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Dilaga la psicosi Coronavirus, cartelli choc in Italia

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“A tutte le persone provenienti dalla Cina non è permesso di entrare in questo posto”. Il cartello choc, scritto in cinese e in inglese, e’ spuntato davanti a un bar vicino Fontana di Trevi. E ha portato a galla la psicosi da Coronavirus che, dopo i primi due casi in Italia accertati a Roma, inizia a proliferare dentro e fuori la Capitale. Qui, nella ‘Chinatown’ dell’Esquilino, iniziano a circolare persone in mascherina e le farmacie fanno registrare il ‘tutto esaurito’. Scene simili si rincorrono dal Molise a prato e altre parti d’Italia. Di pari passo con il fiorire di casi sospetti e verifiche. Insomma, nonostante gli appelli di istituzioni e autorita’ sanitarie a non allarmarsi inutilmente, “perche’ la situazione e’ sotto controllo”, l’arrivo nel Bel Paese del nuovo virus per ora sta seminando, piu’ che contagi, sospetti e timori. Il cartello, apparso nel cuore di Roma all’ingresso di un locale in via del Lavatore, in men che non si dica, si e’ attirato una pioggia di critiche. Per la sindaca Virginia Raggi quel cartello e’ “assolutamente ingiustificato. Basta psicosi e allarmismi”. A rincarare la dose il prefetto cittadino Gerarda Pantalone secondo cui “non ci sono motivi di tensione. Non bisogna creare allarmi inesistenti”. Nel quartiere che si dipana attorno a piazza Vittorio e che storicamente ospita la comunita’ cinese, molte farmacie hanno terminato le scorte di mascherine, Segnalando un boom nelle richieste. “Sono finite da alcuni giorni – riferisce una farmacista -. Se prima venivano solo cinesi, da questa mattina si e’ creato il ‘panico’ anche tra gli italiani, tanti sono venuti a chiedercele. E’ finita anche l’Amuchina”. A poche centinaia di metri di distanza, il gestore di un’altra farmacia le fa eco: “Da questa mattina le abbiamo finite anche noi. Le vendiamo a pacchi anche da 50 o 100 mascherine. Si e’ creata una psicosi”. Le tante attivita’ cinesi (bar, ristoranti e negozi di abbigliamento) da giorni stanno vedendo diminuire i loro clienti e il timore che serpeggia nella comunita’ e’ che la “paura sfoci in razzismo”. Andrea Lucidi, titolare di un bar nella zona, il Caffe’ Romano, ha voluto sdrammatizzare il tutto con una trovata quanto meno eccentrica: i suoi camerieri oggi non vestivano la solita divisa col grembiule nero, ma una tuta intera bianca, con tanto di mascherina. Una ‘messa in scena’ per vincere la paura che “sta dilagando in tutto il quartiere” che pero’ non e’ stata compresa da tutti. “Purtroppo il messaggio e’ stato interpretato male e ho ricevuto anche molte lamentele – ha raccontato il titolare -. Domani mi tocchera’ indire la giornata gratis al bar per i cinesi”. A Milano la fobia da Coronavirus si combatte anche a tavola: con un pranzo a base di ramen e costine. A prendervi parte, in un ristorante della Chinatown lombarda, la Confcommercio e l’assessora alle attivita’ produttive del Comune Cristina Tajani. L’invito del Comune e’ quello di “non lasciarsi prendere da preoccupazioni immotivate e irrazionali che penalizzano il tessuto economico”. E verra’ ribadito anche dal sindaco Giuseppe Sala che sabato prossimo fara’ colazione in via Sarti. Da parte sua, Francesco Wu, consigliere di Confcommercio e referente per l’imprenditoria straniera, a tavola ha raccontato diversi episodi di discriminazione: da una sua amica cui sarebbe stato negato di salire su un taxi a bambini scherniti. Tornando nel centro Italia, hanno dato rapidamente esito negativo i controlli su due passeggeri asiatici (che indossavano delle mascherine) su un autobus che collega Roma a Perugia. Gli accertamenti erano scattati dopo che una donna a bordo si era allarmata per la loro presenza. Poi l’assessore alla Sanita’ regionale ha bollato il tutto come “un caso di allarmismo”. Molto reale e’ invece l’impatto del Coronavirus sull’economia. Solo a Firenze e provincia, stando alle stime di Federalberghi, e’ prevista una flessione negli alberghi “tra 200mila e 400mila presenze da ora a maggio”.

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Ticket Venezia: 80mila prenotati oggi, uno su 10 non paga

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Nel primo giorno di sperimentazione del ticket d’ingresso a Venezia sono oltre 80mila le persone che hanno registrato la loro presenza in città oggi, 25 aprile. Solo 7mila però, uno su dieci, secondo i dati aggiornati a ieri pomeriggio’, hanno pagato il voucher di 5 euro per accedere al centro storico. Tutti gli altri accessi sono di persone esenti alla tassa (cittadini veneti, i lavoratori, gli studenti e altre categorie), tenuti a registrarsi sulla piattaforma on line ma non a pagare. Tra questi, 30.300 sono gli ospiti delle strutture ricettive, 9.450 sono i veneti, potenziali vacanzieri ‘di giornata’.

 

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Choc a Nola: marito violento, giovane ‘liberata’ dai carabinieri grazie all’intervento della suocera

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Dopo anni di soprusi e maltrattamenti, la storia di terrore vissuta da una giovane donna di Nola ha finalmente trovato un epilogo in tribunale. Un giovane di 21 anni, con un passato turbolento segnato da dipendenza da droga e violenze, è stato arrestato e accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Le aggressioni brutali, compresa una tentata strangolazione e attacchi pericolosi anche ai passanti nel centro antico di Nola, finiranno con il suo arresto.

La Procura di Nola, con l’ausilio dei carabinieri, ha condotto un’indagine lampo che ha portato alla luce gli abusi subiti dalla donna per anni. La vittima, che aveva sopportato in silenzio gli attacchi del compagno, ha trovato la forza di parlare solo dopo l’intervento della madre dell’aggressore, che l’ha convinta a cercare aiuto e cure mediche.

Durante l’ultima aggressione, la donna ha subito gravi danni all’orecchio e all’occhio, oltre a numerose altre ferite. In ospedale, il personale ha allertato le autorità, innescando una serie di eventi che hanno portato all’arresto del giovane. Nonostante il profondo legame affettivo che la legava al suo aguzzino, il quale chiudeva la porta di casa a chiave per impedirle di scappare, la donna ha finalmente deciso di rompere il silenzio.

Il Gip del Tribunale di Nola, Teresa Valentino, ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dalla Procura, segnando un decisivo punto di svolta nel caso. La giovane donna ha espresso il desiderio di vedere giustizia fatta: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto», ha dichiarato, evidenziando il lungo calvario e la paura che ha vissuto, temendo anche per la sicurezza della sua famiglia.

Questa vicenda sottolinea la tragica realtà della violenza domestica e l’importanza di supportare le vittime nel trovare la forza di parlare e denunciare i loro aggressori. L’arresto del giovane non solo mette fine a un ciclo di violenza, ma serve anche come monito sulle conseguenze legali che attendono coloro che sceglieranno di perpetrare tali crimini.

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Tony Colombo e Tina Rispoli restano in carcere, confermate in Cassazione le accuse di camorra

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La Corte di Cassazione ha recentemente respinto le richieste di scarcerazione per il cantante neomelodico Tony Colombo e sua moglie Tina Rispoli, implicati in un’inchiesta del pool antimafia. La coppia è accusata di avere legami con il clan Di Lauro, operante nella zona di Scampia-Secondigliano.

Le indagini, condotte dai pm Maurizio De Marco e Lucio Giugliano, puntano a dimostrare come Colombo e Rispoli, nonostante non appartengano direttamente a una famiglia mafiosa, siano profondamente inseriti nelle dinamiche criminali del clan. I giudici della quinta sezione della Suprema Corte hanno sottolineato la “totale condivisione di intenti” tra i coniugi e la loro “estrema pericolosità”, evidenziata dal loro “perdurante e costante inserimento nei contesti illeciti”.

L’accusa si concentra anche sulla gestione di un capannone industriale associato a Vincenzo Di Lauro, con arresti confermati anche per lui dalla Cassazione, e sulla condivisione di un marchio commerciale legato alla moda e all’abbigliamento. Le prove raccolte includono intercettazioni telefoniche e ricostruzioni finanziarie effettuate dalle forze dell’ordine.

Il deputato Francesco Emilio Borrelli di Alleanza Verdi Sinistra ha commentato il caso, sottolineando come lui e il suo partito abbiano per anni lottato contro il sistema di Colombo e Rispoli, denunciando i loro legami con la camorra che, a suo dire, molti hanno preferito ignorare.

Questa vicenda mette ancora una volta in luce le intricate connessioni tra il mondo dello spettacolo e le organizzazioni criminali in alcune aree di Napoli, rivelando come figure pubbliche possano a volte essere coinvolte in attività illecite che sfruttano la loro visibilità per operazioni economiche dubbie. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo nel tentativo delle autorità di combattere il crimine organizzato, dimostrando che nessuno è al di sopra della legge, anche quando si tratta di figure note al grande pubblico.

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