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Esteri

Esodo biblico in India, in fuga a piedi dalle città

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Un esodo biblico, che non accenna a diminuire: nel quinto giorno di quello che avrebbe dovuto essere in India un lockdown totale, le immagini che fanno il giro del mondo sono quelle di centinaia di migliaia di persone, quasi tutti uomini, ammassati lungo le strade, alle frontiere, o nei dintorni delle stazioni ferroviarie o degli autobus. Fotografie sconvolgenti che raccontano un’emergenza nell’emergenza: una bomba socio-economica pronta a scoppiare insieme a quella sanitaria. Tutto il contrario di quello che si voleva ottenere chiudendo da un giorno all’altro ogni attivita’ e chiedendo a un miliardo e trecento milioni di persone di chiudersi in casa e mantenere le distanze uno dall’altro.

Protagonisti di questa migrazione sono le centinaia di migliaia di lavoratori giornalieri, che in tutto il Paese si erano trasferiti nelle citta’ dai loro villaggi o aree rurali e che, improvvisamente, si ritrovano disperati, da quando lunedi’ notte hanno perso il lavoro e non hanno altra possibilita’ di sostentamento. E che, a causa del blocco totale di tutti i mezzi di trasporto, non hanno un altro modo di tornare a casa se non a piedi, a volte percorrendo anche centinaia di chilometri. Un tentativo, purtroppo, senza speranza, che finisce, per ora, in un vicolo cieco: nella gran parte del paese, infatti, ad eccezione dell’Uttar Pradesh che due giorni fa ha organizzato mille autobus per riportare i suoi cittadini dalla capitale creando il piu’ grande ingorgo di persone mai visto a Delhi attorno alla stazione degli autobus, gli stati fermano l’esodo alle frontiere. La pressione aumenta quasi ovunque: in quella che ogni giorno di piu’ sembra diventare una guerra contro i poveri.

In Orissa, almeno 15 mila si erano messi in cammino per tornare in Bihar, il loro stato d’origine, ma l’Alta Corte ha ingiunto allo stato di fermarli, rinchiudendoli nei 104 campi gia’ allestiti. In Kerala altre migliaia sono accampati nelle strade di Paippad, nel distretto di Koitayam, chiedendo mezzi per raggiungere i villaggi d’origine. A Chennai, la capitale del Tamil Nadu, la stazione e’ assediata da disperati che attendono un miraggio, la partenza di qualche treno. Ma di fronte all’indignazione crescente del mondo per questa vera crisi umanitaria il governo centrale ha offerto solo una nuova stretta: ha ricordato agli stati che spetta a ciascuno assicurare che le frontiere siano chiuse e che nessuno le oltrepassi. E ha ribadito che chiunque si metta in viaggio durante il lockdown dovra’ trascorrere due settimane di quarantena in una delle strutture governative.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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