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Conte difende la sua Inter e rilancia: la squadra sta bene, su Eriksen troppa ansia

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L’Inter riparte con l’Europa. Lo fa con una squadra rimaneggiata dal turnover e dalle assenze con la concreta possibilita’ di vedere Christian Eriksen dal 1′, diciassette giorni dopo la prima e unica volta. ”Sara’ titolare? Lo decidero’ domani dopo la rifinitura – resta vago Antonio Conte -. Vedo troppa ansia. Da parte nostra c’e’ grande serenita’, il giocatore vuole mettersi a disposizione: siamo sereni. Se sto studiando qualcosa per lui? Al massimo sto ristudiando l’inglese”. Tra qualche battuta e un po’ di pretattica, Conte cerca di minimizzare il problema della gestione del danese. L’Inter deve ritrovare la normalita’ e non c’e’ miglior medicina che la vittoria nei sedicesimi di Europa League contro il Ludogorets. Cosi’ si volta pagina dopo il ko nello scontro scudetto dell’Olimpico e l’Inter puo’ ritrovare lo slancio nella corsa al titolo.

”La squadra sta bene, affrontera’ la partita nella giusta maniera. Non c’e’ motivo per cui la squadra debba stare male. Quella contro la Lazio e’ una sconfitta che brucia – ammette l’allenatore nerazzurro – ma per il risultato finale e non per la prestazione che e’ stata buonissima contro una Lazio che e’ una delle squadre piu’ in forma del campionato. Si riparte con le nostre convinzioni, la voglia di fare e di lavorare”. In Bulgaria giochera’ un’Inter nuova, stravolta dai riposi forzati e dagli infortuni. Indisponibili Bastoni, Sensi, Gagliardini, Esposito, Handanovic e Brozovic. Assente anche Skriniar. ”Brozovic e’ rimasto a Milano perche’ continua ad accusare problemi alla caviglia. In questi due giorni non si e’ allenato – spiega Conte – e ha un programma specifico per tornare al 100%. Non c’e’ neppure Skriniar, non avrebbe comunque giocato e deve recuperare dei lavori che non ha fatto a causa dell’influenza”. L’allenatore assicura che ci saranno delle rotazioni, perche’ ”e’ inevitabile quando si gioca tanto in pochi giorni”. In porta ci sara’ Padelli, in difesa probabilmente Godin, Ranocchia – al fianco di Conte in conferenza – e D’Ambrosio. In attacco tornera’ probabilmente Sanchez, al fianco di Lautaro Martinez. Gli undici che scenderanno in campo sono chiamati a ”far bella figura perche’ vogliamo onorare la competizione”.

La mente pero’ e’ gia’ concentrata al campionato e lo dimostrano anche le scelte di formazione. I meno utilizzati hanno la chance di mettersi in mostra, come ricorda anche Ranocchia: ”Quando un giocatore fa parte dell’Inter, indossa questi colori e questo stemma, deve sempre avere ambizioni alte. L’altra faccia della medaglia e’ che dobbiamo migliorare tutti in campo e fuori. E’ una competizione importante, dobbiamo arrivare il piu’ lontano possibile. Intanto domani non sara’ facile. Se in campo c’e’ Padelli non cambia nulla. Io ho fiducia in tutti, questa e’ la base su cui costruire un gruppo vincente. Se e’ l’Inter piu’ forte in cui ho giocato? Lo spero, dobbiamo dimostrarlo. La stagione entra nel vivo”. E Vrba, allenatore del Ludogorets, promette che la sua squadra rendera’ dura la vita ai nerazzurri: ”I giocatori non hanno bisogno di motivazioni e non hanno paura di affrontare l’Inter”.

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Scudetto Inter, pagelle: sorpresa Thuram, Dimarco al top

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Le pagelle dello scudetto nerazzurro – INZAGHI 10: gli avevano dato quasi l’obbligo di vincere lo scudetto e non sbaglia un colpo per centrare l’obiettivo, a volte anche sacrificando qualcosa in Champions.

La sua Inter non solo vince, come tante altre prima della sua, ma gioca pure un bel calcio: due cose che non sempre vanno di pari passo.

– SOMMER 7.5: sostituire Onana non era facile. Lo svizzero tuttavia ci è riuscito dando serenità all’intero reparto, senza quasi mai strafare ma garantendo sicurezze ai compagni.

– AUDERO 6.5: dalla retrocessione con la Sampdoria allo scudetto con l’Inter. Chiamato in causa due volte nelle sfide con Lecce ed Empoli, ne è uscito senza aver subito reti.

– DARMIAN 7.5: il soldatino quando c’è da vincere uno scudetto risponde presente anche in zona offensiva. Come nell’anno del tricolore con Conte, infatti, ha messo lo zampino in occasioni importanti contro Atalanta e Napoli.

– ACERBI 7.5: il caso Juan Jesus ha segnato l’ultima parte di stagione, in una annata in cui ha garantito comunque un rendimento alto segnando pure tre gol, con quello nel derby che vale lo scudetto.

– DE VRIJ 7: a tratti si è rivisto il difensore al top degli anni di Conte, senza far rimpiangere Acerbi (come l’anno scorso) quando è stato chiamato in causa.

– DIMARCO 8.5: ormai è tra i top mondiali del ruolo. Corse, chiusure, ma soprattutto rendimento elevatissimo quando c’è da attaccare tra assist e reti. Con la perla del gol da metà campo contro il Frosinone, così come quello da tre punti a Empoli. – DUMFRIES 7: meno devastante del solito, tanto da perdere (complice anche qualche infortunio) il posto da titolare a favore di Darmian sulla fascia destra.

– PAVARD 7.5: ci ha messo un po’ a entrare nei meccanismi di Inzaghi, quando però ci è riuscito non è più uscito dal campo, con impatto in ogni lato del campo. Non una sorpresa, considerando il livello del giocatore.

– BASTONI 8.5: limitarlo al ruolo di difensore è ormai quasi offensivo. Play “nascosto” nel sistema dell’Inter, si veste sempre più spesso pure da rifinitore anche con assist pesanti.

– CARLOS AUGUSTO 6.5: l’esterno capace di bruciare la fascia visto a Monza non si è ripetuto in nerazzurro, complice soprattutto il minutaggio ridotto. Ma, alla Darmian, ha sempre risposto presente.

– BISSECK 7: arrivato in estate in sordina e tra qualche dubbio, fin dalle prime uscite ha fatto vedere di avere le doti per poter vestire la maglia nerazzurra. Togliendosi pure lo sfizio di un paio di gol pesanti contro Lecce e Bologna.

– MKHITARYAN 8: il simbolo della sua stagione non è la doppietta nel derby di andata o uno dei tanti assist serviti ai compagni, ma la corsa di 60 metri per chiudere in scivolata su Thauvin sull’1-1 a Udine. La carta d’identità dice 35 anni, Inzaghi però se puo’ non se ne priva mai e non è un caso.

– CALHANOGLU 8.5: chiude la sua seconda stagione in doppia cifra in campionato in carriera al secondo anno da regista. Infallibile dal dischetto (e non è semplice come sembra), regala geometrie e distribuisce cioccolatini col suo destro vellutato.

– BARELLA 8: primi mesi sotto ritmo e sottotono (anche per problemi extracampo), poi però torna ad alzare i giri del motore e dimostra di essere uno dei centrocampisti top d’Europa. La fascia di capitano, indossata sempre più spesso e per la prima volta anche in nazionale, lo responsabilizza e lui risponde presente.

– FRATTESI 7.5: probabilmente si aspettava lui per primo un maggiore impiego. Ma i suoi minuti in campo si pesano, non si sommano: in rete nel derby d’andata, poi segna contro Verona e Udinese regalando i tre punti all’Inter sempre nel recupero. Una sentenza nel finale, un senso del gol inzaghiano (ma di Filippo, in questo caso).

– ASLLANI 6.5: Inzaghi si fida di più e il regista albanese ripaga la fiducia con prestazioni sempre solide, trovando tra l’altro il primo gol in nerazzurro nella delicata sfida contro il Genoa.

– SANCHEZ 7: “i campioni sono così”, disse dopo la rete decisiva con la Juventus nella Supercoppa italiana 2021. E in effetti la sua stagione è di chi ha i colpi da campioni: prima metà insufficiente, ultimi mesi da top riuscendo a colmare qualche passaggio a vuoto di Thuram e Lautaro.

– ARNAUTOVIC 6: doveva essere l’attaccante di esperienza capace di far riposare i titolari soprattutto in campionato, considerando che arrivava da due annate positive al Bologna. Invece, complici anche gli infortuni, non è riuscito ad avere alcun impatto.

– THURAM 9: arrivato in punta di piedi, già dopo poche giornate San Siro era ai suoi piedi grazie al gol da urlo nel derby. Se Lukaku è ormai nel dimenticatoio è merito del francese, che tra l’altro segna in faccia all’ex nerazzurro oggi alla Roma sia all’andata che al ritorno. Reti, assist, dribbling e giocate da campione, tutto tra l’altro a parametro zero.

– LAUTARO MARTINEZ 10: la stagione della consacrazione da bomber e anche da trascinatore. Fino a febbraio è in corsa per battere il record di gol di Immobile e Higuain, poi ha una lieve flessione ma poco importa, perché l’argentino alza il suo primo scudetto da capitano dopo una annata in cui dimostra di saper vedere la porta come pochi altri al mondo. Il tutto senza praticamente calciare rigori, forse il suo unico punto debole. In compenso anche quando non segna ci mette la garra di chi sa di dover essere d’esempio per i compagni: così è riuscito a trasformare le lacrime dopo lo scudetto del Milan nel 2021/22 nella festa per la seconda stella. – Di Gennario, Cuadrado, Sensi, Buchanan e Klaassen sv.

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Scudetto Inter: rivincita Inzaghi, ora è nella storia

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“Dove alleno io aumentano i ricavi e si vincono trofei”. Simone Inzaghi lo aveva detto, nel settembre 2022, per togliersi qualche sassolino dalle scarpe e per allontanare etichette poco simpatiche sul suo conto. D’altronde, dopo lo scudetto gettato al vento nel 2021/22 nel testa a testa col Milan, nel mondo Inter erano non pochi a voler salutare il tecnico piacentino. E anche durante il difficile 2022/23, le 12 sconfitte in campionato avevano rimesso in bilico il futuro di Inzaghi sulla panchina nerazzurra. Poi, però, la storia per l’allenatore è cambiata grazie soprattutto all’impresa sfiorata in Champions League nella finale contro il Manchester City.

Scudetto Inter, pagelle: sorpresa Thuram, Dimarco al top

Una sconfitta che ha rilanciato le ambizioni sia dell’ex Lazio sia della squadra, un ko che è stata la benzina per arrivare al trionfo che è valso lo scudetto numero venti e la conseguente seconda stella. Un tricolore che profuma quindi di rivincita, per Inzaghi. Rivincita verso i detrattori, certo, ma anche rivincita personale. D’altronde, in lotta per lo scudetto lui c’era già stato anche prima dell’Inter, con la Lazio nella stagione 2019/20, quella fermata dal Covid e dal lockdown. Al momento dello stop a marzo, dopo 26 giornate, i biancocelesti erano a -1 dalla Juve capolista, salvo crollare alla ripresa a giugno, arrivando poi solo quarti seppur a 5 punti di distacco dai bianconeri scudettati.

Anche in quella occasione il mirino finì su Inzaghi, per molti allenatore più da gara secca che da campionato; il rimprovero era non riuscire a tenere alta l’attenzione del gruppo per una intera stagione. Poi arrivò l’addio alla Lazio, burrascoso tanto quanto il suo esordio in panchina tra i grandi (era scelto all’ultimo per sostituire Bielsa dopo il rifiuto dell’argentino), e lo sbarco all’Inter, con l’ingrato compito di sostituire Conte, fresco di scudetto e di fuga da Milano. L’unica cosa in comune con il predecessore è il modulo, il 3-5-2 a cui né uno né l’altro fanno a meno se non in situazioni di emergenza. Ma è l’interpretazione che è totalmente diversa: fisica e aggressiva quella di Conte, tecnica e più libera quella di Inzaghi. La grande differenza, però, è nella rosa a disposizione. Inzaghi nella sua prima stagione non vede nemmeno Hakimi, ceduto a fine giugno al Psg, e poi oltre a perdere Eriksen dopo i problemi al cuore saluta anche Lukaku, che scappa al Chelsea. Certo, poi trova Dumfries, Calhanoglu e Dzeko, ma non è la stessa cosa: eppure va vicino allo scudetto e fa un figurone in Champions, uscendo dopo una doppia sfida equilibrata col Liverpool.

Nell’estate 22 ritrova Lukaku, pesca Onana e va sul sicuro con Acerbi-Mkhitaryan: in campionato va subito in affanno allontanandosi dal Napoli poi campione, perde 12 volte ma alla fine riesce ad entrare tra le prime quattro, ma il capolavoro è in Champions, dove viene sconfitto solo in finale dal City di Guardiola dopo aver eliminato il Milan nel derby in semifinale. Si arriva così all’estate 2023, caratterizzata dal tira e molla Lukaku, che alla fine non torna a Milano ma si accasa alla Roma. Inzaghi oltre al belga perde anche Onana, Skriniar, Brozovic e Dzeko ma non fa una piega, sostituendoli coi vari Sommer, Pavard, Frattesi, Arnautovic e Thuram. Cambiano i protagonisti, ma non l’interpretazione, che anzi si fa ancora più solida e convincente: l’Inter gioca e vince, mostra il suo lato migliore nel tiki-taka inzaghiano, alternando palleggio fin dal portiere a giocate in verticale che esaltano non solo il rendimento dei giocatori ma soprattutto il pubblico di San Siro, che si spella le mani per applaudire i nerazzurri.

La marcia verso il ventesimo scudetto è così trionfale, passando anche dallo storico derby che vale la matematica certezza. Inzaghi entra nella storia cucendo sul petto dell’Inter la seconda stella, il suo sesto trofeo a Milano che gli fa superare un certo José Mourinho tra gli allenatori interisti più vincenti, portandosi a -1 da Mancini ed Herrera. E anche restituendo un “torto” fatto al mondo Inter da calciatore, visto che era in campo il 5 maggio 2002 con la maglia Lazio, quando i nerazzurri crollarono (anche per un gol dello stesso piacentino nel 4-2 finale) ad un passo dal traguardo scudetto. Oltre 20 anni dopo, Inzaghi ora entra definitivamente nella storia dell’Inter. Stavolta dalla parte giusta.

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Il Bologna batte anche la Roma, 3-1 e Champions vicina

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Bologna sogna da grande. La squadra di Thiago Motta gioca da big e ferma anche la Roma, vince 3-1 all’Olimpico e compie un passo decisivo verso una storica qualificazione in Champions League. I giallorossi, invece, falliscono “l’operazione avvinamento” e dovranno lottare ancora per conquistare un biglietto per l’Europa che conta. Va dunque a Thiago Motta il confronto con l’amico-rivale Daniele De Rossi: due tecnici che hanno giocato a viso aperto regalando al pubblico una partita sempre aperta. Il club felsineo consolida il quarto posto in classifica: sale a +7 proprio sui giallorossi e, con 62 punti, è addirittura a -2 dal terzo posto della Juventus. La Roma, invece, deve ora guardarsi le spalle da un’arrembante Atalanta che ieri ha vinto a Monza e si è portato a -1 e dall’ultimo posto utile per la Champions.

Le due squadre scendono in campo contratte e nervose. Ma entrambe sono pronte a rischiare. Sono i padroni di casa a iniziare nel modo migliore. I giallorossi si spingono in avanti affidandosi a Dybala ed El Shaarawy, lanciati dai centrocampisti. Sono proprio i due attaccanti a procurarsi la prima occasione: al 9′ l’argentino recupera un pallone e serve a centro area proprio per il “faraone” che però spara altissimo. Errore che i felsinei non perdonano. Al 14′ Saelemaekers serve sulla sinistra Calafiori, ex di turno, che crossa al centro. El Azzouzi in mezza rovesciata anticipa Pellegrini e segna l’1-0. Il difensore ospite festeggia sotto la curva giallorossa e quasi si scatena la rissa. I padroni di casa si innervosiscono e la partita si fa più dura con l’arbitro chiamato ad intervenire con quattro gialli in pochi minuti per mantenere l’ordine in campo.

La Roma prova a pareggiare ma gli emiliani dominano. Al 45′ arriva il gol di Zirkzee del 2 a 0. I capitolini sembrano stanchi fisicamente, forse a causa degli impegni in Europa League con il Milan. E proprio il pubblico torna sulla polemica per il recupero della partita con l’Udinese e il possibile posticipo di quella con il Napoli. “Con Casini e Lotito tra qualche anno giochiamo con calzini e infradito”, recita uno striscione della Sud. Per il recupero “non c’era nessun margine di discrezionalità da parte mia”, sottolinea il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini. Negli spogliatoi De Rossi carica i suoi. La Roma entra in campo con maggiore determinazione e sfiora più volte il gol. Il portiere rossoblù Skorupski si oppone a El Shaarawy in un tiro da fuori; poi è Posh ad immolarsi respingendo con il volto un altro tentativo dell’attaccante azzurro. La rete arriva al 11′ della ripresa con Azmoun, entrato al posto di Abraham: l’attaccante riesce a superare Skorupski che nella stessa azione gli aveva negato il gol con due interventi e accorcia sul 2-1. Il Bologna soffre.

Azmoun impensierisce ancora l’estremo difensore bolognese. Ma la squadra di Thiago Motta rialza il baricentro e con un contropiede da manuale lancia Saelemaekers da solo contro Svilar: cucchiaio del giocatore belga che sigla il 3-1 al 20′. La Roma non molla, insiste alla ricerca di un gol che possa riaprire la partita. Ma si espone anche al gioco di rimessa degli ospiti. I giallorossi sfiorano il gol con Pellegrini sul finale ma non passano. Nel finale girandola di cambi ma il risultato resta bloccato sul 3-1. E’ festa per i tifosi bolognesi giunti all’Olimpico che celebrano i loro beniamini sotto la curva ospiti. La parola “Champions” che fino a ieri nel capoluogo emiliano era un tabu per chiunque, da oggi inizia ad essere una realtà.

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