce per impiegare ore per una udienza che tradizionalmente sarebbe durata poche decine di minuti!
Almeno per i processi civili, basterebbero poche regole di buon senso per limitare i danni causati al sistema giustizia dalla pandemia, danni di carattere non solo economico In particolare:
1) impegno dei magistrati e giudici di pace a smaltire l’arretrato entro il 31 luglio 2020;
2) prevedere da settembre calendari di udienza con riduzione dei tempi medi di rinvio endoprocessuali, in modo da recuperare sul medio periodo i mesi di inattività dovuti all’emergenza ( e cioè prevedere che tra due udienze non intercorre un termine medio di sei mesi o un anno, bensì di quattro)
3) organizzare i ruoli in base alle fasi processuali.
4) introitare a sentenza le cause già pronte e complete.
Ma quello che è importante è sottolineare che siamo contrari al processo da remoto non perché siamo lontani dalla tecnologia ma perchè il processo tradizionale ed in presenza è il processo più garantista.
Le udienze da remoto ben vengano ma che siano limitate a quelle strettamente necessarie; la funzione telematica deve essere principalmente utilizzata per gli adempimenti, i depositi e le comunicazioni di rinvio da parte delle cancellerie.
Risultato è ad oggi la paralisi del sistema giustizia.
I processi verranno rinviati a data da destinarsi con pochissime eccezioni. Ed è facile comprendere che a pagare il prezzo di questo immobilismo non saranno solo gli avvocati ma soprattutto i cittadini!

Anna Brancaccio (Presidente dell’Associazione forense “In Oltre”)

Gli avvocati di Torre Annunziata al Ministro Bonafede: non consenta processi Babele che cambiano a seconda del Tribunale, siamo già nel caos

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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