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Boris Johnson e la libertà britannica di auto-distruggersi

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Il primo ministro britannico Boris Johnson ha annunciato che potrebbe adottare “misure più rapide” per fronteggiare la diffusione del Covid-19. E suggerisce anche lo sviluppo di un nuovo test “rivoluzionario” che potrebbe verificare chi ha avuto già il virus senza accorgersene. In tali casi, queste persone potrebbero ritornare a lavorare. Tuttavia Boris Johnson non sembra convinto che forzare il blocco di tutte le attività di Londra sia la via giusta. Mercoledì 18 marzo il primo ministro ha affermato che anche se i britannici “vivono in una terra di libertà”, “non si può escludere nulla”. Due giorni prima, lunedì 16 marzo, Johnson aveva gia dichiarato che Londra era “poche settimane avanti” rispetto al resto del Paese per quanto riguarda diffusione del virus. Purtroppo ci sono prove che, molti londinesi soprattutto, non riescano a rispettare il ”consiglio” di starsi a distanza e di isolarsi visto che i treni e pub sono ancora affollati.

Johnson ha rifiutato di definire queste persone “immorali” per non aver seguito i ”consigli” del governo. “Naturalmente le persone devono prendere le proprie decisioni, io sono uno che crede, come ho già detto, nella libertà’’. È arrivato quindi il momento in cui Transport for London (TfL) ha annunciato un servizio notevolmente ridotto dei treni. Da lunedì 23 Marzo TfL ridurrà gradualmente la frequenza dei servizi, garantendo al contempo ai lavoratori più importanti o necessari di continuare a spostarsi nella città. Anche i servizi di autobus saranno ridotti ad un servizio simile a quello del sabato anche se gli autobus notturni continueranno a funzionare soprattutto per i lavoratori degli ospedali.

La capitale è stata etichettata come “città dove ci sono piu infezioni” e l’Esercito ora sta preparando lo spiegamento di 20.000 uomini per cercare di affrontare la situazione.

Le scuole finalmente chiudono tranne quelle che dovranno prendersi cura dei figli dei ‘keyworkers’ (dottori, infermieri ecc.) e dei bambini con vari problemi personali. Quella libertà, la stessa che abbiamo tutti sempre amato qui Regno Unito sta diventando ora il nostro problema più grande. In questo momento così difficile essa favorisce la nostra auto-distruzione. Nella conferenza stampa del 19 marzo ho visto un Boris Johnson non convincente. Uno che non sa più cosa inventarsi per non dimostrare la sua falsa preparazione su quello che sta accadendo. Ho visto un Bo Jo perso, che forse avrebbe voluto sparire. Cosa ci racconterà ogni tardo pomeriggio alle 17 di ogni sera? Il suo Governo è ormai rinchiuso in quella utopia di vita dove ci si sente migliori di tutti gli altri Governi del pianeta legiferando in un Inghilterra ormai sola. Almeno ci si sente cosi.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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