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Dopo lo sterminio di 12 mila persone anziane, la Lombardia vuole riaprire tutto perchè bisogna fare affari

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Proviamo in  maniera asettica a raccontare questa fase dell’emergenza coronavirus in Italia. Perchè più si è sereni, rigorosi e imparziali, più si tengono alla larga emozioni e sensazioni, anche sgradevoli, e migliore è l’informazione che emerge. Poi chi legge si fa una idea di quel che accade, perchè i lettori, ad ogni latitudine non sono stupidi. Quelli stupidi sono una  categoria a parte, ci sono sempre.

Allora, si parla di possibile ripartenza, riaccensione dei motori dell’economia il 4 maggio in tutto il Paese. Con tutte le precauzioni che vorranno consigliare gli scienziati  (il Comitato tecnico scientifico organo consultivo del Governo) e tutte le imposizioni che vorrà farci osservare il Governo. Ora nel mentre si discute, nel mentre il Governo fa riunioni con scienziati, con sindaci, con presidenti di Regioni, con organizzazioni sindacali e datoriali, registriamo alcune prese di posizioni di due regioni del Nord, molto importanti, Veneto e Lombardia.

La Lombardia, come abbiamo illustrato, da sola vale quasi la metà dei contagi e più della metà dei morti per covid-19. Ecco, mentre il Governo (che è poi l’organo costituzionale che deciderà) fa il suo mestiere, la Regione Lombardia con il presidente Attilio Fontana va avanti per la sua strada. Tanto da far sapere di aver già iniziato a discutere  “di quelle che possono essere le modalità di riapertura” di cui si parlerà nella cabina di regia del Governo nazionale.

Fontana riconosce (bontà sua) la responsabilità in ultima istanza del Governo, ma ci tiene a far sapere che “è necessario iniziare a pensare la possibilità di una riapertura: abbiamo ancora 19 giorni e abbiamo il tempo di valutare ulteriori miglioramenti”. C’è forse qualcosa che teme Fontana? Fontana, per capirci è il presidente della regione che ancora oggi fa registrare quotidianamente 500 nuovi contagiati e tra le 250 e le 300 vittime. Come dire: la Lombardia oggi, ancora oggi, è il principale focolaio di infezione del Paese.  Che cosa c’è dietro queste accelerazioni di Fontana che scalpita per riaprire tutto mentre in tutto il Sud è tutto bloccato da due mesi anche se da quelle parti non è successo quasi nulla? Il rapporto è 12 mila morti nella sola Lombardia, 850 morti per covid 19 in tutto il Sud, Sicilia compresa. Che cosa c’è dietro questi spasmi di Fontana? Dicono che ci sia una strategia comunicativa nuova. Fontana vuole lasciarsi alle spalle la conta delle migliaia di malati e morti, spostare l’attenzione dalla carneficina avvenuta e ancora in atto nelle Residenze sanitarie per anziani e farci vedere la luce della riapertura della ricca, produttiva e industrializzata Lombardia. C’è qualcuno a cui dispiace che la Lombardia riapre le fabbriche? C’è forse qualcuno che è contrario?

Ma se Attilio Fontana dice e non dice, c’è Luca Zaia che è invece chiarissimo. “Il trend positivo sui positivi (intende i contagiati, ndr) ci fa preparare bene alla ripartenza: il lockdown non esiste più” dice il presidente della Regione Veneto. Ha detto proprio così. “Stiamo lavorando alacremente – spiega – per presentare un progetto di messa in sicurezza per la ripartenza”. Il piano di ripartenza del Veneto, regione dove oggettivamente la sanità ha funzionato alla perfezione, “non sarà l’ufficio complicazioni affari semplici” promette  Zaia. Comprenderà, spiega, “termometri, mascherine, guanti, gel – aggiunge – tutte cose sostenibili per le aziende”.

Zaia assicura che il Veneto “è pronto anche a una pre-apertura prima del 4 maggio”. Volete capire che cosa sta succedendo? Vorreste capire perchè la Lombardia vuole riaprire tutto e subito mentre al Sud si osserva il lockdown con pazienza e rigore? In  Italia abbiamo chiuso tutto in ritardo rispetto alla diffusione del contagio perchè la Lombardia ricca e produttiva con i suoi industriali ricchi e produttivi non volevano assolutamente zone rosse o peggio ancora quarantena. Perchè, la verità, se davvero il giornalismo ha ancora un senso, è che il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale per epidemia da covid 19 il 31 gennaio e l’ha esteso a tutto il 31 luglio. Poi, però, lo stesso Governo Conte non ha avuto la forza e la capacità di governare l’emergenza, fermare il contagio, bloccare la Lombardia ed ha consentito che questa regione diventasse un focolaio di infezione che si è esteso a tutto il Paese. Non è un caso che si è cominciato con le zone rosse del 22 febbraio a Codogno e Vò Euganeo. Poi  l’8 marzo la Lombardia zona rossa per far scappare migliaia di persone al Sud. E a babbo morto, quando tutto era stato fatto, l’11 marzo Italia zona rossa. Per non scontentare nessuno o perchè l’hanno suggerito gli scienziati, l’intera Italia solo l’11 marzo viene a sapere che c’è un problema enorme di epidemia e che tutto il Paese viene rinchiuso ai domiciliari. Ora, sono sempre loro, i cosiddetti governatori del Nord, a spingere perchè si riapra tutto. Tanto hanno già sterminato una intera generazione di anziani, ed ora è più importante il soldo. La salute, quella viene mangiando. E il Sud? In quali condizioni ripartirà, già che ha pagato un prezzo pazzesco sull’altare del contagio al Nord? Chissenefotte.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Economia

Svimez: al Sud default infrastrutture, male su treni e sanità

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Non si colma il forte gap di infrastrutture tra Nord e Sud. Nel Mezzogiorno infatti i binari ferroviari sono pochi, l’ Alta Velocità serve solo la Campania, tram e metropolitane sono praticamente inesistenti e il grado di soddisfazione per bus e pullman è nettamente più basso rispetto alle altre aree del paese. Per non parlare della sanità, dove il numero di letti nelle case di cura per abitante è ampiamente inferiore rispetto al resto del paese e il divario con il Centro-Nord è “macroscopico” sulle strutture per l’assistenza degli anziani. E’ il quadro dipinto dalla Svimez nell’audizione alle Camere sul federalismo fiscale.

Per i trasporti in particolare, secondo la Svimez sono numerosi gli indicatori che evidenziano il divario territoriale nella dotazione di infrastrutture. Per quanto riguarda l’infrastruttura ferroviarie, le linee in esercizio gestite da Rfi si sviluppano al Sud su 5.717 km, pari al 34% del totale nazionale, mentre la lunghezza dei binari è pari a 7.528 km ovvero il 30% del totale nazionale. Ma al di là della sottodotazione quantitativa di binari nel Mezzogiorno, in sé relativamente contenuta, sono i requisiti prestazionali della rete a evidenziare i maggiori divari. Significativo è l’indicatore relativo alla quota di linee classificate come ‘fondamentali’ e ‘di nodo’ (queste ultime presenti solo in Campania), che al Sud interessa solo il 21,4% dell’intera estesa contro una percentuale più che doppia al Centro-Nord (53,5%). Enorme anche il gap nell’elettrificazione della rete: 58,2% al Sud contro l’80% medio al Centro-Nord.

Infine la rete a doppio binario è pari al 31,7% nel Mezzogiorno a fronte del 53,4% delle regioni centro-settentrionali. Per quello che riguarda poi l’Alta Velocità, nelle regioni meridionali lo sviluppo è di 181 km (interamente in Campania), ovvero appena il 12,3% del totale nazionale. Quanto invece ai sistemi di trasporto urbano, le città capoluogo del Sud dispongono di una dotazione complessiva di reti tramviarie pari a 42,6 Km ovvero l’11,2% del totale nazionale e di reti metropolitante pari a 25,7% (13,5% del totale nazionale). Carenti anche i servizi di trasporto pubblico, qualitativamente di livello inferiore al Sud rispetto al resto del paese: nel 2022 gli utenti soddisfatti dell’autobus sono stati il 55,7%, quasi 10 punti in meno rispetto alla media nazionale.

Per quello che riguarda invece le infrastrutture sanitarie la Svimez ha valutato la disponibilità a livello regionale di posti letto nelle strutture sanitarie residenziali e semiresidenziali, “destinate a rappresentare sempre di più le strutture per il primo presidio di cura a livello territoriale”. In questo comparto mette in luce la “grave sotto dotazione” delle regioni meridionali, che registrano tutte valori inferiori alla media nazionale di 553 posti letto per 100.000 abitante. E particolarmente deificitaria la situazione della Sicilia (98 posti), Campania (114) e Basilicata (128). Per quello che riguarda invece le dotazioni regionali di posti residenziali per anziani nelle strutture territoriali per 1.000 residenti, a fronte di una disponibilità media di 15,2 posti in Italia la situazione peggiore si registra sempre in Sicilia (1,2), Basilicata (1,4) e Campania (1,8). Infine per quello che riguardano i servizi idrici, la regione italiana caratterizzata dalla quota significativamente più elevata di popolazione regionale senza accesso al servizio di depurazione dell’acqua è la Sicilia, pari al 13,1%, mentre significativo è anche il ritardo della Calabria (5,3%) e della Campania (4,4%). Percentuali, queste, che si confrontano ad esempio alle regioni del Nord Est (0,4%) e del Nord Ovest (0,6%) e a una media italiana del 2,2%.

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Esteri

Mosca, annullata la marcia della Vittoria

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Mosca e altre città russe hanno annullato la marcia della Vittoria del 9 maggio per ragioni di sicurezza. Lo ha riferito la Tass citando la co-presidente del quartier generale del movimento Elena Tsunayeva. “A causa delle minacce esistenti alla pubblica sicurezza, il quartier generale del Reggimento Immortale russo ha deciso di annullare la marcia del Reggimento Immortale del 2024”, ha spiegato Tsunayeva in conferenza stampa aggiungendo che quest’anno i festeggiamenti del 9 maggio assumeranno la forma di altri eventi.

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Cronache

Caso Ferragni-Balocco, per il tribunale hanno ragione i consumatori: fu pratica scorretta

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La prima sezione civile del Tribunale di Torino ha emesso una sentenza significativa riguardante il caso Balocco, il ruolo di Chiara Ferragni, che hanno attirato l’attenzione nazionale. Il tribunale ha accolto il ricorso presentato da diverse associazioni, tra cui il Codacons, Utenti dei servizi radiotelevisivi e Adusbef, contro la campagna di beneficenza condotta dall’industria dolciaria Balocco. La campagna in questione era stata realizzata attraverso la vendita di pandori griffati dall’influencer Chiara Ferragni, a favore di un ospedale torinese.

La giudice Gabriella Ratti ha emesso una dichiarazione che conferma le accuse mosse dalle associazioni ricorrenti. Secondo quanto riportato dalle associazioni stesse, la sentenza ha accertato la pratica commerciale scorretta messa in atto dall’azienda Balocco. Inoltre, ha evidenziato l’ingannevolezza dei messaggi diffusi al pubblico riguardo alla natura benefica della campagna associata alla vendita del prodotto.

Questa sentenza rappresenta un importante punto di svolta nel panorama delle pratiche commerciali e delle campagne di beneficenza condotte dalle aziende. Mette in luce la necessità di maggiore trasparenza e responsabilità da parte delle imprese nell’affrontare iniziative di questo tipo. La decisione del tribunale di Torino sottolinea l’importanza di verificare attentamente le pratiche di marketing e di beneficenza per garantire che siano etiche e rispettose dei consumatori.

Il caso Balocco ha suscitato un dibattito su scala nazionale riguardo alla relazione tra marketing, beneficenza e trasparenza aziendale. È probabile che questa sentenza abbia un impatto significativo sul modo in cui le aziende progettano e promuovono le loro campagne di responsabilità sociale d’impresa, mettendo in evidenza la necessità di una maggiore chiarezza e autenticità nelle loro iniziative benefiche

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