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Cronache

Crollo in Borsa per Atlantia dopo gli arresti dell’inchiesta bis sulla carneficina del Ponte Morandi

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Sicurezza degli automobilisti in secondo piano per il massimo profitto. E per farlo bisognava modificare, cancellare, nascondere i veri dati dei controlli sui viadotti gestiti da Autostrade. L’inchiesta bis sui report “ammorbiditi” sulle infrastrutture, nata come costola di quella sul crollo del ponte Morandi il 14 agosto, ha portato a tre arresti domiciliari e sei misure interdittive. Perche’ anche dopo la morte di 43 persone si sarebbe continuato in Spea, la societa’ che si occupa di controlli, e Aspi a modificare le carte. Il blitz del primo gruppo della guardia di finanza di Genova, coordinato dal pubblico ministero Walter Cotugno, ha provocato il tonfo di Atlantia in Borsa. Il titolo, che e’ stato anche sospeso per eccesso di ribasso, ha chiuso con una perdita dell’8% a 22,18 euro. Ai domiciliari sono finiti Massimiliano Giacobbi (Spea), Gianni Marrone (Aspi, direzione VIII tronco) e Lucio Torricelli Ferretti (Spea). Interdetti per 12 mesi: Maurizio Ceneri (Spea), Andrea Indovino (Spea), Luigi Vastola (Aspi), Gaetano Di Mundo (Spea), Francesco D’Antona (Utsa Bari) e Angelo Salcuni (consulente esterno). I viadotti finiti nel mirino sono il Pecetti in A26, in Liguria, e il Paolillo, in A16, in Puglia. L’inchiesta bis pero’ vede indagati anche l’ex responsabile nazionale delle manutenzioni di Aspi, Michele Donferri Mitelli e l’ad di Spea Antonino Galata’, e riguarda anche il viadotto Moro, vicino a Pescara, il Sei Luci e il Gargassa in Liguria e il Sarno sull’A30. Aspi afferma che i viadotti sono sicuri, ma Atlantia, la societa’ madre, “ha deliberato l’avvio immediato di un audit sui fatti, da affidarsi a primaria societa’ internazionale, per verificare la corretta applicazione delle procedure aziendali da parte di societa’ e persone coinvolte”. Le condotte degli indagati sono “gravemente minatorie della sicurezza degli utenti della strada”, scrive il gip Angela Nutini nella sua ordinanza. “Alcuni hanno dimostrato un’assoluta spregiudicatezza a compiere attivita’ per contrastare le indagini”, come cancellare i file o, ancora, usare un disturbatore di frequenza per non farsi intercettare o istruire ad arte i testimoni convocati dagli investigatori. In una conversazione del 20 novembre 2018 Andrea Indovino, dell’ufficio controlli strutturali di Spea, e’ con Giacobbi, e parlando dello stato del ponte Paolillo osserva: “Ma se esce il problema, poi diventa non piu’ colposo, ma doloso. E a quel punto li’…”. Gli indagati ricevono pressioni dal direttore di tronco Marrone e cosi’ dalla relazione da inviare al Mit sparisce la discrepanza tra il progetto originario e quanto effettivamente realizzato. Come anche per il Pecetti emerge che pur di fare passare un carico straordinario, e non incorrere in penali, si altera la relazione sulla sicurezza dopo la rottura di un cavo della struttura. Per spiegare il motivo bastano le intercettazioni di Donferri. “Devo spendere il meno possibile – dice – sono entrati i tedeschi, i cinesi… devo ridurre al massimo i costi e devo essere intelligente de porta’ alla fine della concessione…”. L’inchiesta sui falsi report e’ un vaso di Pandora. Tanto che si scopre un passaggio inquietante sul processo per il bus di Avellino precipitato da un viadotto nel 2013 causando decine di morti. Paolo Berti, all’epoca del crollo del ponte Morandi direttore Operazioni centrali di Aspi, ha mentito. In una intercettazione con Donferri manifesta il disappunto per essere stato condannato (5 anni e 10 mesi) lamentandosi che avrebbe potuto dire la verita’ e mettere nei guai altri. L’altro risponde “Tu hai ragione ma non e’ che se metti in galera anche un altro a te cambiava qualcosa. Fregatene! Aspettali al varco e pensa soltanto a stringere un accordo col capo”. A qualcuno viene uno scrupolo. E’ l’indagato Andrea Indovino, dell’ufficio controlli strutturali di Spea, che si sfoga con una collega: “Non e’ possibile una superficialita’ cosi’ spinta dopo il 14 agosto vuol dire che la gente coinvolta non ha capito veramente un c…”.

“Nemmeno il rispetto di 43 morti ha fermato la sete di profitto di questi approfittatori sociali. La giustizia fara’ il suo corso, ma la politica ha la responsabilita’ di garantire ai cittadini che episodi simili non accadano mai piu’. Chi ha causato la morte di 43 persone non puo’ continuare a gestire le nostre strade! Il nostro imperativo e’ proseguire sul percorso tracciato dall’ex ministro Toninelli, ossia quello della revoca delle concessioni ai Benetton. Altra strada non c’e'”. Si legge in un post sul blog delle Stelle e firmato dal viceministro alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri.

Giornata molto pesante in Piazza Affari per Atlantia: il titolo, sotto pressione dall’avvio e anche ‘congelato’ in corso di seduta in asta di volatilita’, ha perso l’8% finale a 22,18 euro. Le vendite seguono la notizia delle nove misure cautelari eseguite dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta bis riguardante i report ‘ammorbiditi’ sulle condizioni dei viadotti gestiti dalla controllata Autostrade.

 

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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