Sul piano giuridico Piazza Cavour ha confermato la misura della sospensione soprattutto con riguardo alla concretezza e all’attualità del pericolo di reiterazione dell’attività illecita.
Infatti, osserva preliminarmente il Collegio di legittimità, il divieto di esercitare la professione va rapportato proprio all’attività svolta dal consulente e alla natura dei reati contestati che sono stati ideati e attuati proprio in virtù della sua preparazione: quindi, non l’opera di un improvvisato quisque de populo, ma l’opera di un professionista che, attingendo al proprio bagaglio professionale, aveva consigliato al cliente gli escamotages per sfuggire ai rigori della legge. Corretta e incensurabile, quindi, deve ritenersi la decisione del tribunale di Bologna, fondata peraltro, anche sulla circostanza che l’uomo era stato accusato in passato anche per bancarotta. Ma non basta: per gli Ermellini è rilevante anche il comportamento tenuto dal commercialista che ben si guardò dall’effettuare la segnalazione prevista dalla normativa antiriclaggio, nella parte in cui ha paventato il pericolo che “possa adottare, in ogni futura occasione professionale che gli si presenterà, comportamenti illeciti e lesivi del corretto esercizio della professione”. Per la Cassazione è corretta anche la durata della misura, ben dodici mesi. Sul punto in fondo alla sentenza si legge infatti che le azioni dell’uomo, contrarie alle peculiarità della sua professione, giustificano un provvedimento così severo.
La vicenda prende le mosse a Bologna. Un commercialista aveva consigliato in diverse occasione dei clienti, fra cui una famiglia di pregiudicati, su come riciclare del denaro. Ma non basta. In passato l’uomo aveva incassato una condanna per bancarotta. Finito sotto inchiesta era stato sospeso per un anno. Il tribunale di Forlì aveva annullato il provvedimento mentre quello di Bologna, su appello della pubblica accusa, lo ha rispristinato. Quindi il ricorso della difesa alla Suprema corte. Nessuno dei motivi presentati ha fatto breccia presso i giudici del Palazzaccio. A nulla è valsa la tesi del legale secondo cui il professionista non avrebbe avuto alcun ruolo attivo nelle attività illecite dei clienti e men che meno in quella di autoriciclaggio.