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Coronavirus, inchiesta sui 200 morti al Trivulzio: accuse dai testi

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 I parenti di anziani morti o ancora nella struttura che parlano di 200 decessi da marzo “su 1.000 degenti” e di una situazione che resta “molto critica”. E le dichiarazioni di infermieri e operatori che raccontano della mancanza di mascherine per oltre un mese dopo lo scoppio dell’epidemia da Coronavirus, delle “minacce” contro chi voleva usarle. E di pazienti con sintomi che “non venivano isolati” e che pure qualche giorno fa sarebbero stati trasferiti “da un reparto all’altro, senza aver fatto nemmeno i tamponi”, mentre gli ospiti “continuano a morire”. E’ un’altra giornata di bufera sul Pio Albergo Trivulzio al centro della maxi inchiesta con piu’ filoni della Procura di Milano, che indaga sulla gestione dell’emergenza sanitaria nelle case di riposo milanesi, dove sono morti centinaia di anziani. E anche sull’operato di Regione Lombardia, per la delibera con cui l’8 marzo diede l’ok a trasferimenti di pazienti Covid nelle Rsa e per presunti ritardi nelle comunicazioni, e delle Agenzie di tutela della salute. Gli investigatori della Gdf hanno iniziato a raccogliere e selezionare segnalazioni, dichiarazioni, testimonianze, denunce di lavoratori del Trivulzio e parenti per poi sentire i testi a verbale, coordinati dal pool guidato dall’aggiunto Tiziana Siciliano. Intanto, Alessandro Azzoni, portavoce del Comitato Giustizia per le vittime del Trivulzio, parla di 200 morti ma anche di “circa 200” positivi tra gli anziani.

Fonti interne, tra l’altro, raccontano che alla ‘Baggina’ l’intero reparto di pneumologia sarebbe diventato Covid, perche’ i 24 pazienti sono risultati tutti positivi (l’istituto ha iniziato a fare i tamponi da pochi giorni). “Il personale e’ fortemente sotto organico – ha spiegato ancora Azzoni – su 1.100 operatori sanitari quasi 300 sono a casa in malattia. Bisogna intervenire subito per salvare le vite dei nostri genitori e nonni. C’e’ un silenzio assordante da parte delle Istituzioni – ha aggiunto – a partire dalla Regione, responsabile della gestione sanitaria”. I parenti descrivono situazioni simili a quelle raccontate da alcuni operatori sulle carenze nei protocolli di sicurezza che avrebbero favorito il contagio, cosi’ come l’arrivo di pazienti dagli ospedali (in un reparto degenti gia’ da gennaio ci sarebbero state polmoniti sospette). Anche se dentro il Trivulzio volano pure accuse incrociate tra chi difende e chi se la prende coi vertici (il dg Giuseppe Calicchio e’ indagato per epidemia e omicidio colposi). Un’infermiera che lavora al Frisia di Merate (Lecco), istituto che fa capo al Trivulzio, ha messo a verbale che mancavano i “presidi sanitari” di sicurezza, che i pazienti con sintomi “non venivano isolati” in modo corretto e che i parenti continuavano ad entrare anche dopo lo scoppio dell’epidemia. Oggi proprio al Frisia, come in altre Rsa lombarde, c’e’ stata un’ispezione del Nas dei carabinieri. “Stanno continuando a trasferire i pazienti da un reparto all’altro – ha raccontato un’operatrice che da 31 anni lavora al Pat – lo fanno la sera di nascosto”. La prima mascherina, ha aggiunto, “nel mio reparto si e’ vista il 22 marzo, il 12 marzo chiesi di averne una, ma a me come ad altre colleghe, che le avevano portate da casa, venne intimato dalla caposala di non usarle”. E di “velate minacce” hanno parlato anche Cgil e Cisl in una lettera di diffida ai vertici dell’istituto. I reparti ora, ha spiegato un’altra operatrice, “sono anche scoperti di personale, perche’ piu’ di 200 dipendenti sono a casa in malattia o in quarantena e due colleghi sono in terapia intensiva”. Intanto, la cooperativa Ampast ha inviato una contestazione disciplinare con sospensione ai lavoratori che, difesi dal legale Romolo Reboa, hanno denunciato il Don Gnocchi, altro istituto al centro delle indagini. La fondazione precisa “di aver legittimamente esercitato il proprio diritto contrattuale di ‘non gradimento’ nei confronti della cooperativa Ampast” perche’ quei lavoratori “a mezzo stampa e televisione, avevano espresso giudizi gravi e calunniosi”.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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