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Conte in bilico e Renzi avverte: se cade, si fa un altro governo

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Lo scontro è violento tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. E, alla vigilia dei primi voti in Aula, a partire dal decreto intercettazioni al Senato, l’ex premier torna all’attacco puntando il mirino direttamente sull’attuale inquilino di palazzo Chigi e provando a compattare sulla sua linea tutti i suoi parlamentari. “Se cade il Conte Bis, ci sara’ un nuovo Governo. Non le elezioni”, è il chiaro messaggio che Renzi invia alla maggioranza. Messaggio che per ora ha come replica solo un gelido silenzio. Mentre a palazzo Chigi ci si confronta sulle modifiche ai decreti Sicurezza concertando, al momento, solo il metodo di lavoro ma non una vera e propria intesa. Il capo del governo, assicurano i suoi collaboratori, in queste ore e’ “tranquillo e impegnato sull’agenda 2023”. Nessun timore, insomma, anche rispetto ai voti che, nelle prossime ore, ci saranno alla Camera – sul Milleproroghe – e soprattutto al Senato. Certo, per evitare spiacevoli colpi di scena il governo si tutela: sul decreto previsto in Aula a Palazzo Madama e’ probabile che si ponga la fiducia. E, osservano fonti di maggioranza, in quel caso sara’ interessante vedere non solo chi votera’ la fiducia ma anche chi, tra le forze di opposizione, sara’ assente.

Anche perche’, al di la’ delle smentite, l’operazione “responsabili” resta in piedi, con tutto lo strascico di veleni e polemiche. E’ un operazione con cui la maggioranza potrebbe costruire una sorta di “cordone sanitario” in caso di blitz di Iv. Ma e’ una strategia che presenta diversi incognite e che non sembra convincere tutti. Resta poi da verificare l’atteggiamento dei renziani: descritti come costruttivi e collaborativi ai tavoli del governo su salute, scuola e perfino immigrazione e allo stesso tempo agguerritissimi nelle parole del loro leader e in quelle di Teresa Bellanova. “Sulla prescrizione non cediamo di un millimetro”, assicura la capodelegazione confermando che sulla pdl Costa ci sara’ una convergenza con le opposizioni. E attaccando frontalmente il Pd: “Si sta consegnando al populismo del M5S”. E Renzi incalza sottolineando come diversi suoi senatori siano stati “avvicinati” con la richiesta di sganciarsi da Iv con risultati fallimentari. “Per un Conte ter non hanno i numeri e se stanno accorgendo in queste ore”. Parole che innescano l’ennesimo scontro interno alla maggioranza, con il M5S che puntano il mirino sul viaggio dell’ex premier tra le montagne pakistane.

“C’e’ chi come noi lavora per gli italiani, e poi c’e’ chi preferisce farsi una vacanza e sciare con l’alta finanza in Pakistan…”, attacca Stefano Buffagni. “Posso fare due giorni sugli sci o devo chiedere il permesso al Tribunale dell’antirenzismo?”, replica il leader di Iv. Ai tavoli di Palazzo Chigi, pero’, il clima e’ piu’ sereno, anche se il nodo delle modifiche ai decreti Salvini non viene sciolto. Alla riunione il M5S presenta tutte le sue anime: quella piu’ dura, rappresentata da Vito Crimi e Manlio Di Stefano e quella piu’ dialogante con il Pd, impersonata da Giuseppe Brescia. “Nessuna tensione”, assicurano i partecipanti ma l’accordo emerge su pochi punti. Innanzitutto sul fatto che i decreti Salvini non saranno cancellati tout court (“non avrebbe senso, ci sono norme sulla polizia che vanno mantenute”, spiega Brescia) e sul rafforzamento, rispetto all’interventi dei decreti sicurezza, del sistema dello Sprar. Piu’ lontane lo posizioni su come definire la protezione umanitaria per i migranti che, nel M5S, si vorrebbe circoscritta solo a casi specifici. E, sullo sfondo, resta il nodo nomine. I voti del Parlamento sui componenti di Agcom e Privacy sono attesi per mercoledi’ ma, molto probabilmente, slitteranno. Anche perche’ sulle presidenze delle due Autority, complici le frizioni con Iv, l’accordo sembra latitare. Con un’appendice: sul presidenze di Agcom serve il si’ dei 2/3 delle commissione parlamentari Lavori Pubblici. Insomma, come spiega a sera una fonte di governo, “siamo alla quiete prima della tempesta”.

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Cronache

Maxi incidente fra autotreni sulla A1, traffico bloccato, code fino a 18 km

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Uno scontro fra autotreni ha diviso l’Italia a metà per ore, con file di auto fino a venti chilometri. L’incidente sulla A1 Milano-Napoli, nel tratto compreso tra San Vittore e Caianello verso Napoli, all’altezza del km 691: quattro i mezzi pesanti coinvolti. Sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco, i soccorsi sanitari e meccanici, le pattuglie della Polizia Stradale ed il personale della Direzione 6° Tronco di Cassino di Autostrade per l’Italia. Agli utenti in viaggio verso Napoli, è stato consigliato di uscire a Cassino e rientrare a Caianello dopo aver percorso la viabilità ordinaria: adesso l’incidente è stato risolto ma per chi sta tornando verso Napoli ci sono ancora più di 10 km di coda.

 

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Economia

Allarme Upb sul Superbonus, Parlamento studia deroghe

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La “generosità” dell’agevolazione, le ripetute proroghe, un sistema di controlli che ha favorito la “diffusione di comportamenti opportunistici e fraudolenti”, la concessione di deroghe. Nasce anche da qui il ‘vulnus’ con cui il Superbonus si è trasformato in una zavorra per i conti pubblici, lasciando “una pesante eredità sul futuro”. L’Ufficio parlamentare di Bilancio lancia l’allarme e invita a far tesoro di questa esperienza per ridisegnare le future agevolazioni. Il Parlamento intanto prepara nuove modifiche all’ultima stretta impressa dal governo, comprese nuove deroghe per altre aree colpite dal terremoto o il coinvolgimento dei Comuni nei controlli. E sul Superbonus si accende un faro anche oltreoceano, con il Fondo Monetario Internazionale che sprona l’Italia a ridurre il debito. La crescita, stimata allo 0,7% nel 2024 e 2025, è destinata a ridursi al lumicino nel 2026 (rivista al ribasso allo 0,2%) con il Superbonus e il Pnrr in via di esaurimento, avverte il Fondo.

Ma intervenire si può, ed è dal debito che bisogna partire: per ridurlo, bisogna partire dagli sgravi fiscali, “molti dei quali inefficienti” come il superbonus, suggerisce il Fmi, ed eliminare quelle “scappatoie” dal fisco e “numerosi programmi di sostegno anti-inflazione”. Il Superbonus, insieme al bonus facciate e, in misura minore, gli incentivi alle imprese Transizione 4.0 “hanno inciso marcatamente sui conti pubblici degli ultimi anni”, evidenzia l’Autorità dei conti pubblici in una memoria alla commissione Finanze del Senato che sta esaminando l’ultimo decreto sull’agevolazione. Superbonus e bonus facciate, in particolare, hanno avuto un impatto “rilevante e crescente” nel tempo: l’asticella del periodo 2020-23, secondo gli ultimi dati, è salita a circa 170 miliardi. Con un gap tra i risultati e le attese “macroscopica” nel caso del Superbonus, e che “non ha precedenti”, osserva l’Upb, che indica vari elementi che hanno contribuito a far lievitare la spesa: la generosità dello sconto e le modalità di fruizione, l’ampliamento degli obiettivi, proroghe e deroghe.

A farne le spese è il debito. Quanto rilevato in termini di competenza economica nel quadriennio 2020-23 inciderà soprattutto sul 2024-26, evidenzia l’Upb, che quantifica questa “pesante eredità”: un impatto in media annua pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2021-23, che salirà a circa l’1,8% in quello successivo. Un’esperienza, quella del Superbonus, da cui “occorre trarre insegnamento per il disegno di future agevolazioni”, osserva l’Upb, che indica la rotta: selettività e stop agli automatismi. In prospettiva, dunque, la soluzione suggerita è “un trasferimento monetario” (un contributo diretto alla spesa), modulato in base alle condizioni economiche delle famiglie e alla classe energetica dell’edificio, sottoposto ad autorizzazioni preventive e soggetto a un limite di spesa, o con prestiti agevolati. E in vista delle prossime misure di sostegno per le case green, a mettere in guardia è anche la Banca d’Italia: le “criticità” emerse con il Superbonus sembrano “sconsigliare la riproposizione in futuro della cedibilità dei crediti”, se non in “forma limitata” e “circoscritta ad alcune categorie”.

Dopo l’ultima stretta sul Superbonus intanto, si studiano nuove deroghe. A proporle, per altre aree colpite dal sisma diverse da quelle per cui già si è fatta eccezione (a partire dall’Emilia Romagna) o dalle alluvioni e per il Terzo settore, sono sia la maggioranza che l’opposizione con diversi emendamenti al decreto Superbonus. Il termine per presentare le proposte di modifica è mercoledì 24 aprile, ma sul tavolo del relatore, Giorgio Salvitti, gli emendamenti cominciano ad arrivare. Si studia anche la possibilità di coinvolgere, su base volontaria, i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus, garantendo loro un ritorno economico pari al 30% dell’eventuale recupero. Nulla sarebbe invece ancora arrivato sulla possibilità di allungare da 4 a 10 anni i tempi di utilizzo dei crediti del Superbonus. Ipotesi su cui però si è già detto favorevole il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. E che, secondo i calcoli dell’Upb, consentirebbe al debito di restare abbondantemente sotto quota 140%.

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Esteri

La Nato verso nuovi Patriot e Samp-T all’Ucraina

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Da Capri a Bruxelles a Washington, l’Occidente imbocca la strada per concretizzare gli aiuti militari – compresa la difesa aerea – essenziali per Kiev in difficoltà nella guerra. Durante il Consiglio Nato-Ucraina con Volodymyr Zelensky, il segretario generale Jens Stoltenberg ha assicurato che “presto” ci saranno nuovi annunci sui sistemi di difesa per il Paese invaso. “L’Alleanza ha mappato le capacità degli alleati, ci sono sistemi che possono essere dati all’Ucraina”, ha riferito Stoltenberg al termine dell’incontro. “In aggiunta ai Patriot ci sono altri strumenti che possono essere forniti, come i Samp-T”, quelli a produzione franco-italiana. Un annuncio che arriva mentre prendono corpo i “segnali incoraggianti” evocati dal segretario di Stato Usa Antony Blinken: dopo mesi di stallo, la Camera americana ha spianato la strada ai quattro provvedimenti per gli aiuti a Ucraina, Israele e Taiwan, mettendo in agenda il voto per domani.

E il Pentagono si sta preparando ad approvare rapidamente un nuovo pacchetto di aiuti militari che include artiglieria e difese aeree: secondo una fonte americana, parte del materiale potrebbe raggiungere il Paese nel giro di pochi giorni. In generale, per Kiev in ballo ci sono gli oltre 60 miliardi di dollari di forniture per le forze armate che – ha ricordato Blinken – “faranno una differenza enorme”. “Se i nuovi aiuti non verranno approvati c’è il rischio che sia troppo tardi”, ha ammonito il ministro degli Esteri Usa, mentre Zelensky ha ribadito l’allarme: i soldati “non possono più attendere” la burocrazia occidentale, la Nato deve dimostrare “se siamo davvero alleati”. La situazione sul terreno “è al limite”, ha aggiunto il leader ucraino al segretario della Nato Da parte dell’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha “confermato quello che ha detto il presidente del Consiglio” sul fatto che il nostro Paese “farà il possibile per la protezione aerea dell’Ucraina”, mentre Kiev vuole dagli alleati ogni sistema disponibile, dai moderni Patriot – “almeno altre sette sistemi” – ai Samp-T italo-francesi. Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha partecipato al Consiglio Nato-Ucraina, nel quale si è convenuto sulla necessità di uno sforzo ulteriore per sostenere Kiev. L’Italia ragiona sugli ulteriori aiuti militari da fornire quanto prima all’Ucraina e sul tavolo – si apprende – c’è la possibilità di un nuovo decreto per l’invio degli armamenti.

Anche se Crosetto ha più volte sottolineato che quasi tutto ciò che si poteva dare è stato dato. Già a Capri, dove ha partecipato al G7 Esteri, Stoltenberg aveva confermato la volontà degli alleati di accelerare sulla difesa aerea ucraina. E nel loro documento finale, i Sette ministri hanno espresso la “determinazione a rafforzare le capacità di difesa aerea” del Paese invaso, confermando l’impegno a lavorare per esaudire le richieste di Kiev, ribadite anche dal capo della diplomazia ucraina Dmytro Kuleba, tra gli ospiti del summit in Italia. Il sostegno del G7 è pronto a tradursi anche in ulteriori sanzioni contro Teheran “se dovesse procedere con la fornitura di missili balistici o tecnologie correlate alla Russia”.

Il Gruppo ha poi puntato il dito contro la Cina, chiedendo nel suo documento finale di “interrompere” il sostegno alla macchina bellica di Mosca. Infine, i Sette hanno ribadito l’impegno ad attuare e far rispettare le sanzioni contro i russi, minacciando di “adottare nuove misure, se necessario”. In vista del vertice dei leader in programma a giugno in Puglia, il G7 lavora inoltre alle “possibili opzioni praticabili” per usare i beni russi congelati a sostegno dell’Ucraina, “in linea con i rispettivi sistemi giuridici e il diritto internazionale”. Finora l’Ue ha trovato le basi legali solo per l’uso degli extraprofitti, ma bisogna ancora capire se si può fare un passo in più mettendo le mani direttamente sugli asset.

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