Antonio Giordano, oncologo e ricercatore napoletano di fama mondiale, direttore dello Sbarro Institute, Temple University di Philadelphia e professore di anatomia ed istologia patologica dell’Università di Siena, coordinerà un progetto di valorizzazione della sanità pubblica ecologica, finanziato con un miliardo e mezzo di euro dal Recovery Fund. Giordano ha ricevuto il prestigioso incarico dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, dal Ministro della Salute Roberto Speranza e dal Viceministro Pierpaolo Sileri. Il progetto prevederà l’individuazione e il monitoraggio dei livelli di inquinanti e la rilevazione di specifici biomarcatori, al fine di individuare formule efficaci di prevenzione. Sarà così messo in evidenza lo stretto legame fra salute e ambiente, il modo in cui l’inquinamento ambientale favorisce l’insorgenza di determinate patologie. Il professor Giordano si era a lungo occupato di Terra dei Fuochi. Adesso grazie al Recovery Fund ci saranno risorse e mezzi necessari per individuare zone inquinate della Penisola per bonificarle e attuare un serio programma di prevenzione e di bio-monitoraggio delle popolazioni.
Professore Giordano, una nozione preliminare. Che cosa si intende per “sanità pubblica ecologica”?
La sanità ecologica è una disciplina che ha l’obiettivo di curare, avendo rispetto delle persone e dell’ambiente in cui vivono. La sanità ecologica si occupa della persona nel suo insieme per cui si propone la finalità di creare migliori professionisti della salute ed ecosistemi vivibili.
I soldati pattugliano la zona dove ci sono molte discariche illegali piene di rifiuti tossici. L’area tra Giugliano e Melito, conosciuta come Terra dei Fuochi, si trova al confine tra Caserta e Napoli, nel sud Italia. The area where there are many illegal dumps filled with toxic refuse. The area between Giugliano and Melito known as Terra dei Fuochi (Land of Fire), is at the border of Caserta and Naples , southern Italy.
A breve sarà presentato il progetto di valorizzazione della sanità pubblica ecologica. In che cosa consiste? Quali fasi sono previste?
Il programma è volto ad identificare aree a rischio, individuare le dosi massime di inquinanti tollerate dall’organismo, individuare bio-marcatori specifici, migliorare il sistema sanitario e attuare tutti i tipi di prevenzione necessari per tutelare la salute. Per fare ciò sarà necessario studiare non solo le persone ma anche l’aria, il suolo, l’acqua, la catena alimentare, e proprio per questo sarà necessaria la collaborazione di più Istituzioni.
Quali sono le patologie maggiormente connesse all’inquinamento ambientale?
Sicuramente le patologie croniche, che non comprendono solo i tumori ma anche i problemi cardiovascolari e le patologie dell’apparato respiratorio. Problematiche che purtroppo non interessano soltanto gli anziani ma anche i giovani e i bambini.
Lei come studioso si è occupato a lungo dell’inquinamento ambientale nella Terra dei Fuochi. Quanto le è servito quel bagaglio di esperienze per orientarsi in questo progetto?
Da mio padre ho ereditato la passione per l’oncologia ambientale ed essendo napoletano non potevo non occuparmi della Terra dei Fuochi. Purtroppo però oggi moltissime altre zone italiane possono essere definite “Terra dei Fuochi”. Imparare a gestire un determinato tipo di inquinamento in un’area specifica è fondamentale per estendere ed attuare lo stesso protocollo a tutta la Penisola.
Per troppi anni la politica ha negato o gravemente sottostimato la questione Terra dei Fuochi. Crede che questo progetto possa rappresentare un’inversione di rotta?
Ormai è chiaro a tutti che l’ambiente ha un ruolo nello sviluppo di svariate patologie, per cui nessuno oggi può fingere di non sapere. La speranza è che questo progetto possa determinare un’inversione di rotta.
I soldati pattugliano la zona dove ci sono molte discariche illegali piene di rifiuti tossici. L’area tra Giugliano e Melito, conosciuta come Terra dei Fuochi, si trova al confine tra Caserta e Napoli, nel sud Italia.
Quanto può incidere la tutela dell’ambiente nel prevenire la diffusione di pandemie come quella che stiamo affrontando in questi mesi?
Queste attività di prevenzione acquistano particolare importanza dopo aver vissuto la pandemia Covid-19. Le dinamiche di insorgenza delle malattie infettive che possono sfociare in epidemie/pandemie sono assolutamente influenzate da un alterato equilibrio uomo-ambiente. Gli esiti negativi sulla salute di queste infezioni possono avere cause correlate alla presenza di inquinanti ambientali che ne amplificano gli effetti.
Ritiene che l’Italia saprà sfruttare l’occasione del Recovery Fund per rimettere in sesto il sistema sanitario nazionale?
Deve farlo. Questo è uno degli obiettivi. Come le ho detto il progetto ha la finalità di implementare la salute del paziente da ogni punto di vista.
Secondo lei, su quali aspetti si dovrebbe intervenire in maniera prioritaria?
Non esistono vere fasi prioritarie. Si possono anche studiare varie cose contemporaneamente. Si possono, ad esempio, determinare i livelli tossici di inquinanti mentre si individuano biomarcatori specifici. Tutto con l’obiettivo di bonificare le aree inquinate ed attuare seri programmi di prevenzione.
Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).
Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.
Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.
Il mese di febbraio 2024 è stato il piu’ caldo mai registrato al mondo, parte di una serie di nove record mensili consecutivi, con temperature ben al di sopra della norma in Europa. Lo ha annunciato Copernicus. La temperatura degli oceani, insolita da quasi un anno, contribuisce in gran parte a questa straordinaria serie. Secondo il bollettino mensile dell’Osservatorio europeo si e’ raggiunto un nuovo record assoluto, sommando tutti i mesi, con 21,06 C registrati a febbraio sulla superficie dei mari (escluse le zone vicine ai poli).
Dal Centro Nazionale Meteomont arrivano i consigli per evitare di trovarsi coinvolti in valanghe in montagna: le recenti nevicate, scrivono i carabinieri, localmente ancora in corso ed associate a vento forte, determinano attualmente e per i prossimi giorni un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini. Fortemente sconsigliate le uscite escursionistiche ed alpinistiche al di fuori delle piste battute e segnalate. Attendere qualche giorno dopo le perturbazioni affinchè il manto nevoso si stabilizzi. Pericolo moderato ma in diminuzione alle alte quote dei settori liguri, emiliani ed abruzzesi. Seguire attentamente l’evoluzione dei prossimi giorni anche attraverso l’app METEOMONT CARABINIERI. In dettaglio:
– ALPI. Le diffuse ed abbondanti nevicate delle ultime 24 ore, localmente ancora in corso, associate con quelle dei giorni precedenti e con un forte vento, hanno determinato un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini, con gradi diversificati a seconda delle cumulate registrate al suolo, delle quote e della posizione geografica. Dalle Alpi Marittime a quelle Lepontine, dalle Retiche alle Giulie, in generale, il grado di pericolo sale a FORTE 4 alle alte quote al di sopra dei 1700/1900 mslm, per problemi connessi principalmente alla NEVE FRESCA, localmente anche ai LASTRONI DA VENTO, mentre al di sotto di tali quote sale a MARCATO 3, per problemi connessi alla NEVE BAGNATA.
In generale, le uscite escursionistiche al di fuori delle piste battute e segnalate, sono sconsigliate alle alte quote delle Alpi. Attendere qualche giorno che il manto nevoso si stabilizzi. Fortemente limitate le attività a quote inferiori. Previste localmente in alta quota ulteriori nevicate nel corso della settimana. Seguire con attenzione l’evoluzione giornaliera e settimanale delle condizioni di stabilità del manto nevoso.
In alta quota il problema è legato alle nevicate in atto o più recenti, il cui sovraccarico progressivo prodotto sul manto nevoso preesistente è il fattore cruciale. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, di grandi dimensioni, a lastroni e a debole coesione asciutte, spontanee e provocate con debole sovraccarico, a tutte le esposizioni, per presenza di strati deboli nel manto nevoso e mancanza di coesione tra le particelle di precipitazione recenti. Pericolo presente durante le nevicate residuali ancora in corso e fino ad alcuni giorni dopo le nevicate. In caso di ulteriori nevicate pericolo stazionario. Avvertenze: fare attenzione ai cambiamenti minimali delle condizioni meteorologiche (es: il cambiamento dell’umidità e della temperatura dell’aria) che influenzano le condizioni della neve fresca. In alcuni casi il pericolo di caduta è più importante del pericolo di seppellimento. Attenzione ai pendii ripidi !
A quote inferiori il problema è legato all’indebolimento del manto nevoso per la presenza di acqua che si infiltra per fusione o per pioggia. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, anche di grandi dimensioni, a lastroni ed a debole coesione di neve bagnata, principalmente spontanee, a tutte le esposizioni (al di sotto dello zero termico o della quota limite della nevicata). Durata del pericolo da ore ad alcuni giorni, possibile una rapida perdita della stabilità. Avvertenze: l’inizio della pioggia, la formazione di pallottole e chiocciole di neve e piccole valanghe a lastroni bagnati o valanghe di neve bagnata a debole coesione sono precursori di un ciclo di valanghe spontanee a lastroni di neve bagnata. Un elevato sprofondamento dello scarpone è un altro segnale di progressivo inumidimento del manto nevoso. Valutare ed evitare le abituali zone di scorrimento ed accumulo delle valanghe di neve bagnata.
– APPENNINO, pericolo valanghe di grado MODERATO 2 alle alte quote dei settori LIGURI,EMILIANO ed ABRUZZESE, per NEVE BAGNATA, ma in progressiva e rapida diminuzione. Da seguire con attenzione l’evoluzione sui settori liguri (Alpi ed Appennino) nel corso della settimana.
Per le necessarie ed indispensabili informazioni locali, di dettaglio e di approfondimento, da seguire con attenzione nel corso della settimana, nonché per interpretare con correttezza i termini, le simbologie, i problemi e le situazioni tipo sopra riportate ed indicate nei bollettini valanghe nel rispetto degli standard europei EAWS, si consiglia di consultare il sito e l’app METEOMONT CARABINIERI.