Collegati con noi

Economia

Crisi finanziaria globale peggiore del 2008, ecco perchè Federale Reserve e Bce non bastano

Pubblicato

del

Lo spettro di una crisi finanziaria anche peggiore del 2008, in grado di innescare non una recessione ma una depressione globale. Perche’ questa volta le banche centrali hanno le armi spuntate, o quasi, avendo dato tanto durante quel disastro finanziario. E perche’ molte delle Borse che stanno andando a picco, da Wall Street a Francoforte, provengono da mesi di massimi record spesso ‘pompati’: un castello di carte che per crollare non aspettava altro che l’innesco, arrivato dal coronavirus in un 2020 che gia’ da solo si presentava pieno di pericoli economici. Sta tutta qui la spiegazione del perche’ neanche la riunione d’emergenza di ieri sera della Fed – taglio dei tassi di ben un punto al livello zero, quantitative easing da 700 miliardi in piu’, maxi-liquidita’ – sta impedendo l’ennesimo tracollo sui mercati. A testimonianza che il crollo delle Borse seguito alla riunione della Bce giovedi’, al netto degli errori di comunicazione della presidente Christine Lagarde, e’ piu’ il frutto dell’impotenza di fatto delle banche centrali che di un’inazione europea: basta guardare al bilancio delle due banche centrali, quello della Bce e’ il doppio, in percentuale del Pil, rispetto alla Fed. A richiamare alla mente quanto avvenuto oltre 10 anni fa sono ora le ‘swap lines’ della Fed, che forniscono liquidita’ in dollari a termini ancor piu’ favorevoli di allora anche fuori dagli Usa – in accordo con le banche centrali di Eurozona, Gran Bretagna, Giappone, Svizzera. Significa che c’e’ un ‘cash crunch’, un’insufficienza di liquidita’ in dollari, di dimensioni globali: lo shock economico causato dal coronavirus, il colpo micidiale al commercio globale, ai viaggi, all’attivita’ economica, sta mettendo in ginocchio le imprese.

Che si trovano costrette a liquidare posizioni, facendo incetta di liquidita’ in dollari – a tutt’oggi principale valuta di riserva globale – per far fronte a scadenze, pagamenti, o semplicemente per stare a galla. Vendere tutto: in Borsa, e contemporaneamente anche sui treasuries che invece dovrebbero essere il porto sicuro, pur di avere cash. Lo shock al commercio e’ tale che le lettere di credito che le banche tipicamente concedono alle aziende che fanno interscambio, denominate all’80% in dollari, rischiano di diventare un grosso buco nero. Ecco, dunque, muoversi la Fed di concerto con le ‘sorelle’ globali. Eppure anche oggi le perdite in Borsa girano sul 10% in Europa e Wall Street apre a circa -7%. L’incognita su quanto durera’ il coronavirus, l’ondata recessiva, fanno supporre che molte societa’ potrebbero essere spazzate via. E dunque la Fed, o la Bce, stanno facendo un tentativo disperato fatto di liquidita’ e prestiti iniettati a forza nell’economia reale. Che pero’, come il famoso cavallo che non beve, avrebbe prima bisogno di una spinta alla domanda aggregata. Il debito globale, pubblico e privato, e’ stellare, come da anni avverte la Banca dei regolamenti internazionali: un fattore che ostacola l’utilizzo dello stimolo di bilancio, unica alternativa possibile. Armi spuntate, dunque. Peggio del 2008. Perche’ se e’ vero che Piazza Affari non ha visto granche’ della ripresa, Wall STreet o Francoforte vengono da mesi di record. Frutto di una ripresa durata un decennio il cui ciclo si e’ definitivamente spezzato. Ma anche di aiuti fiscali e artifici finanziari – guardare alla voce ‘buyback’ di molte grosse aziende statunitensi – che hanno tenuto in vita finche’ possibile il ‘miracolo Trump’. Ma, soprattutto, allora le munizioni delle banche centrali erano piu’ ampie. Oggi, poi, il commercio e’ molto piu’ di allora finanziato anche dal settore non bancario, che a questa ondata (insufficiente) di liquidita’ destinata alle banche non accede. E ruota spesso attorno alla Cina, che non ha ‘swap lines’ con la Fed: in un’economia mondiale piu’ isolazionista, nulla vieta alla People’s Bank of China, una volta che avra’ esaurito la liquidita’ in dollari, di liquidare un po’ alla volta il suo enorme portafoglio di treasuries americani. Di fatto sterilizzando, in parte, i 700 miliardi di Qe americano.

Advertisement

Economia

Azionisti Stellantis approvano lo stipendio dei manager: a Tavares 23,5 milioni di euro

Pubblicato

del

Gli azionisti di Stellantis hanno approvato con il 70,2% dei voti lo stipendio del management, tra cui quello del Ceo Carlos Tavares. I voti contrari sono stati quindi pari a quasi il 30%.

Nel 2023 l’amministratore delegato di Stellantis ha guadagnato 13,5 milioni di euro, 1,4 milioni in meno dell’anno precedente, ma ha ricevuto anche un bonus di 10 milioni di euro. Si tratta di incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi del gruppo e alla trasformazione di Stellantis in un’azienda di mobilità tecnologica sostenibile. Complessivamente quindi la remunerazione del manager è di 23,5 milioni di euro a fronte dei 14,9 del 2022, con un incremento che supera il 55%. Elkann ha ricevuto, invece, 4,8 milioni, uno in meno del 2022: una paga base di 924.404, fringe benefit del valore di 684.230 euro e 3,2 milioni di incentivi variabili.

Continua a leggere

Economia

L’Alfa Romeo cambia nome alla Milano, si chiamerà Junior

Pubblicato

del

La nuova Alfa Romeo Milano dopo la polemica con il governo cambia nome: la prima compatta sportiva del Biscione si chiamerà Junior. “Pur ritenendo che il nome Milano rispetti tutte le prescrizioni di legge, e in considerazione del fatto che ci sono temi di stretta attualità più rilevanti del nome di una nuova auto, Alfa Romeo decide di cambiare il nome da Milano a Junior, nell’ottica di promuovere un clima di serenità e distensione”, ha spiegato Jean-Philippe Imparato, amministratore delegato del brand, che ha confermato la produzione a Cassino della nuova Stelvio nel 2025 e della nuova Giulia nel 2026, mentre nulla è stato ancora deciso sui modelli del 2027. “La cautela è importante, faremo il nostro piano industriale sulla base di considerazioni che riguardano competitività e clienti. Questo vale per tutte le vetture che faremo in Italia”, ha sottolineato.

Soddisfatto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che nei giorni scorsi aveva definito “illegale” la scelta del brand Stellantis di produrre in Polonia il nuovo modello Alfa Romeo con il nome Milano “perché viola la legge sull’Italian Sounding”. “Credo sia una buona notizia – ha commentato Urso – che giunge proprio nella giornata del made in Italy che esalta il lavoro, l’impresa, la tipicità e la peculiarità del prodotto italiano che tutti ci invidiano nel mondo. Una buona notizia, che penso possa esaltare il lavoro e l’impresa e consentirci di invertire la rotta, anche per quanto riguarda la produzione di auto nel nostro Paese”. Il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, parla di “una vittoria del governo Meloni che dal giorno del suo insediamento sta portando avanti una battaglia per la tutela e il rilancio del Made in Italy”.

Per Imparato, che non ha sentito il ministro, “il caso è chiuso”: “Non procediamo legalmente, abbiamo da lavorare. Il nome sarà cambiato su tutti i mercati dove l’auto sarà venduta. Per noi il senso non è fare polemica, ma fare business” ha spiegato il manager che ha incontrato anche i concessionari. “In una delle settimane più importanti per il futuro di Alfa Romeo – ha detto il ceo del brand del Biscione – un esponente del governo italiano dichiara che l’utilizzo del nome Milano, scelto dal marchio per chiamare la nuova compatta sportiva appena presentata, è vietato per legge. Il nome Milano, tra i favoriti del pubblico, era stato scelto per rendere tributo alla città dove tutto ebbe origine nel 1910. Non è la prima volta che Alfa Romeo chiede il parere del pubblico per scegliere il nome di una vettura. Successe già nel 1966 con la Spider 1600: in quel caso il nome scelto dal pubblico era stato Duetto”. Il nuovo nome junior è un omaggio al passato.

“Una scelta del tutto naturale, essendo fortemente legato alla storia del marchio ed essendo stato fin dall’inizio tra i nostri preferiti e tra i preferiti del pubblico. Era al secondo posto dopo Milano”, ha sottolineato Imparato. “Siamo perfettamente consapevoli – ha affermato il manager – che questo episodio rimarrà inciso nella storia del marchio. E’ una grande responsabilità ma al tempo stesso è un momento entusiasmante. Come team scegliamo ancora una volta di mettere la nostra passione a disposizione del marchio, di dare priorità al prodotto e ai clienti. Decidiamo di cambiare, pur sapendo di non essere obbligati a farlo, perché vogliamo preservare le emozioni positive che i nostri prodotti generano da sempre ed evitare qualsiasi tipo di polemica. L’attenzione riservata in questi giorni alla nostra nuova compatta sportiva è qualcosa di unico, con un numero di accessi al configuratore online senza precedenti, che ha provocato il crash del sito web per alcune ore”. Imparato ha concluso con una battuta: “è come avere lanciato due modelli in pochi giorni, prima la Milano e poi la Junior. Siamo davvero unici”.

Continua a leggere

Economia

Made in Italy, fatturato dei distretti industriali in crescita del 0,8 %

Pubblicato

del

Il fatturato delle imprese nei distretti industriali è stimato aver mostrato un lieve incremento nel 2023 (+0,8%), collocandosi abbondantemente sopra i livelli del 2019 (+20%). E’ quanto emerge dalla sedicesima edizione del rapporto annuale realizzato dalla direzione studi e ricerca di Intesa Sanpaolo. L’analisi, che ha preso in esame i bilanci di circa 20.800 imprese localizzate nei distretti industriali, è stata presentata a Milano dal presidente di Intesa Sanpaolo professor Gian Maria Gros-Pietro, dal capo economista della banca Gregorio De Felice e dalla responsabile della ricerca industry & local economies Stefania Trenti.

Le attese per il biennio in corso sono positive: è previsto un aumento del fatturato a prezzi correnti delle imprese distrettuali pari all’1,1% nel 2024 e del +2% nel 2025. È proseguito il processo di rafforzamento patrimoniale delle imprese distrettuali: il patrimonio netto in percentuale del passivo è salito sopra la soglia del 30% nei distretti, leggermente superiore ai valori osservati al di fuori dei distretti. Un’originale analisi di lungo periodo sui bilanci aziendali mostra come questa percentuale si sia raddoppiata in vent’anni (era di poco sotto il 16% nel triennio 1998-2000). In crescita, secondo l’analisi, gli investimenti per efficientare i processi produttivi e potenziare l’autoproduzione di energia.

Un quarto delle imprese distrettuali è riuscito a contenere l’aumento delle bollette al 4% nel quinquennio 2019-23. La doppia transizione green e digitale sarà il principale driver degli investimenti: le imprese con investimenti 4.0 ottengono vantaggi sia in termini di crescita sia di produttività. Nel 2023, secondo il rapporto sui distretti industriali di Intesa Sanpaolo, tutti i settori mostrano valori del fatturato maggiori rispetto a quelli del 2019. Spiccano, in particolare, i distretti specializzati nella meccanica e nell’agro-alimentare che anche nel 2023 hanno registrato una buona crescita del fatturato, grazie alle performance ottenute sui mercati internazionali (+7,9% e +4,5% rispettivamente la crescita dell’export).

L’export distrettuale è rimasto sostanzialmente stabile, confermando i livelli record toccati nel 2022 quando per la prima volta si era superata di slancio la quota dei 150 miliardi di euro esportati. I distretti hanno saputo superare la debolezza del mercato tedesco cogliendo le opportunità di crescita presenti in altri mercati, come ad esempio, la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti, il Messico, l’Arabia Saudita, la Cina. Si tratta di “un’ulteriore conferma della straordinaria capacità e velocità di adattamento delle imprese distrettuali che spiccano nel panorama italiano per propensione all’export e capacità di creare valore nel territorio”, si legge nel rapporto. Nel 2023, infatti, l’avanzo commerciale dei distretti è salito di altri 4,4 miliardi di euro (+4,8%), toccando la quota record di 94,3 miliardi di euro.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto